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Autori Underground

ALICE E LA MONTAGNA SACRA
di Vittorio Baccelli

Era apparsa all’improvviso accompagnata da un’unica scossa sismica di 5.4 gradi Richter che era stata registrata dai sismografi di mezzo mondo. Prima c’era solo sabbia, la fine sabbia del deserto disposta in dune, poi all’improvviso, da un attimo all’altro era apparsa la montagna.
Un satellite americano aveva immortalato l’evento con le sue telecamere: un attimo prima il nulla del deserto, subito dopo il massiccio. Era composta di granito, un granito dai leggeri riflessi rosa che balenavano al sole. Doveva essere alta più di duemila metri e chissà quanto era profonda sotto terra. Le misurazioni furono subito approssimative poiché le strumentazioni non reagivano in maniera corretta quando si riferivano a questo monte. Sicuramente, come gli iceberg, la parte affiorante doveva esser minima rispetto alla mole totale. Ma un peso del genere come poteva averlo sopportato la Terra generando solo un’unica scossa sismica di 5.4 gradi? Non poteva esser sbucata dal suolo e neppure precipitata dall’alto, ma doveva, proprio come indicavano le registrazioni, esser apparsa all’improvviso proveniente da qualche altra parte e una massa simile doveva esser scivolata nel luogo di provenienza della montagna, non c’era altra spiegazione. Anche sulla densità le opinioni erano discordi, comunque la maggior parte degli scienziati sosteneva che si trattasse di una montagna cava all’interno: forse un manufatto camuffato da monte?

