Monticchio. I fiocchi di neve danzano: ora impetuosi sospinti dal vento, ora leggeri volteggiano per posarsi
sui cumuli, oppure inghiottiti dal fango. Sembra quasi che seguano il ritmo di allegre sonatine -nella fredda
luce del crepuscolo - mentre un cielo plumbeo incombe minaccioso sopra gli alberi appesantiti di bianco. E’
l’inverno che fa sentire il suo passo, pesante come sono i passi nella neve quantunque si disponga cedevole
e morbida. Cercheremo allora di “ non disturbare la neve con le nostre impronte ”, suggeriva Sting in una sua
sensazione cantata. Ma il luogo di alberi imbiancati e di boschi tutt’intorno appaiono sospesi, mentre
accettano la dolce violenza della neve. E mentre i laghi fanno da sfondo incantato che taglia un orizzonte
avvinto di candore, prima che cada la notte. Un’altra notte fredda, buona per i lupi e altri randagi che
aspettano impazienti che anche questa neve si sciolga. Ispira nuovi incanti questo paesaggio che odora di
ghiaccio, che arriva fino all’acme delle narici. Forse anche qui Borges avrebbe scritto: “ Qualunque destino,
per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento: quello in cui l’uomo sa per sempre chi
è ”. Lo avrebbe scritto, si può giurare, in uno scenario così ammaliante: su questo lago dorato, fra neve
peritura che tuttavia minaccia di essere permanente. I lupi non si accostano, c’è un fuoco che brilla più in là,
si sono educati nel frattempo, da quando assalivano cascine ed ovili senza alcuna pietà. L’antica abbazia,
come una madre accogliente, custodisce nel suo ventre racconti di gente stantia e transumante.
E’ quasi un’arca, è nido di animali rari e in simbiosi. Ma esiste davvero questo luogo oppure no? O è solo il
prodigio della natura mistica che lo pospone nel mito? che lascia che nostalgia e crepuscolo si avvinghino di
umori lontani, buoni come il latte appena munto e il pane sfornato. Uscire dalla bambagia di neve si può, si
deve, perché la notte incombe e il cielo non è più nemmeno plumbeo. Minaccia una notte a meno sette. E
solo Emily (Dickinson) ci riporta sulla strada maestra, verso case riscaldate: “ Bianca come una pipa indiana /
rossa come una libella cardinalis / favolosa come una luna a mezzogiorno / quest’ora di febbraio ”.
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