“L’arte dello scrivere è l’arte dello
scoprire ciò in cui credi”. Lo scriveva Gustave Flaubert due
secoli fa, e alquanto si addice alla maniera (tormentata e
gioiosa) di scrivere di Cristina di Lagopesole, poetessa
sacra ed innografa lucana, che ha appena dato alle stampe
la sua ultima fatica letteraria dal titolo “Cristìnia”. Un’opera
poetica dall’elegante veste grafica (come del resto lo sono
anche le precedenti pubblicazioni), edita dalle Edizioni
dell’Eremo – La Grafica Di Lucchio, Rionero in Vulture – 120
pagine ben illustrate e corredate di immagini sacre, che
guidano il lettore nella storia e nella preghiera di Santi,
Beati, Venerabili che portano il nome Cristina, declinato
anche in altre lingue ed epoche storiche.
Incontriamo la poetessa – originaria di Rionero in Vulture –
in procinto di recarsi nell’Eremo carmelitano da lei
edificato, fra il castello federiciano di Lagopesole e il
santuario del Carmine di Avigliano. È un testo molto
importante su Santi e Sante che nei secoli portano il nome
di Cristina, dalla Persia alla Georgia, oltre che in Italia. Una
appassionante ricerca confessionale oltre che storica.
Come nasce questa nuova fatica letteraria?
- Già nel 2005, quando pubblicai "Flos Sanctorum.
Peregrinatio per annum, Piero Lacaita Editore", nell' inno
dedicato a San Basilio Magno (330- 379), vescovo e dottore
della Chiesa, scrissi: "Piccola Cristìnia è questa ove tu
giungi". Perché? Il complesso costruito da Basilio presso
Cesarea - comprendente una Chiesa, un eremo, un
giardino recintato e un orto - fu da lui chiamato " Basilia".
Oggi, alla luce di molte riflessioni, coincidenze, illuminata
dallo Spirito, ho ritenuto ch' era giunto il tempo di fondare.
Ed ecco la piccola " Cittadella santa" denominata
CRISTÌNIA. Chi vi giunge, varcato il cancello, s'inoltra in un
percorso ove ogni pianta di "rosa virgo" - diciotto - è un
santo o una Santa che porta il nome derivante da Cristo e
cioè: Cristina, Cristhine, Cristiana, Krystyn, Cristino,
Cristiolo, Cristian. Per ognuno: inno, immagine, vita, in
modo tale che l'ospite, l'amico, il visitatore, il pellegrino, si
renda partecipe della Bellezza, della santità. Proseguendo,
incontra l'angelo con la Rosa, l'Eremo operoso, il silenzio
raccolto, il bel Santuario con Gesù eucaristia, l'angelo col
Libro ed infine Maria, ròdon to amàranton, rosa che non
appassisce, rosa eterna. E qui l'inno si fa mistica luce,
infinito. Inoltre, mi sono più volte interrogata sul mistero
della personale chiamata di Dio a costruire, in Lagopesole,
una Chiesa giacché, come leggiamo in "Giustino Fortunato
in Santa Maria di Vitalba (Trani, 1898, cap. IV, pagg. 34-35):
"Ecclesiam Sancte Christine in lacu pensili, A. D. 1175.
Dunque, lo storico meridionalista Fortunato aveva scoperto
una Chiesa dedicata a Santa Cristina proprio in Lacu Pensili ,
il nome latino di Lagopesole: importante rivelazione certo.
Ma oggi, secondo lei, si avverte un maggiore bisogno di
fede, in questo tempo incerto e pericoloso?
- Certamente. Siamo fragili creature. La recente pandemia
ha evidenziato tale fragilità che solo la fede può medicare.
Come mai, secondo lei, non si verificano più come in
passato fenomeni di santità? Oppure si è modificato
radicalmente quel concetto?
- La santità è una, non si modifica nel tempo - Siate santi
perché io sono santo - dice il Signore. Tanti sono i Santi
negli ultimi decenni.
Cosa è cambiato di sostanzioso nella società secolarizzata?
- È mutato l'atteggiamento dell'uomo nei confronti della
vita. Allettato da falsi bisogni, ciondoli luccicanti,
chiacchiere assordanti blateranti, molteplicità caotiche
aberranti, froufrou, non-sens, tra le piaghe purulenti
dell'indifferenza, l’uomo ha perso lo stupefacente profumo
dell'amore, il ricamo preziosissimo dell'oblazione, l'oro del
silenzio.
Figure di santi e testimoni del nostro tempo possono essere
considerati anche quei sacerdoti e laici che combattono
quotidianamente la lotta alle povertà, contro lo
sfruttamento, per una maggiore dignità umana, e
aggiungerei anche chi lotta contro il dolore altrui in questo
terribile momento?
- Certamente. Siamo grati a coloro che offrono la loro vita
per medicare le ferite del non-tempo che oggi viviamo.
Un dialogo lieto e libero, quello con la innografa Cristina di
Lagopesole, fra lo storico e il sacro. Aggiungiamo, in
conclusione, che il poeta irlandese Seamus Heaney
sosteneva che il discorso poetico possiede una doppia
facoltà mentale. La nostra mente, nell’avventurarsi dentro
la forma dell’anima altrui che chiamiamo poesia, ha
bisogno di oggetti sui quale poggiare, mancorrenti che la
sostengano mentre cammina nei territori nebulosi di una
vita che forse non le appartiene e che è diventata forma e
stile.
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