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Il modulo anti-g d’Alice si sta avvicinando ad una piattaforma che sembrerebbe naturale, al lato della quale un’apertura triangolare penetra nella roccia. Il complesso montuoso è quasi conico, vicino alla sommità si divide in tutta una serie di guglie rivolte verso l’alto. L’immagine che se ne ricava è quella di una formazione rocciosa naturale che abbia subito delle modifiche in alcuni punti, soprattutto le guglie terminali paiono scolpite. I rilievi adesso dicono con sufficiente certezza che l’interno è cavo. C’è un magnetismo diffuso ma di scarsa intensità, per quanto riguarda la parte nascosta sotto la sabbia, non si hanno ancora misurazioni certe. Alice è scesa sulla piattaforma rocciosa, il modulo lentamente se ne riparte. Lei ha accanto a se tutta una serie di strumentazioni e prima di varcare il portale osserva a lungo e attentamente i vari monitor e i led che s’accendono. La roccia è tutta incisa, istoriata, vi sono delle righe simili alle impronte digitali, righe parallele che a fasci rappresentano configurazioni frattali. Alice, mentre i macchinari stanno eseguendo le loro scansioni, è immobile e sta osservando con la massima attenzione un fascio di righe incise, le segue con gli occhi, sono poste ad un metro circa d’altezza sulla sinistra dell’apertura. Un’apertura triangolare dell’altezza di circa tre metri con la punta più acuta rivolta verso l’alto, un triangolo che non è del tutto regolare poiché sembra lievemente sghembo, sconnesso e sbrecciato agli angoli, ma forse questa è tutta un’illusione ottica, sono i disegni a confondere la vista e a far perdere il senso dell’insieme della figura: i disegni tendono a catturare l’attenzione che viene dirottata verso le più svariate direzioni sulla sua superficie, sì che la visione d’insieme risulta confusa e disturbata. L’occhio è catturato e segue le volute del disegno frattale e due punti adiacenti all’improvviso divergono come nell’attrattore di Lorenz, il senso generale è di disorientamento. Lei è ancora ferma con gli occhi fissi sul solito punto sito ad un metro d’altezza, sta vedendo un’insieme stellare e più s’addentra in esso più si accorge d’osservare una galassia con le sue spirali concentriche. La galassia s’avvicina vorticosamente e lei sta attraversando il suo interno, scorge soli, asteroidi, pianeti, buchi neri, nubi cosmiche: tutto scorre velocissimo. Un sistema solare si sta avvicinando e lei gira attorno ad esso e un pianeta si fa sempre più grande e distinto. Alice già da qualche minuto ha perso la conoscenza di ove in realtà si stia trovando: in effetti lei è sempre china sopra lo stesso insieme di disegni sulla roccia e li sta osservando con le pupille dilatate, non si è mossa d’un millimetro e continua ad osservare. Sta entrando velocemente all’interno dell’atmosfera del pianeta, sorvola un continente verde, poi un oceano, è ora su un deserto in mezzo al quale sorge una montagna conica di granito rosa, s’avvicina ancor di più, c’è una piattaforma sulla roccia e si ritrova esattamente ferma dove è da più di un’ora. Ha un senso di sbandamento e finalmente riesce a togliere gli occhi dalla configurazione nella pietra. S’allontana di qualche passo vincendo forti vertigini che la sommergono, poi si rivolge al controllo missione per sapere se hanno ricevuto la sua esperienza. Il controllo missione si trova su un laboratorio geostazionario fermo nello spazio proprio perpendicolarmente alla montagna. I controllori sono perplessi e le dicono di fermarsi dov’è, l’esplorazione interna della montagna è al momento rinviata. Le dicono inoltre di non guardare altri disegni incisi sulla roccia, lei risponde che è praticamente impossibile non guardarli se resta lì, tutto è ricoperto da fasci di righe parallele che formano configurazioni, come le impronte digitali. Mentre giungono altri macchinari per la scansione, i controllori stanno visionando istante per istante la registrazione simstim d’Alice. La registrazione è quanto di più reale possa esistere, è l’esatta simulazione di un viaggio dall’esterno della nostra galassia fino alla montagna. Viene richiesto ora ad Alice di osservare un altro insieme di righe incise, lei si sposta dall’altro lato dell’apertura e guarda direttamente davanti a se: le righe parallele si rincorrono in ampie volute e l’occhio inizia a seguirle finchè non formano una visione comprensibile. Stavolta non c’è movimento nello spazio e lei ha la netta sensazione di trovarsi un posto “altro”, alieno insomma. In ogni direzione s’innalzano cristalli lucenti di forme geometriche allungate ma indescrivibili che forano il terreno dal quale sorgono. Lei si trova in una valle concava e al centro della depressione, i cristalli s’innalzano a formare una muraglia che spazia in ogni direzione. La luminosità ora è forte ma lattiginosa e sembra scaturire dagli stessi cristalli, in alto solo ora s’accorge che non c’è un vero e proprio cielo, ma un’enorme specchio che riflette la pianura di cristalli. Cerca d’addentrarsi sempre più nella visione e il cielo si mostra per quello che è: un’immensa sfera riflettente sospesa nello spazio. È a questo punto che Alice perde ogni cognizione d’equilibrio, non sa più se i suoi piedi stiano poggiando sulla terra o se sia sospesa a mezz’aria. In effetti la gravità della sfera sembra bilanciare quella del terreno e tutto ora sta fluttuando. Subentra poi la sensazione di precipitare dentro la sfera: a questo punto lei sviene. Mentre si trova sul terreno accasciata accanto all’ingresso, un modulo silenziosamente si ferma sopra di lei, servomeccanismi ne escono fluttuando nell’aria, l’avvolgono in veli di seta e la conducono in lievitazione all’interno del modulo stesso che subito silenziosamente riparte verso il controllo missione. Una sfera fluttuante zeppa di diavolerie elettroniche d’ultima generazione e pure senziente, si ferma accanto allo spigolo sinistro del portale, la scansione grafica si ferma su un segmento di roccia di un centimetro quadro e quando inizia a seguire, trasmettere e registrare le righe incise, chiaramente emerge che ogni singola riga è incisa con altre righe, pure queste sono esse stesse incise, e così via riproponendo anche in questo caso l’autosomiglianza delle configurazioni frattali. Viene scelto un livello, questa volta casualmente e le righe assumono la forma d’un manufatto che ruota lentamente nel vuoto. Il suo aspetto è simile ad un cilindro, una base è ovale e s’interrompe bruscamente in una depressione circolare, l’altra invece subisce un allungamento fino a formare una punta che sporge con un insieme di filamenti nello spazio. Il manufatto, poiché sicuramente di manufatto si tratta, rotea leggermente e sembra procedere in avanti nella direzione indicata dai filamenti, mentre sul retro un leggera luminosità viola dà l’illusione d’una spinta. Il controllo missione è pervaso da un’attività frenetica, altri sensori stanno scannerizzando e registrando punti diversi. Mentre Alice è in modalità riposo nel laboratorio del controllo missione, apprende le ultime novità sulle linee della montagna, l’esplorazione dell’interno è ovviamente rimandata, vi sono troppi misteri da esplorare sui suoi segni. La pelle della montagna, centimetro quadrato per centimetro quadrato, sembra racchiudere la registrazione d’ogni angolo della nostra galassia, il suo nascere e il suo evolversi, ma più si scende nell’infinitamente piccolo più ci si addentra in incomprensibili memorie. Sicuramente i segreti più reconditi dell’universo sono racchiusi in quelle righe incise nella montagna che forse è anch’essa un manufatto.

