Nella primavera del 2006 dopo un certosino lavoro di raccolta fondi
(23 tra istituzioni pubbliche, 11 Comuni lucani, Regioni, Proloco,
Comunità montane, Associazioni culturali, il CineClub De Sica-Cinit
di Rionero, la famiglia Doino; qui e nel Limburg in Belgio, aziende, la
Fiat Sata di Melfi...) il film si concretizza: siamo a Bella nella sala
consiliare del Comune e stiamo provinando bambini in quantità per
formare la classe di quinta elementare che vedremo spesso nel film
nella parte lucana, sotto l'abile e amorosa cura del maestro,
interpretato magistralmente da Ulderico Pesce. Abbiamo soprattutto
da trovare piccoli interpreti per quattro ruoli sfaccettati, Armando,
Egidio, Vito e Mario. Armando ed Egidio ci saranno in tutto il film, in
Lucania e nel Limburg. Quello che mi fa tremare i polsi è trovare
l'interprete di Armando, il figlio più giovane di Michele Acucella
(Franco Nero) e di Vitina (Valeria Vaiano), che lo dovrà raggiungere
in Belgio, a ricongiungersi con i fratelli maggiori. Vediamo aggirarsi
intorno curioso e guardingo un ragazzino, alto magro con la faccia
spiritata che segue i brevi provini degli altri, ma sembra
memorizzare tutto quel che vede e sente da noi. Io so che sulla
scelta di Armando si giocherà tutto il film, perché è una parte
complessa, bambino orgoglioso, profondamente lucano, l'unico a
parlare per tutto il film in dialetto, consapevole delle sue origini
("ma quale meridionali, siamo lucani"); mi è già capitato altre volte
di scrivere personaggi infantili molto variegati (penso a Giovanni di
“Prima la Musica, Poi le parole” che poi trovai in Russia, Andrej
"Kolya" Chalimon, o a Micol di “Quattro Figli Unici” (Valentina
Holtkamp), se non trovi l'interprete giusto sei spacciato, il film non
funziona.
Ed ecco Walter Golia, il bambino magro con la faccia da
furetto, con questo nome un po' da gigante un po' da caramella,
che si avvicina alla sceneggiatura, l'afferra con gesto volitivo e
comincia a leggere, con una tale spontaneità che subito il
personaggio prende corpo e non lo lascerà più, né il personaggio,
né il copione. Il film ha tutte le difficoltà di un progetto
ambiziosissimo, fare un kolossal in costume (siamo nel 1961) con
un budget risicatissimo, tutto basato sul volontariato di 450
persone, qui e in Belgio, di cui stiamo amorevolmente raccontando
l'epopea, la storia della migrazione tra l'Italia e il Belgio. E Walter
che ne è il protagonista pressoché assoluto, perché è attraverso il
suo sguardo, la sua curiosità sia di bambino consapevole che di
attore in erba, che impariamo a conoscere questa storia dolorosa
che appartiene a tutti gli italiani, si aggira per i set, le piazze
assolate degli undici paesi lucani, le colline limacciose e gli
insediamenti industriali grigio-ferro nel Limburg, col piglio energico
del capobanda, con l'urgenza di diventare grande.
E la sua
recitazione è innervata di questa urgenza, che era quella dei nostri
minatori che partivano dai nostri campi riarsi, per ritrovarsi ignari
nelle viscere buie della "mina". Il primo sul set, mai un gesto di
indolenza, una reazione arrogante e strafottente. Sin dalla prima
inquadratura, quando scende con la "carrozza" il trabiccolo di legno
con i cuscinetti a sfera per ruote, per i vicoli di Oppido Lucano. O sul
terril di Winterslag, seduto dentro la padella, in un'analoga discesa
"di coraggio". Sapere, Walter, che domenica notte sei andato a
morire a 26 anni contro un muro (proprio come diceva Egidio nel
film a proposito del pericolo del gioco delle "carrozze": “Lì -in
Lucania- ci stanno li muri, ti scasci”), mi ha paralizzato. Non posso
pensare che non ci sei più, che la gente della tua famiglia, del tuo
paese, non potrà più incontrarti, nutrirsi della tua gentilezza, della
tua simpatia, della tua profonda innata, umanità. Di cui il nostro set,
la nostra troupe, il nostro film si è avvalso, per quei fantastici
perigliosissimi, mesi di lavorazione. La magra consolazione è sapere
che la tua interpretazione di Armando rimarrà, e che potrò, tutti
potranno rivederti in ogni momento, perché Armando non è un
personaggio, sei tu, Walter, e sembra che qualcuno mi abbia
dettato le tue frasi e i tuoi movimenti, come nella scrittura
automatica, prima che ti concretizzassi quella giornata di provini a
Bella. Grazie Walter.
Fulvio Wetzl
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