L’ombra della Fenice - Pino di Branco
“Roma è meravigliosa d’estate, come
d’inverno, di primavera e d’autunno. Ma d’estate il caldo di Roma è
insoffribile, il sole del Leone e della Vergine vi piomba su quasi a picco,
accende le strade e le piazze, par che pietrifichi l’aria e l’infochi, ottunde
i sensi e i sentimenti del viandante. Visitare Roma d’estate è impresa ardua e
pericolosa”.
Si
può partire da questo incipit del racconto di Massimo Bontempelli “L’ombra e il
sole”- posto a epilogo del libro di Pino di Branco “L’ombra della Fenice” (edito
da La vita felice), per entrare nella logica-non logica del testo di di Branco
che, al primo impatto, non prende, anzi lo si troverebbe persino pretenzioso se
non inutile.
E invece, quanta “utilità”porti al lettore in chiave conoscitiva
se non puramente didascalica (o didattica) è facilmente intuibile dopo essersi
insinuati e (talvolta) persi nei meandri e nei vicoli della descrizione, a
partire dalla evocativa immagine di copertina che ritrae una “strada in ombra”
(di Ferdinando Scianna).
Pino di Branco non fa
mistero della utilità-non utilità del suo breve quanto accattivante racconto,
che fa della ricerca del libro perduto (L’ombra della Fenice, appunto) lo
strumento conoscitivo atto a scandagliare ovvero “allacciare i fili sparsi lungo
due secoli di una leggenda libresca”. Una sorta di sceneggiatura che si snoda
fra Napoli e Roma, le cui strade (del centro storico) sono da sempre o in
perpetua ombra (sotto il Vesuvio) o talmente aperte ed assolate da volerne
scrivere una “guida e itinerari appositi” come già in Stendhal. Protagonisti
(non scritturati) del proscenio ideale sono poeti come Giuseppe Gioacchino
Belli e scrittori come Alexandre Dumas e Charles Dickens, intellettuali come
Benedetto Croce e saggisti come Pietro Paolo Trompeo e Gino Doria, fino a
Massimo Bontempelli, cangiante autore d’avanguardia che (da altre fonti) sfidò a
duello Ungaretti in una villa di Pirandello.
Ma sarà il filosofo Aurelio Memmi a farci da guida nel citato racconto
di Bontempelli (quando siamo alla vigilia della Esposizione Internazionale di
Roma 1911), che finirà i suoi giorni come un personaggio gogoliano, e la cui inverosimile
morte (per insolazione) diventa monito obliquo verso quanti non credono che
l’amore per la cultura e la conoscenza possa travolgere l’esistenza fino a
perirne.
In un’epoca nella quale si è più dediti alla visione e (all’inflazione)
dell’immagine che alla lettura (e all’introspezione), più al bisticcio gratuito
e (tele)visivo che alla riflessione, questa “guida” giunge oltremodo attuale e visionaria quanto basta,
per carpire i meandri di una Storia che si lascia attraversare anche fra le sue
strade più in ombra. Di Branco ce ne fa dono a mo’ di stimolo anche per
ripararci dal sole cocente del conformismo.
Armando Lostaglio