Ci incontravamo spesso nelle sale di proiezione o nella sala stampa durante la Mostra del Cinema di
Venezia. Da anni non ci si incontrava più, dati i suoi anni che portava addosso con la fiera leggerezza di un
curioso ed appassionato. Giovanni Russo, lo scrittore e saggista salernitano, era inviato dal Corriere della
Sera al Lido di Venezia, più per analizzarne gli umori che per scrivere recensioni sui film della Mostra.
Girava spesso di bianco vestito, con l’immancabile cappello, e noi leggevamo nei suoi occhi l’ammirazione per quanto di buono si produceva nella “sua” Basilicata, lui che a Potenza si era formato per lunghi anni e – ci confidava – aveva lasciato il cuore. Stimava molto le attività del Cineclub “Vittorio De Sica” a Rionero e sul territorio non soltanto in regione, tanto che lo ritenevamo una sorta di padre putativo. Quando lo invitavamo alle nostre iniziative, a Venezia come a Roma e a Potenza, non mancava mai, “...basta che me lo dici per tempo” chiosava. Presente a Venezia nel giardino dello storico “4 Fontane” (adiacente al Casinò e al Palazzo del Cinema) per parlare - prima ancora che venisse acclamata - di Matera Capitale della Cultura e, per noi, capitale del Cinema. Nell’incontro con altri intellettuali (c’era anche l’allora assessore regionale Viti), Giovannino (così per gli amici) ci parlò della sua esperienza di militante per un Sud che non meritava il ruolo che la Storia l’aveva relegato.
Girava spesso di bianco vestito, con l’immancabile cappello, e noi leggevamo nei suoi occhi l’ammirazione per quanto di buono si produceva nella “sua” Basilicata, lui che a Potenza si era formato per lunghi anni e – ci confidava – aveva lasciato il cuore. Stimava molto le attività del Cineclub “Vittorio De Sica” a Rionero e sul territorio non soltanto in regione, tanto che lo ritenevamo una sorta di padre putativo. Quando lo invitavamo alle nostre iniziative, a Venezia come a Roma e a Potenza, non mancava mai, “...basta che me lo dici per tempo” chiosava. Presente a Venezia nel giardino dello storico “4 Fontane” (adiacente al Casinò e al Palazzo del Cinema) per parlare - prima ancora che venisse acclamata - di Matera Capitale della Cultura e, per noi, capitale del Cinema. Nell’incontro con altri intellettuali (c’era anche l’allora assessore regionale Viti), Giovannino (così per gli amici) ci parlò della sua esperienza di militante per un Sud che non meritava il ruolo che la Storia l’aveva relegato.
Alla presentazione del film documentario Vultour – Le trace del Sacro (diretto
da Fulvio Wetzl e coprodotto dal CineClub “De Sica”) aderì con altri registi e scrittori alla proposta di portare
Monticchio e la Badia di San Michele sotto la tutela dell’Unesco. E ancora a Roma per la presentazione del
libro Schermi riflessi – fra cinema e televisione (scritto da chi scrive, edito da ErmesEditore) presso la Libreria
del Cinema, insieme al regista Giuseppe Ferrara. Un afflato ed una passione civile hanno caratterizzato il suo
lungo peregrinare su libri ed articoli ormai ritenuti classici, a partire da quelli sul “Mondo” fondato da
Pannunzio, (mediante la presentazione di Carlo Levi), e dove conobbe grandi firme come Indro Montanelli
ed Ennio Flaiano, nel dopoguerra. Giovannino Russo era nato a Salerno nel 1925, ma a Potenza deve la sua
formazione, con rapporti stretti con intellettuali del tempo e con i quali ha sempre mantenuto ottimi
rapporti. Fu tra i fondatori nel 1943 del Partito d’Azione lucano e qualche anno dopo si trasferì a Roma dove
iniziò a scrivere sul Messaggero. Quindi inviato speciale per il Corriere della Sera dove scrisse diverse
importanti inchieste sulle emigrazioni e sulle drammatiche vicende del Sud, non tralasciando mai quei tratti
di ironia e ampiezza di sguardo. Ma anche i giovani, la scuola, l’università erano al centro delle sue
attenzioni. Nel solco di illustri meridionalisti come Giustino Fortunato, Guido Dorso e Gaetano Salvemini ,
l'ispirazione della sua scrittura risale sia alla grande tradizione narrativa di Corrado Alvaro e Giovanni
Verga sia alla prosa letteraria di autori del suo tempo come Ennio Flaiano e Leonardo Sciascia . E così si
aggiudica nel 1964 il Premio Saint-Vincent per il giornalismo , quindi il Premio Marzotto nel 1965, il Premio
Carlo Casalegno nel 1981, il Premio Pannunzio 1991, il Premio Mezzogiorno 1993 e il Premio
Positano 1998 per il giornalismo civile. Fu insignito dell'onorificenza di Grande Ufficiale da parte
del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi il 10 aprile 2006 . E’ ricca la sua biblioteca, ci piace
ricordare Baroni e contadini , (Laterza, 1955), e L'Italia dei poveri , (Longanesi, 1958), ed ancora I bambini
dell'obbligo. Inchiesta sulla scuola , (Bompiani, 1971), La terra inquieta. Memoria del Sud (a cura di Goffredo
Fofi ), del 2003. Ed ancora Con Flaiano e Fellini a Via Veneto. Dalla 'Dolce vita' alla Roma di oggi ,
(Rubbettino, 2006). Finalista al Premio estense 2006. Memorabile l’inchiesta sul terremoto del 1980 inviato
in Irpinia e in Basilicata, dove scrisse articoli di grande impatto e che fecero correggere le decisioni di taluni
governanti che intendevano trasferire i terremotati di San Mango del Calore, di Sant’Angelo dei Lombardi e
di altri paesi irpini devastati in luoghi lontani e sconosciuti. Uno scrittore di impegno civile,
dunque, di immensa umanità ed ironia. Ci mancherà Giovannino,
col suo cappello bianco ed un sorriso talvolta amaro, da uomo del Sud .