Due disastri
accaduti a Grassano incidentalmente si collegano alle vicende di Carlo Levi
Il 19 Ottobre del 1888 tra i diversi convogli
ferroviari che partirono dalla stazione di
Napoli vi era il treno n.265 con destinazione Taranto, che, giunto intorno alle
5,35 del mattino seguente “alla lieve curva dopo il casello 215 e precisamente
fra le stazioni di Grassano e Grottole, investì in una frana argillosa che
doveva essere caduta di recente”.
“Un’orribile
catastrofe”, il più grande disastro ferroviario mai verificatosi fino ad allora
e ricordato dalla stampa dell’epoca come il disastro ferroviario di Grassano.
L’impatto con la frana distrusse completamente la
carrozza in cui viaggiava anche una intera compagnia di bel canto diretta a
Corfù per la stagione lirica. Ci furono ben 20 decessi, tra questi il direttore
d’orchestra di Corfù ed alcuni cantanti della compagnia. Fra le vittime Augusto
Cappati da Ferrara, un giovane avvocato non ancora trentenne, che non aveva
esitato a rinunciare alla carriera forense per rincorrere il suggestivo mondo
del bel canto e Comolli Giovanni da Cremona. Nella valigia di quest’ultimo vennero
rinvenute le partiture della prima versione dell’opera Don Carlos (in 5 atti e libretto in francese), che in seguito
Giuseppe Verdi modificò in Don Carlo
(in 4 atti e libretto in italiano). Probabilmente
era questa l’opera che la compagnia si accingeva ad eseguire a Corfù, nella
splendida cornice del Nobile Teatro di San Giacomo.
A distanza di qualche decennio quegli stessi luoghi
furono teatro di un altro terribile incidente che vide coinvolta una compagine
musicale. Era il 1926 quando, nel corso della notte, l’autocarro che
trasportava l’affermata Banda Musicale cittadina di Grassano di rientro da Oliveto Lucano, per le solennità
patronali, precipitò in un burrone in territorio di Garaguso. Alcuni orchestrali morirono e più di uno
rimase ferito gravemente e portò per sempre nel corpo le tracce di quella
disgrazia. Ancora oggi, parlando di quella circostanza le lacrime rigano le
guance degli astanti e l’emozione rompe la voce di chi narra l’episodio. Questo
luttuoso evento, trascurato e mal conosciuto al di fuori della cerchia
cittadina fu inserito in una commovente pagina che segna l’inizio del Cristo si
è fermato a Eboli di Carlo Levi, collocandolo in un’atmosfera sospesa tra
lirismo e leggenda.
Sulla scorta delle sensazioni scaturite dalla lettura
del più famoso tra i romanzi leviani e sulla base delle notizie riguardanti i
funesti accadimenti descritti, ci imbattiamo in una serie di coincidenze che
sembrano quasi legarsi in una trama abilmente tracciata dal destino.
Sarà stato forse il fato a suggerire allo sfortunato
artista cremonese in viaggio verso Corfù di portare con se la partitura del Don
Carlos? Non sapremmo rispondere in maniera assoluta. Di certo ci ritornano alla
mente le vicende descritte nell’opera verdiana, nella quale un ruolo rilevante
è proposto dalla principessa di Eboli pervasa da passione amorosa per Don Carlos
che invece fedele al proprio sentimento di onore la rifiuta. Appare
sorprendente il riferimento ad Eboli se riandiamo con la memoria al romanzo che
ha proprio nella località cilentana il perno del suo titolo. In aggiunta, lo stesso
autore, Carlo Levi, veniva denominato in segno di rispetto dagli abitanti di
Grassano prima e di Aliano poi, Don Carlo, come il protagonista dell’opera lirica.
Senza voler entrare, poi, negli inestricabili rapporti che spinsero Carlo Levi
a scegliere Eboli come frontiera del mondo civilizzato perché lì terminava la
ferrovia. Risalta ancora una volta il presagio suggerito dal destino che
colloca questi due disastri a Grassano che, invece, era già da tempo collegata
alla rete ferroviaria pur facendo parte di quel mondo senza prospettive
descritto nel “Cristo”.
Infine, appare suggestivo collegare le tormentate
vicende sentimentali di Don Carlos e della principessa d’Eboli con le
contraddittorie occasioni amorose che coinvolsero l’artista torinese e che
probabilmente furono alla base del suo allontanamento da Grassano alla volta di
Aliano.
Uno squarcio suggestivo su questi appassionati
rapporti tra il romanzo leviano e il territorio di Grassano è alla base de “La
vallata degli spettri”, cantata per mezzosoprano, voce recitante, coro e
orchestra di fiati, composta dal maestro concertista e direttore d’orchestra
Nicola Samale, liberamente ispiratosi all’incidente della banda.
La composizione descrive la tipica giornata della
banda musicale: uno sguardo sulla sociologia e sull’arte, talvolta povera ma
piena di dignità.
La voce recitante si avvale della magistrale penna del
grande scrittore torinese e in parte, per la cronologia degli avvenimenti, del
testo redatto dal Maestro Samale.
Gianni Maragno