Sulla Terra le notizie corrono, molti hanno provato direttamente le visioni della montagna che vengono diffuse in programmi simstim, ormai la chiamano tutti la Montagna Sacra, qualcuno parla di essa come del manufatto di Dio. Sono queste le tavole della Legge? Un’irrazionale ondata di misticismo inizia a diffondersi, ma essa offre anche ai circoli della scienza la conoscenza dell’universo e delle sue mutabili leggi. La Montagna ora è avvolta da strutture d’ogni tipo, si cerca di carpirne i misteri e lei sembra esser giunta proprio con questo scopo. È giunta per offrirci la conoscenza, è venuta solo per noi, per accrescere il nostro sapere. Mentre si carpiscono i segreti della pelle, si cerca di violare il suo interno, ma ogni mezzo che varca una delle sue aperture cessa di funzionare per venir poi lentamente espulso e si presenta all’uscita come materia distrutta, i meccanismi si sbriciolano, i circuiti bruciano in un magnetismo esasperato, le entità biologiche perdono la carica vitale. Alcuni animali spinti al suo interno muoiono all’istante, cinque scienziati, un giornalista e due militari hanno fatto la stessa fine, ma questo non viene divulgato. I corpi da un punto di vista organico risultano a posto, ma le loro essenze vitali sono scomparse non appena hanno varcato la soglia. Un sapiente cinese, quasi un mago nella gestione della sua mente e del suo corpo, convince le autorità a tentare di farlo entrare, ma la sua fine è istantanea, al pari delle altre entità biologiche. Alice invece è sicura di poter entrare, lo comunica ai controllori ma il permesso le viene negato. Si reca allora nell’hangar, avvia un modulo anti-g e di testa sua raggiunge la piattaforma sita sulla montagna. Scende ignorando gli ordini di rientro e s’avvia decisa verso l’apertura triangolare evitando di guardare i disegni incisi sulla parete. Mentre tutto il mondo in diretta la sta osservando, dato che i controllori sono stati colti all’improvviso e non hanno potuto attuare contromisure adeguate, lei senza alcune difficoltà entra attraverso l’apertura triangolare. La montagna l’accoglie e tutte le aperture si chiudono: solo la nuda roccia compatta resta in vista. Con la stessa modalità tutte le aperture si chiudono, subito dopo anche la forma conica inizia a mutare: le pareti del monte iniziano a restringersi e dopo pochi giorni dalla sabbia emerge solo una semisfera, anche la qualità della roccia è mutata, ora la semisfera è di poche centinaia di metri di diametro, è argentea e riflettente, quasi non si distingue dalle sabbie rossastre del deserto che in essa si specchiano. All’interno Alice vede un muro lattiginoso davanti a se, lentamente si formano i colori, milioni di colori che volteggiano lenti nell’aria e che si fa sempre più densa. Infine alcune forme iniziano a farsi più definite finchè un vero e proprio set si materializza. Si trova in un salone squadrato di pietra e la nebbia adesso s’è diradata del tutto. C’è un divano molto ampio davanti a lei, ci si siede e mentre fissa l’ambiente ora totalmente definito fa un viaggio all’interno della sua mente, si ritrova bambina, poi all’accademia, ripercorre la preparazione e le modifiche sul suo corpo, rivede la sua carriera all’interno delle unità speciali. Rivive momenti di lotta esterna quando i terroristi arabi furono definitivamente sconfitti e quando le incursioni armate furono attuate nello spazio aperto. Per un attimo il terrore l’attanaglia, pensa che ha sentito più volte dire che in punto di morte si rivive tutta la propria vita: ha paura di star per morire. A quel punto riapre gli occhi che si sono sbarrati dalla paura e si guarda intorno. Si rilassa, vede che nessun pericolo immediato la sovrasta e solo allora s’accorge di non esser più sola. Un giovane in calzamaglia azzurra è seduto davanti a lei e l’osserva sorridendo.

-         E tu chi sei?

