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TRACCE di Rocco Brancati: NICOLA CHIAROMONTE


Rapolla, 12 luglio 1905 – Roma, 18 gennaio 1972) "Nicola Chiaromonte...attende ancora una rivalutazione complessiva che restituisca, senza intenti agiografici, la complessità di una figura nient'affatto minore nel panorama della cultura italiana novecentesca..." Lo sottolinea Cesare Panizza dell'Università di Torino nella sua biografia dedicata ad un uomo che definisce "intellettuale scomodo del nostro Novecento, un pensatore antitotalitario impegnato in una strenua lotta contro ogni forma di negazione della libertà individuale".

Nacque a Rapolla il 12 luglio del 1905 da Rocco, medico e da Anna Catarinella, appartenente ad una famiglia cattolica osservante. A Roma venne inviato per gli studi liceali nel collegio Massimo. "Eravamo stati compagni di scuola al Collegio Massimo, il famoso collegio gesuita in cui i figli della borghesia romana siedono negli stessi banchi, ma senza confondersi, con i rampolli dell'aristocrazia "nera"...avevamo anche pubblicato un giornaletto scolastico ciclostilato, iniziativa severamente proibita dai reverendi Padri... 


Nel frattempo io avevo inoltre smesso di credere in Dio e in particolare nella necessità di sottomettermi alla tortura della confessione settimanale..."(Nicola Chiaromonte in "Alfonso Berardinelli, Autoritratto italiano un dossier letterario, 1945-1998, Donzelli, Roma 1998). Lasciò i gesuiti per completare il liceo in quello statale "Torquato Tasso". Sempre a Roma si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dove si laureò nel 1927. Insofferente ad ogni forma di totalitarismo, cioè a quel sistema politico in cui tutto il potere è nelle mani di un solo uomo o partito e in cui i diritti dell'uomo non sono garantiti, si oppose al fascismo che definì "il morbo più grave...tirannia della vita sociale", frequentando alcuni gruppi di dissidenti. Per evitare un mandato di cattura già firmato contro di lui nel 1934 fuggì in Francia dove aderì al Movimento politico antifascista clandestino di "Giustizia e Libertà" partecipando, insieme ad Andrea Caffi intellettuale poliedrico e ribelle, ad alcuni incontri all'Hôtel du Nord de Champagne, a Montmartre a Parigi. Maturò da quell'esperienza, negli ambienti dell'antifascismo fuoriuscito, una posizione critica convinto che bisognasse abbandonare quella sorta di associazionismo anti-mussoliniano e portare avanti sul piano politico una battaglia a livello europeo, contribuendo al rinnovamento della tradizione socialista e libertaria. Arrivò (insieme a Alberto Pincherle-Moravia) ad ipotizzare un attentato a Mussolini. In una lettera il padre Rocco lo invitò ad una vita "di previdente e prudente economia". 


Scrisse: "Sarò forse pessimista...ma io penso che colà occorrerebbe una prudenza senza limiti, perché si è in un periodo in cui la normalità, sia anche minima, sia ancora molto lontana: per cui le garanzie che tu ci hai sempre prospettate diventano molto relative ed aleatorie; animi immagino sempre più tesi, e quindi predominio dell'arbitrio e della forza". (Ilaria Poerio-Vania Sapere, Vento del sud: gli antifascisti meridionali nella guerra di Spagna" Coerente con le sue convinzioni decise di partecipare, nel 1936, alla guerra civile spagnola con André Malraux che appassionato di aviazione e sfruttando l'appoggio di Pierre Cot e Jean Moulin, recuperò alcuni aerei francesi e formò la Escuadrilla España, guidandola in zona di guerra con le forze repubblicane. Chiaromonte fece parte, come mitragliere, della squadriglia. 


Nascerà in quegli anni quella sua posizione sul "mestiere dell'intellettuale", tema dominante del suo pensiero nel dopoguerra. In linea con le sue convinzioni sulla irrazionalità della storia Chiaromonte scisse politica e cultura e assunse con determinatezza una "vocazione individualistica" rispetto ai suoi amici. Tornato a Parigi con l'occupazione tedesca fu costretto a fuggire prima a Tolosa (dove morì la moglie, Annie Pohl) e poi ad Algeri dove instaurò un rapporto di amicizia con Albert Camus. Nel 1941 e fino al 1948 emigrò negli Stati Uniti, dove conobbe Gaetano Salvemini e scrisse per il settimanale italiano di New York "L'Italia libera" o per quelli in lingua inglese "The New Republic", "Atlantic Monthly", "Partisan Review". Sopratutto collaborò con Dwight Macdonald alla rivista "Politics". Negli States sposò la seconda moglie, Miriam Rosenthal che, alla sua morte, curerà la pubblicazione dei suoi saggi critici. 


Nel 1949 fu chiamato a collaborare all'UNESCO a Parigi dove rimase fino al 1953 quando tornò definitivamente a Roma. Si intensificò la sua collaborazione con vari giornali: dal "Mondo" di Pannunzio a "Nuovi argomenti". Insieme a Ignazio Silone nel 1956 fondò e diresse la rivista "Tempo presente" sulla quale scrisse molti articoli. Tra i temi ricorrenti l'anticomunismo e quello che definì "l'automatismo catastrofico della Storia". Saggista e critico teatrale (lo citò anche Gerardo Guerrieri in "Sipario") ma anche filosofo e a suo modo "politologo" (partecipò ad alcune trasmissioni televisive condotte da Jader Jacobelli alla fine degli anni Cinquanta). La rivista "Tempo presente" prese posizione contro il maccartismo ma venne accusata di essere finanziata dalla CIA (La guerra fredda culturale - La Cia e il mondo delle lettere e delle arti, di Frances Stonor Saunders). 


Corrado Augias raccontò dell'amarezza di Chiaromonte per questa vicenda, così come anni prima di Silone si disse che fosse un agente dell'OVRA, la polizia politica fascista. Clotilde Marghieri (in Amati enigmi, Vallecchi, Firenze 1974) lo definì "il Sasso di Matera" alludendo alle sue origini lucane ma anche al suo carattere: "era scontroso, riservato, fierissimo. Poteva essere duro e conciso fino a tagliar corto in una conversazione". Morì a Roma il 18 gennaio del 1972, stroncato da un infarto mentre in ascensore stava raggiungendo lo studio radiofonico, nella sede RAI di viale Mazzini.

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