Francesco Saverio
Flumero (Matera, 1913–1975), secondo dei quattro figli nati dal matrimonio di
Simeone con Bruna Maragno, era, nell’ambito della parentela paterna, il cugino a
cui mio padre è stato maggiormente affezionato e del quale, ancora oggi, trova
occasione di parlare, ricordandolo con orgoglio e commozione.
Di quella, invece, combattuta
però dal cugino, mi parlava mio padre, che, essendo più giovane, a differenza
di Francesco Saverio della guerra aveva patito soltanto (si fa per dire) la fame
e le privazioni. Commosso, rievocava per me i funerali solenni celebrati a
Matera per quel suo cugino, dato per caduto in terra d’Africa, raccontava del
dolore di una madre che distribuiva le immaginette del figlio, del quale non aveva
potuto nemmeno abbracciare il corpo dilaniato, rimasto disperso nelle atrocità
della guerra. Quel figlio paracadutista, decorato di Medaglia d’oro al Valore Militare,
concessa alla Memoria, che già in precedenza si era distinto per numerosi atti
di eroismo in Africa; la più importante fu l’azione a sorpresa sul fronte
Tunisino del 22 novembre 1942 che costrinse alla resa un’intera divisione
nemica (evento alquanto straordinario), riassunto nel seguente comunicato del
Ministero dell’Aeronautica: “Comandante di un nucleo paracadutisti, all’attacco
di una posizione nemica, dopo averla brillantemente occupata, contrattaccato da
forze soverchianti e sebbene ferito, continuava ad incitare i compagni
all’estrema resistenza scomparendo quindi nella mischia della battaglia…”. La concessione della Medaglia d’Oro era il
riconoscimento per un gesto da eroe, ribadito dai solenni funerali di Stato.
Erano tutti convinti della
sua morte i numerosi parenti e gli amici di Francesco Saverio. Ma il Sergente
Maggiore Paracadutista Flumero, promosso Sottotenente al Valor Militare, non
era morto: un proiettile penetrato dalla spalla e fuoriuscito dalla cassa
toracica aveva lasciato segni notevoli di deperimento fisico e due grandi buchi
nella giacca della divisa che volle portare con se in ricordo della drammatica
battaglia; per quelle gravi ferite riportate nello scontro, era stato catturato
dal nemico in fuga e, dopo aver versato a lungo in pericolo di vita, era stato deportato
da un campo di prigionia all’altro fino ad arrivare in America.
Quando, al termine della
guerra e senza preavviso alcuno, il Sergente Maggiore fece ritorno a casa, l’incredulità per quella che parve
un’apparizione, lasciò presto il posto all’emozione e all’affetto della gente
dei Sassi: fu come se tutti insieme avessero ritrovato un figlio e un fratello.
La grande gioia determinata dall’evento, venne turbata dal Ministero che
riservò all’eroe paracadustica inopportune attenzioni, commutando la medaglia
d’oro al valore militare in medaglia d’argento.
Francesco Saverio, decorato anche con tre Croci di Guerra, non avvertì più
di tanto questo beffardo provvedimento,
consapevole di aver adempiuto totalmente ai suoi doveri, fino al limite più
estremo della vita che ebbe salva (per un filo di capello), volle dedicarsi
interamente agli altri. Fu Presidente della delegazione materana dell’Associazione
Nazionale Combattenti e Reduci dal 1951 al 1975 (anno della sua morte) e ricoprì l’incarico di Assessore del Comune di
Matera.
Investì i suoi risparmi nella
costruzione di una villetta nel borgo di Timmari, che divenne il suo buen retiro: qui trascorreva le giornate
dei mesi estivi, anche quando la cecità lo costrinse a dotarsi di bastone,
strumento che il comandante adoperò eroicamente nell’ultima delle sue
battaglie, quella di garantire a se stesso l’indipendenza, tanto ricercata in
vita. Lasciò la moglie Chiara Carmentano e tre figlie, Bruna, Elvira e Lidia.
L’inerzia corrosiva dei
materani ha presto dimenticato questa figura di eroe e le pratiche avviate da
Paolo Flumero, fratello di Francesco Saverio, per la riattribuzione della Medaglia
d’Oro, si sono fermate con la morte di quest’ultimo. Cosicchè il ricordo è
affidato ad altre figure eroiche insignite della massima onorificenza militare,
che trovano ospitalità nella toponomastica cittadina. È da augurarsi che Matera
tenga vivo sempre il nome dei suoi figli migliori. A questo proposito, un
plauso va tributato all’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia, che ha
fortemente voluto intitolare al materano
Sergente Maggiore Francesco Saverio
Flumero la propria Sezione, di recente istituzione ma con un congruo numero
di iscritti, la stessa associazione è riconosciuta a livello nazionale come
gruppo di protezione civile.
Gianni Maragno