
di Vittorio Baccelli
Non ricordo
d’aver mai posseduto un nome, non ricordo quale sia il mio sesso: forse non ho
mai avuto nomi anche se qualcuno ha cercato in passato di darmene, in quanto al
sesso per me è una situazione senza alcun senso.
Non chiedetemi dunque queste
cose, non domandatemi se sono umano, alieno o chissà cosa, e neppure dovete
chiedermi quando sono nato: voi ricordate la vostra nascita? No, sicuramente
no, per voi è tutto un sentito dire, ma a me non ha mai detto niente nessuno su
questi argomenti. So che esisto, questo sì, altrimenti come potrei comunicarvi
queste cose? Però non ho ancor chiaro con chi sto comunicando e perché,
comunque penso perciò sono. Per voi sembra tutto più semplice, il tempo scorre
o forse siete voi a scorrere sincroni col tempo, per me è diverso, esisto in un
perenne presente che non collima quasi mai col vostro scorrere. Non ho un corpo
anche se delle volte posso sembrare un uomo, un animale, ma anche un vegetale o
uno qualsiasi degli oggetti inanimati siano essi manufatti o naturali.
La strada, c’è una strada anche nella mia esistenza,
talvolta essa si presenta come un semplice viottolo, altre volte è una sterrata
percorsa da carri trainati da cavalli e da pedoni, ma il più delle volte è un
nastro asfaltato con le curve che si susseguono l’una all’altra e a lato della
via ogni tanto si vedono scritte a vernice coi nomi dei centauri che scivolando
sono caduti.
C’è una volvo sul ciglio della strada, per me è ora e
adesso, ve l’ho detto il vostro tempo non collima quasi mai col mio. Poco
distante giace il corpo di un uomo senza vita, poi arriva un’ambulanza e subito
dietro giungono i carabinieri. Il cadavere è afferrato dai portantini e
caricato sull’ambulanza che subito parte senza sirene, i carabinieri si
sparpagliano nel territorio e setacciano a lungo il prato, fanno rilievi e
foto. I controlli sul territorio durano diversi giorni e ad eseguirli sono non
solo i carabinieri ma anche altre polizie, magistrati, giornalisti e curiosi.
La storia intanto lentamente si dipana e io ne afferro brandelli dalla mente di
questo o di quello e riesco a ricostruire. Il corpo ha un nome, voi umani date
sempre un nome a tutto, persone e cose, si chiama Roberto ha trentadue anni e
si è ucciso ingerendo della soda caustica. Se questo non è il peggior modo per
morire per un uomo, ci siamo sicuramente molto vicino. Alcuni giornalisti che
setacciano da giorni il posto sembrano quasi avvertire la mia presenza, ma qui
di presenze ve ne sono molte anche se non facilmente raggiungibili, in definitiva
sono solo un osservatore, cerco di capire più che intervenire sulla realtà,
quella umana in particolare. Ma anche questo è vero fino ad un certo punto, in
realtà cerco di comprendere la realtà ed il rapporto che ho con la realtà che
mi circonda. Questi fatti però m’incuriosiscono e servono a destarmi dalle mie
meditazioni, che dire? Per me è quasi un divertimento. I parenti affermano che
Roberto soffriva da qualche tempo di depressione: ma sono sicuro di sapere cosa
sia esattamente la depressione? Forse sì mi sono fatto un’idea, e poi come
faccio a conoscere tutte queste cose? Certo, le rubo a chi viene sul posto, in
quest’area che è anche il mio habitat. C’è inoltre uno scheletro
irriconoscibile a poca distanza da qui, è stato trovato ma nessuno ha mai
saputo chi fosse, e questo è solo uno dei tanti misteri di questo luogo. C’è
anche la storia di Fabio coetaneo e compaesano di Roberto, abitano a pochi
chilometri di distanza l’uno dall’altro e fanno duecento chilometri per venire
a morire nello stesso posto: misteri del luogo ove io mi trovo. Anche Fabio è
morto suicida; in questa zona vi sono i resti d’una fortezza antica, secondo
alcune leggende popolari giace qui nascosto un tesoro favoloso e a custodirlo
si narra vi sia Satana in persona. Fabio chiede al suo parroco se il diavolo
esiste davvero, e questo il giorno prima di partire da casa sua in moto per
l’ultima volta. Chi lo incrocia quel giorno si rende conto che è
particolarmente teso e sembra impaurito: nessuno lo vede più tornare. Passano
le settimane e i suoi parenti le tentano tutte, lanciano appelli, offrono soldi
a chi sa dare indicazioni, ma non c’è niente da fare. Solo alla fine
dell’estate viene trovato un cadavere mummificato con indosso brandelli di
pantaloni, scarpe da ginnastica e nessun documento d’identità. è in una
scarpata ripida sotto un albero dal quale pende una corda, intorno al corpo un
coltello, una candela, un orologio da polso e una busta porta documenti vuota.
I mesi passano, infine si ha la certezza che si tratti di Fabio, certezza
giunta dall’analisi dell’arcata dentale. La sua moto salta invece fuori dopo
cinquantacinque giorni dal ritrovamento del corpo. È in fondo ad un burrone a
tre chilometri dal cadavere. Chi ha spostato la moto di Fabio dopo la sua
morte? Dove sono finiti i suoi documenti? C’è anche un altro mistero, quello
del nodo: Fabio non è molto bravo con le legature, ha addirittura delle
difficoltà anche con le stringhe delle scarpe, ma quello che ha attorno al
collo è invece un nodo da marina. Da una vicina cascina saltano fuori candele e
bamboline, dal diario di Fabio alcune pagine risultano strappate, nella sua
camera non mancano croci rovesciate e pentacoli. Ora non cominciate a pensare
che con tutte queste cose io c’entri qualcosa: ho solo registrato gli
avvenimenti dei quali o sono stato testimone o li ho conosciuti attraverso le
menti degli umani, ve l’ho già detto io interagisco nel reale solo molto
raramente ma osservo, registro, penso, e sono molto curioso. Almeno fin’ora mi
sono sempre comportato così , ma adesso tento anche di comunicare, un ulteriore
passo questo per la realizzazione completa del mio essere.
Non molto lontano dai luoghi dei ritrovamenti c’è la
cinquecentesca “Chiesa degli Appestati” oggetto di morbose attenzioni notturne,
qualcuno ha abbattuto un muro a picconate per trafugare i cadaveri dei
contadini morti durante l’epidemia di peste nera. C’è una sottile riga magica
che collega la chiesa alle due morti, tre se pensiamo anche al misterioso
scheletro rinvenuto. Non chiedete a me delle spiegazioni, no ne ho da fornire,
registro solo fatti e li ritengo scarsamente importanti, ma accadono nel mio
spazio e non posso ignorarli. Memorizzo il flusso dei dati e cerco di dare una
sequenza logica a tutto, d'altronde se volevo iniziare a comunicare da qualcosa
dovevo pure iniziare, così comincio con un piccolo mistero, d’altronde anch’io
sono un piccolo mistero da risolvere. In questo luogo comunque interagisce
tutta una ragnatela di linee forza che collega una zona all’altra anche in
tempi diversi e s’incunea anche con le menti e con gli avvenimenti.