“Ben venga Maggio e il gonfalone amico, ben venga primavera, il nuovo amore getti via l'antico nell' ombra della sera...” E’ “La canzone dei dodici mesi” che il poeta Guccini cantava in una lontana stagione di belle speranze (chissà quanto tradite): era il 1972, e i giovani nutrivano pensieri e canzoni, e poi ammiravano le “vaghe stelle dell’Orsa”. Troppi anni ci separano da quelle stagioni nelle quali si aveva l’ambizione di costruire la storia giorno per giorno. Tutto sembra ora affievolito da una consuetudine che non lascia molto spazio alla costruzione del Nuovo. Sembra pure che possa accadere qualcosa in una società apparentemente in movimento, eppure tutto si consuma nel più breve lasso di tempo. Ci si guarda intorno in questi borghi che sembrano avviluppati in spirali dinamiche, eppure sono immobili: il tempo passa su di essi lasciando un segno spesso deleterio. La linfa vitale, quella dei g...