Novecento, non del tutto alle spalle. Il libro di Torno evidenzia
complessità e, tuttavia, analogie di un Occidente, visto da Est: “con il suo
volto occidentale e l’anima orientale”. Nei
ventitré capitoli, il saggista - che esordisce con una propria toccante
“Prefatio dolorosa” – riavvolge il proprio nastro su ricordi ed appunti,
associando nella memoria quelle percezioni (“...conoscevo la lingua
come un sordomuto, non azzeccavo un accento, né aprivo le vocali come
si dovrebbe fare per evidenziare la differenza tra San Pietroburgo e
Mosca...”) che sono in grado di condurre il lettore in una dimensione
inclusiva, almeno per chi non conosce benissimo quella realtà. Sono
diversi i volti che accompagnano il lettore in questo itinerario dell’anima.
“Qualcuno ama le donne russe che sono le più belle al mondo, e da esse
è attratto”, scrive Torno. Mosca e San Pietroburgo, Odessa, Tula e fino
agli Urali più remoti, destinazioni per appunti di un itinerario semplice
quanto straordinario. Il racconto
univoco si compone di episodi, capaci di fornirci impressioni ed
emozioni: dalla Jasnaia Poliana (ossia prato verde o radura serena, a 400
km da Mosca) dove è seppellito Tolstoj e dove Torno viene accolto dal
nipote Vladimir; lì lo scrittore visse per cinquant’anni e diede alla luce
“Guerra e pace” e “Anna Karenina”, capolavori della letteratura di ogni
tempo. E il modesto comò nella casa moscovita di Anton Cechov, già:
“Come si fa a vivere senza Cechov” (è una battuta del film “Verso sera”
dell’Archibugi); lì il dottore riceveva i malati, oggi è un museo.
Anche i rapporti tra la Russia e la Francia sono ben evocati: la presenza
in Russia di Simenon che “vide in faccia Lenin”; gli adorati autori come
Balzac e Voltaire da sempre nelle biblioteche più importanti. Ma anche
Petrarca, De Amicis e il sommo Dante occupano posti di primo piano
nelle stanze russe. E Stalin (“Piccolo padre”) che andava spesso al
Bolscioi, percorrendo un corridoio sotterraneo segreto. (E’ il capitolo che
dà il titolo al libro di Torno). Gli artisti ricambiavano la cortesia e si
recavano al Cremlino. Tra essi anche una artista ebbe un rapporto
privilegiato con il dittatore: Olga Lepeshinskaya, prima ballerina a Mosca
dal 1933 al 1963. Stalin le portava delle rose in camerino, poi cenava con
lei e le chiedeva di danzare. Del capitolo
Pasternak e Togliatti apprendiamo dei veti incrociati per la pubblicazione
in Italia (per Feltrinelli) del “Dottor Zivago” capolavoro dello scrittore
russo: nella sua casa di Mosca, Torno aveva incontrato il figlio dello
scrittore che dedicò la sua vita alla pubblicazione di tutte le opere del
contestato scrittore. E in Italia, nonostante gli imbarazzi dei Togliatti, dei
Longo ai vertici del Pci, della invettiva della Rossanda verso Feltrinelli, il
libro venne alla luce, anche grazie all’intervento dello slavista Vittorio
Strada - scomparso nel 2018 – che fece arrivare il testo originale
all’editore, come fece pure per i testi proibiti dal regime di Aleksandr
Isaevič Solženicyn. Forse
l’anima russa che respira nelle pagine di Armando Torno sta tutta nelle
semplici quanto autentiche descrizioni della quotidianità: le spie in
cantina e i cervelli da clonare, il falso della scarpa battuta sugli scranni
dell’Onu dal presidente N ikita Chruščëv - era il 1960 - parola della nipote
Julia; di Dostoevskij che dormiva nel baule e altre storie ancora. Volti e
voci di un Paese in continua ricerca di identità, spesso smarrita fra le
contraddizioni della storia.
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