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Schermi Riflessi di Armando Lostaglio. La casa è vuota: Il maestro koreano Kim Ki-duk ci lascia: ennesima vittima in questo anno terribile


Apprendiamo da una agenzia che il regista sudcoreano Kim Ki-duk è morto in Lettonia , in seguito a complicazioni legate al Covid-19. Aveva 59 anni. Lo annuncia il sito lettone Delfi.lt. Kim Ki-duk era arrivato in Lettonia il 20 novembre nei pressi della località marittima di Jurmala. Da alcuni giorni il suo entourage aveva del tutto perso i contatti. Lo avevamo conosciuto più volte alla Mostra del Cinema di Venezia, dove aveva vinto il Leone d’oro per “La Pietà” (2012) ed osannato quale immenso cineasta, sempre vestito con il suo tradizionale kimono. A Cannes si era imposto con “Ferro 3 – la casa vuota” (2005), mentre al Festival di Berlino vinse nel 2004 con “ La samaritana ”. Molti dei suoi capolavori sono stati inseriti nelle Mostre CinEtica del CineClub V. De Sica – Cinit di Rionero in Vulture. Kim all’età di nove anni si trasferisce a Seoul e frequenta una scuola professionale per poter lavorare nel settore agricolo. Problemi occorsi in famiglia lo costringono ad abbandonare gli studi e ad arruolarsi, quindi, nell’esercito. L’esperienza militare influenzerà moltissimo il suo modo di intendere i rapporti interpersonali, come anche le sue opere cinematografiche. La passione per l’arte, coltivata da sempre, ad un certo punto prende il sopravvento e lo spinge ad abbandonare la patria in direzione dell’Europa. Sarà Parigi ad accoglierlo col suo fascino bohémien. Qui vive di arte, dei suoi dipinti e comincia anche a scrivere sceneggiature per il cinema. Nel 1992 torna in Corea dove vince il premio della Korea Film Commission per la migliore sceneggiatura di Jaywalking 
 
“ L'odio di cui parlo non è rivolto specificatamente contro nessuno, è quella sensazione che provo quando vivo la mia vita e vedo cose che non riesco a capire. Per questo faccio film: tentare di comprendere l'incomprensibile.” E’ questa la sua idea di Cinema 
 
Riproponiamo due nostri articoli scritti durante la Mostra di Venezia (del 2016 e del 2014), dove lo avevamo incontrato e brevemente intervistato. 
 

Lido di Venezia. (12.9.2016) La forza della coerenza in Kim Ki Duk.

E' di grande impatto emotivo il nuovo film di Kim Ki Duk, presentato fuori concorso in questa 73 Mostra. THE NET (la rete) è un film politico, forse più dei suoi precedenti, sebbene fossero dettati da ​ un intimismo particolareggiato e talvolta violento. Punto di forza di questo straordinario film (in concorso avrebbe vinto?) sono le due Coree, quella del nord e quella del sud, in atavico scontro, i regimi che non si parlano e le classi più povere, ne scontano le conseguenze: è lo scontro atavico fra i due regimi che governano la sua Corea, Il suo protagonista è Chul-woo , un pescatore del Nord che vive in prossimità del confine e che, a causa della rete incastrata nel motore della sua barca, finisce nelle acque territoriali del Sud. Fermato dalle forze dell'ordine, l'uomo viene interrogato ossessivamente prima di tutto per cercare di scoprire se si tratti di una spia del nemico ed in secondo luogo per spingerlo a disertare. L'uomo resiste, addirittura si copre gli occhi e si sforza di non guardare l'opulenza del Sud per evitare la tentazione del capitalismo, con il solo pensiero di tornare a casa dalla moglie e dalla figlioletta e alla sua vita da pescatore, Alla fine però il contatto avviene, non facendo altro che suscitare stupore al cospetto dell'infelicità che scorge in un paese apparentemente ricco . Pagherà la sua coerenza ideologica verso un potere che non la merita affatto. E' dunque la dignità e la coerenza la lezione che si impone in questa magistrale opera di Kim Ki Duk, immenso ancora una volta a maneggiare anime e situazioni. 

(A.L.) 

 

Kim Ki-Duk a Venezia 71 Lido di Venezia. (14.9.2014)

E' figura mite Kim Ki-Duk, lo incontri per strada e lui ti sorride, si commuove quasi per tanta generosità nei nostri sorrisi. E' adorabile in quel suo costume arcaico, come la sua fede verso un cinema che sa di espiazione e di violenza al tempo tesso, come lo specchio riflesso di questo mondo (e il suo, la Corea) che tanto ama, ma che tanto lo ignora. "Se non fosse per i vostri grandi Festival - dice - io non sarei nulla, in patria meno che mai, le mie opere le vedono in pochi, le giudicano, ma siete voi, nel mondo che recepite in esse l'arte, la mia volontà di raccontare secondo un mio credo, la mia esperienza e la mia storia". E' uomo mite e gentile Kim, che si mette in coda per vedersi un film come tutti gli altri (e non lo fanno neppure entrare perché la sala era già colma) e lui con calma orientale se ne ritorna; non va in giro a vantare il suo Leone d'oro preso solo due anni fa qui al Lido per il capolavoro Pietà , non vanta di essere fra i più acclamati maestri moderni, da Cannes a Berlino a Venezia. No, rimane sereno nella sua docile “orientale” umanità. Nel 2000 ci colpì per quella ossessione nel film L'isola , e sempre qui a Venezia due anni fa in quel rapporto all'ombra di incesto che è Pietà (Leone d'oro). Lo scorso anno in MOEBIUS una madre che per vendicarsi dell'infedeltà del marito evira il figlio. E in questi giorni è ritornato con One on One che non senza perentoria violenza lancia il suo j'accuse contro la corruzione nella Korea contemporanea. Rimarrà il suo capolavoro assoluto: Ferro 3 – la casa vuota presentato con clamore dieci anni or sono a Venezia, premiato dalla Giuria; mentre l’anno prima presentò Primavera, estate, autunno, inverno...e ancora primavera, gioielli intimisti che presentammo in retrospettiva CinEtica del CineClub De Sica in Basilicata. E' semplice Kim, fa della violenza in pellicola la sua cifra per denunciare il nostro profondo disagio, individuale e collettivo... per espiare e spiarci; lui così mite nei gesti e nel quotidiano: RaiTre Enrico ​ Ghezzi ha mandato in onda (Fuori orario) un lungo documentario di come Kim vive ed affronta la quotidianità, in ambiente quasi da eremita. Kim è semplicemente immenso. (A.L.)

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