“La
storia mette un santo in ogni sogno”. E’ uno dei versi scritti e cantati (come
sa fare solo lui) da Tom Waits in “Time”, - è facile reperirlo, basta cliccare,
si trova tutto -. Ciò che non è facile trovare, invece, è il sogno, il santo,
la storia: la straziante bellezza del verso del cantautore americano ci
amareggia ancor più perché questo tempo (Time, appunto) si è svuotato persino
di ogni necessità, non ci fanno sentire funzionali (e organici) a nessun
sistema. Ciò che credevamo risolto appare d’un tratto sfinito, svenduto.
Immorale ed amorale.
Persino i cardinali, dopo i criminali di affari loschi nel Comune più sommo della Nazione, depredano quanto dovuto alle necessità più prossime, del loro “prossimo” . Barconi e gommoni che premono sulle coste del Mare Nostrum, che affondano con i loro carichi di miseria, già imminenti alla fine.
Persino i cardinali, dopo i criminali di affari loschi nel Comune più sommo della Nazione, depredano quanto dovuto alle necessità più prossime, del loro “prossimo” . Barconi e gommoni che premono sulle coste del Mare Nostrum, che affondano con i loro carichi di miseria, già imminenti alla fine.
Periferie
inurbane, senza luce né legge. Lo sguardo rarefatto va oltre per non sentirsi
complice; annuisce per non macchiarsi di colpe altrui. Il proletariato rimane ancor
di più soggiogato, nell’inganno di sentirsi padrone del proprio tempo, solo
perché si guarda in Tv. Necessita, eccome, di un santo nel proprio sogno ormai
perenne di riscatto.
Nella
periferia del mondo - dove si scrive:
Vulture, Sud - si accapigliano in questo
periodo per un Parco naturale, simulano
lo scontro e l’irreprensibilità della Polis, non avendone presupposti né
connotati evoluti; si blatera per darsi
una parvenza di appartenenza (o di esistenza) non sapendo stimare che il
proprio angolo di trascurabili certezze.
La storia, è bene
ribadirlo, non regala più santi.