La Mèlodie del francese Rachid Ahami (fuori concorso a Venezia 74) fin
dalle prime immagini ci conduce nelle caotiche classi adolescenziali, nelle
quali la multietnicità diventa il coacervo di confusioni e violenze verbali.
In una Parigi periferica e vitale, le vite di ragazzi alle prese con la forzata
incapacità di convivere nel segno della cultura e della conoscenza, che la
scuola tuttavia cerca in ogni maniera di inculcare, per educare ad una
civile ed armoniosa convivenza.
La musica dovrà essere uno degli
elementi socializzanti ed evolutivi. E’ qui che arriva un insegnante, non più
giovanissimo, interpretato da Cadh Merad, di origine magrebina come lo
stesso regista. Con un viso che non da mai segni variabili, l’insegnante,
con una carriera concertistica alle spalle, cerca di inculcare agli irrequieti
ragazzi la passione per il violino. Obiettivo finale: creare una piccola
orchestra da fare esibire in un importante auditorium. L’insegnante avrà
dunque nuovi stimoli proprio con ragazzi talvolta svogliati, tranne uno,
Arnold, che sarà il vero motore di un ingranaggio che porterà al concerto
conclusivo. Talento un po’ grezzo che sarà in grado di contagiare anche i
compagni di classe più intansigenti. Sarà quindi la musica come gioco di
armonie ad unire famiglie ed etnie le più diverse, nel comune obiettivo di
sviluppare una nuova generazione veramente solidale.
L’espediente drammaturgico è stato ben trattato anche in altri film:
ricordiamo La musica del cuore con una eccellente Meryl Streep (anche
qui il violino, cui è docente), diretto nel 1999 da Wes Craven; ed ancora I
ragazzi del coro , diretto nel 2004 dal francese Christophe Barratier.
Luciana Facchiano