SABBIE
di Vittorio Baccelli
Eleonora
ed Ernesto per mano si stanno dirigendo verso il villaggio. Camminano così
sulla strada in materiali siliconici che collega il parcheggio al centro
abitato.
Attorno a loro
la sabbia in lente volute spinte dal vento incessantemente si sposta e si
deposita ovunque. Hanno con loro una borsa di plastica con la pubblicità
colorata di una pizzeria di Torino, ricordi di tempi ormai definitivamente
lontani e dimenticati.
Nella borsa ci sono oggetti quasi originali da far
toccare al duplo; quello del loro villaggio non lavora più come un tempo, gli
oggetti che produce sono tutti imperfetti e in poco tempo si disfano.
È giunta notizia che qui nel villaggio DK 479 c’è un
duplo ancora perfettamente efficiente.
Abitano un mondo sterile, ormai da centinaia d’anni
la sabbia ha conquistato ogni spazio, solo i villaggi resistono grazie ai
duplo. Ma quelli di nuova generazione non lavorano più come un tempo. I duplo
stanno morendo e gli oggetti tornano sabbia.
Il duplo ha le apparenze d’un grosso cactus, forse
si tratta di un vegetale, ma nessuno n’è sicuro, e ha la forma di una grossa
palla. Tra le spine emergono dei tentacoli mobili. Se un tentacolo tocca un
oggetto, dopo un po’ il duplo si apre e dall’apertura esce un oggetto identico
a quello toccato. Meglio: un tempo succedeva sempre così, ma oggi gli oggetti
sono tutti difettosi e si ritrasformano in sabbia in breve tempo.
Usa, infatti, la sabbia come materia prima per la
trasformazione. Una malattia sta colpendo i duplo?
Molto tempo prima qualcosa di molto grande era
precipitato sulla Terra e tutto era andato distrutto, proprio in quei tempi
erano apparsi i duplo, avevano curato i superstiti, fornito il cibo,
ricostruito i villaggi, con loro l’umanità era riuscita a sopravvivere. Tutto dipende
da loro fin dalla prima apparizione. Duplicano cibo e combustibile, oggetti e
macchinari. Si riproducono per semi, ma qualcosa non funzionato nell’ultima
generazione. Le cose che duplicano sono sempre imperfette, malfunzionanti,
qualcuno di loro è già morto senza che i semi abbiano generato un sostituto,
con la loro morte anche i villaggi stanno morendo.
Nel villaggio di Eleonora e Ernesto il duplo è
morto, loro non lo sanno ancora, quando sono partiti era solo malfunzionante e,
i suoi semi sono risultati sterili, all’infuori di uno. Questo è nato e
cresciuto, ma non ha mai sviluppato i tentacoli è rimasto solo una pianta
ornamentale lì nel bel mezzo della piazza del paese. I duplo sono senzienti?
Tutti ne sono convinti anche se le prove concrete non esistono.
La non efficienza del loro duplo è la ragione che ha
spinto i nostri due ragazzi fin qui. Si dice, infatti, che il duplo di questo
villaggio sia ancora operante, ma nell’area di ricevimento c’è una fila di
centinaia di persone e tutti sembrano sconsolati.
Alcuni paesani s’avvicinano a Eleonora e Ernesto e
gli chiedono da dove vengono. Loro raccontano la loro storia e il
malfunzionamento del duplo del loro villaggio. Vengono così a sapere che tutti
i duplo dei villaggi vicini sono morti e che i semi o non hanno generato o
hanno dato solo piante ornamentali non operanti. Il duplo di questo villaggio
ha lavorato bene sino a ieri. Oggi non riesce a completare le duplicazioni:
hanno tentato anche con oggetti originali ma non c’è stato nulla da fare. Qui sono
già fortunati rispetto agli altri: hanno una polla d’acqua sorgente e degli
orti, comunque c’è poco da star allegri.
Ernesto e Eleonora raccontano che hanno portato
degli oggetti originali e ben funzionanti per la duplicazione, due piccoli
generatori d’energia indispensabili per la sopravvivenza delle genti nel loro
villaggio.
I nostri due sono condotti davanti al duplo che si
sta afflosciando come una camera d’aria sgonfia, attorno a lui un cerchio di
paesani seduti per terra stanno piangendo chiedendosi come faranno senza di
lui.
-
Possiamo provare coi nostri oggetti? – chiede timidamente Eleonora.
È a questo punto che la piccola folla si riscuote
dal proprio dolore. Ha inconsciamente trovato dei capri espiatori sui quali
scagliare il suo dolore, la sua rabbia.
-
Stranieri! Andatevene via da qui! Via! Via! Qui non vogliamo stranieri!
La folla che da dolorante s’è trasformata ora in
inferocita si rivolge così contro di loro, varie mani strappano a Ernesto il
sacchetto con gli originali e a spintoni li cacciano in malo modo lungo la
strada che porta al parcheggio. I due non oppongono alcuna resistenza e si
lasciano allontanare. Mesti raggiungono il parcheggio mentre la folla si ferma
a poca distanza e in silenzio li guarda in modo ostile.
-
Eleonora t’hanno fatto male?
-
No, solo qualche spintone.
-
Bisogna capirli, sono esasperati. Senza il loro duplo come faranno?
-
E anche noi cosa faremo? Ci fornivano tutto, anche il cibo. Adesso si
stanno tutti esaurendo.
Si riprendono per mano e raggiungono il parcheggio.
Si fermano attoniti: anche il loro modulo si sta decomponendo, sta ritornando
sabbia. La parte posteriore è già ritornata nel deserto spinta dal vento.
In silenzio s’avviano mestamente verso la strada che
li riporterà al loro villaggio.
Già da più di un’ora stanno camminando nel deserto
verso casa, quando Ernesto sente la mano di Eleonora farsi molle e granulosa.
Il sole intanto è sceso all’estremo limite
dell’orizzonte e nella luce rosa lui vede la mano d’Eleonora trasformarsi in
sabbia, la sabbia scivolare via dalla sua mano per ricongiungersi all’altra
sabbia spinta dal vento.
Anche il corpo d’Eleonora in pochi attimi si disfa e
tra la nuova montagnola di sabbia emergono solo i suoi abiti e i suoi monili.
Ernesto piangente si getta sulla piccola duna, sulla
sua Eleonora e fino all’alba giace sopra di lei. Non riesce a chiudere occhio
sommerso dal dolore e quando si rialza per il ritorno al suo villaggio vuol
dare un’ultimo saluto alla sua amata. Immerge le mani nella sabbia, affonda le
mani nella sua amata, cerca i monili, ma nella notte anch’essi, al pari degli
abiti, si sono dissolti: tutto è sabbia, tutto sta tornando al deserto. Ad un
deserto che ricopre ormai quasi per intero la Terra.