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Schermi Riflessi di Enrica Crosetto

LA MUSICA CHE DIVIDE E LA MUSICA CHE UNISCE 

 
 Ascoltando il consiglio dei miei amici musicisti ho scelto all’ultimo momento di andare a sentire un concerto che fa parte della prestigiosa rassegna MITO che prima si chiamava Settembre Musica e ora si è trasformata in MITO per il sodalizio che si è instaurato tra Milano e Torino nell’organizzare raffinati concerti. 

Sul programma c’era scritto che negli ultimi due decenni la reputazione di avishai Cohen è cresciuta a dismisura e Cohen è considerato oggi uno dei più grandi bassisti del mondo ed il concerto che ho scelto per passare la serata di venerdì 14 settembre al Teatro Colosseo è proprio quello di Avishai Cohen New Trio (Avishai Cohen contrabbasso, Nitai Hershkovits pianoforte, Daniel Dor batteria). Dopo aver sentito i primi brani mi sono resa conto della bravura di Choen sono anche rimasta colpita dall’incapacità del musicista nel cogliere l’occasione che si era presentata per trasformare la serata in musica di pace. Fin dal suo arrivo il pubblico veniva accolto da uno spettacolo poco rassicurante: Camionette della Polizia e dalla manifestazione di un gruppo di persone che rivendicavano i diritti del popolo palestinese, i poliziotti che controllavano le borse prima dell’ingresso nel teatro. Dopo i primi brani del cocerto e dopo i fragorosi applausi un ragazzo del pubblico si è alzato in piedi e ha detto:”Sorry, I apologize……” ma non ha potuto finire la frase perché è stato preso tempestivamente dai poliziotti in borghese e sbattuto fuori dalla sala. Alla metà del concerto una ragazza del pubblico ha tirato fuori la bandiera della Palestina e immediatamente i poliziotti hanno puntato le torce sulla ragazza invitandola a togliere la bandiera. Io non vedevo l’ora di uscire dalla sala del teatro dove respiravo un’aria pesante e non riuscivo a percepire nessun tipo di dialogo. Ad un certo punto Cohen è uscito dal palco mentre si detergeva i l sudore e poi è subito rientrato per fare un discorso dove spiegava che lui era amico degli arabi anche se era nato in un kibbutz del nord di Israele a 18 anni si trasferisce a New York dove ha collaborato in diverse formazioni con jazzisti famosi. Il succo del discorso sarebbe che siamo qui stasera per fare della buona musica e la guerra è da un’altra parte del mondo. Ma non è così mio caro Cohen: il fatto è che siamo tutti connessi e che in questo teatro potevamo creare la magia che grazie alla musica ci poteva essere un incontro tra Israele e Palestina ma questo non è successo. Io ero circondata da persone che incoraggiavano i poliziotti ad agire per portare via quelli considerati “i disturbatori” del concerto. Come se fossimo in un posto asettico per ascoltare buona musica ed escludere il resto del mondo. Sono uscita dal teatro sollevata e contenta di allontanarmi da quel clima di tensione ma anche triste e mi sono tornate in mente le parole di una canzone di Fabrizio De Andrè quando tanti anni fa cantava: “Per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti”. Sarebbe bello riflettere su questo tema, può darsi la prossima volta……..

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