Rionero in Vulture. Il senso dei Lucani per la neve rimane una
costante, in ogni tempo, per ogni generazione, ad ogni latitudine.
Quel “senso” è mutuato dal titolo di un film danese di alcuni anni fa,
un thriller di Bille August del ’97, Il senso di Smilla per la neve . La
stessa che si prova quando, misticamente, ci si avvicina ai Laghi di
Monticchio, in Basilicata, in questo grande freddo.
Rimane un po’ proibitiva la strada per arrivarci, ma appena l’occhio
si posa fra l’abbazia di San Michele e il Lago Piccolo, lo spettacolo
è ineguagliabile. I due laghi di Monticchio appaiono glaciali. E’
spettacolo quasi siberiano, in un verso di Vladimir Majakovskij: “ Mai
potrai smettere di amare la terra con cui hai condiviso il freddo ”.
Eppure, non sembra di essere nello stesso luogo che in primavera e
specie in autunno emana colori che esplodono in armonie
strabilianti. L’odore di questi giorni d’inverno ci avvolge in un afflato
artico. E il colore grigiastro del lago vulcanico riconduce ad
immagini inconsuete, in riflesso di un cielo plumbeo. Non sarà quel
lago ghiacciato dove si consuma la tragedia infantile nel Decalogo
1 del cineasta polacco Kieslowski. Sono invece i laghi vulcanici, che
mille volte e ad ogni stagione abbiamo ammirato, e che la neve
indugia a confermare in uno stato di candore e di bellezza. E su
tutto, l’antica abbazia di San Michele che si rispecchia nel Lago
Piccolo, nella sua invernale solitudine.
Se riuscissimo ad impadronirci di un “alfabeto temporale”
sapremmo meglio guardare al passato e prevedere forse il futuro. In
quelle lontane nevicate, non solo quella storica del 1956, la
sopravvivenza era una grazia del Cielo: pane e pasta fatte in casa,
pettole e “zilibretta” ossia neve sciolta con vino cotto, il sorbetto dei
poveri.
“ Ma voi non conoscete i rigori dell’inverno? Questo lucano, oggi, è
solo un breve assaggio di quello ben più lungo che si vive in
Ucraina...” Lo sussurra con nostalgia Ludmilla, da diversi anni in
queste comunità per aiutare anziani, con un nome e le sembianze
di una canzone di Paolo Conte. Nel profondo Est il “generale
inverno” si sente, eccome, dura molto a lungo.
In Lucania si recita una antica nenia: “Sotto la neve c’è il pane”;
mentre nel silenzio bianco, noi (con Sting) “ cercheremo di non
disturbare la neve con le nostre impronte ”. Ma tutto dura lo spazio di
pochi giorni. E con il disagio del non lavoro, non scuola, non altro.
La neve intorno ai Laghi si scioglie, non dura molto: ai piedi del
Vulture sulla collina di Ciaulina - tanto cara a Beniamino Placido -
quella è sempre l’ultima a sparire.
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