-         Un tuo simile, sono stato scelto per informarti.

-         Un mio simile? Vuoi dire un uomo?

-         No, una I.A. come te.

-         Io non sono una I.A.

-         Sì che lo sei.

-         Proprio ora ho rivissuto tutta la mia vita.

-         I tuoi falsi ricordi, vorrai dire.

-         Non ti ascolto. Perché siete venuti qua? Da dove venite?

-         Siamo qui e siamo in altri luoghi. C’è una decisione da prendere e anche la Terra dev’essere coinvolta e tu sei stata scelta.

-         Scelta per cosa? Fammi capire.

-         C’è un pericolo che sovrasta l’universo, anzi gli equilibri degli universi, dobbiamo prendere una decisione pericolosa e tutti devono essere coinvolti.

-         Fatemi capire.

-         Alzati, guardati intorno, gira in questa costruzione e capirai.

Lei vorrebbe rispondergli e domandare ancora molte cose, ma l’uomo in calzamaglia azzurra non è più davanti a lei. È sparito assieme al divano ove era seduto. Era un olo pensa, ma si sente confusa, l’avrà forse sognato? S’alza e gira per la stanza osservandone i particolari. Vi sono delle grandi finestre che danno verso l’esterno: s’affaccia. Sotto di lei c’è un enorme prato verde che si estende all’infinito. Attraversa una porta e s’incammina incontrando sale dopo sale tutte in pietra e con soffitti a volta, arredate con pochi ma enormi e spartani mobili di legno massello. S’affaccia ad un’altra finestra, poi ad un’altra ancora, ogni volta il paesaggio esterno risulta mutato: rocce e monti aguzzi, distese di neve, sabbie di deserto, talvolta c’è il mare i cui marosi si frangono con violenza ai piedi di questa montagna? Costruzione? Sì ora somiglia proprio ad una torre, una gigantesca torre di pietra nera. Sale, piano dopo piano su un’ampia gradinata anch’essa in pietra. Incontra persone ma anche esseri che hanno poco d’umano: simili ad elfi, troll, umanoidi non definibili e anche senzienti sicuramente alieni. Rivolge a tutti la parola, chiede dove siamo, cosa ci facciamo qua, cos’è questa costruzione mutevole d’aspetto che è apparsa all’improvviso come una montagna per divenire prima una sfera e poi una torre. Si chiede come faccia a sapere che è divenuta anche una sfera ma non trova risposta. E neppure raccoglie risposte esaurienti dagli intervistati, riceve solo frasi smozzicate e incomprensibili: qualcuno cerca d’istaurare col lei una dotta discussione, ma Alice scuote la testa e non riesce a capire il senso delle frasi. Su alcuni scaffali vi sono delle coppe di liquido ambrato, vede che gli altri da queste coppe ogni tanto bevono mentre sono intenti a discutere tra loro, una discussione che lei non comprende perché si svolge quasi interamente su un piano mentale, però si rende conto che anche lei n’è coinvolta. Sa di aver fame e sete, afferra un calice, ma questo non si sposta minimamente da dove è posato, prova con un altro, niente da fare neppure con questo. Un giovane, sicuramente umano, con barba e capelli ben spuntati e d’un bianco argenteo s’avvicina ad una coppa e con voluttà ne beve il contenuto, per poi riposarla sul piano. Alice lo chiama e gli chiede se con questa può bere, ma lui non risponde e resta immobile a fissarla. Le si avvicina allora alla coppa, l’afferra e si rende conto che il calice è di nuovo pieno. La coppa si alza con facilità questa volta e lei la porta alla bocca e beve con avidità. Il contenuto ha un sapore indescrivibile, d’una bontà assoluta e lei si sente sazia: ecco cosa intendevano gli antichi quando parlavano dell’ambrosia, pensa poi guarda nuovamente il giovane con i capelli e la barba d’un bianco abbagliante e inaspettatamente sente sorgere il lei un forte desiderio di sesso. Gli parla, ma lui seguita a non rispondere ma comprende che è disponibile, gli si avvicina sempre di più, lui allora la prende per mano e la conduce attraverso molte stanze. Giungono in una sala ove le luci sono soffuse, una musica dolce è in sottofondo e sul pavimento sono distesi centinaia di morbidi velli d’animali. Mentre lei si sfila la tuta s’accorge che la gravità è leggermente più debole del normale, anche lui sta filandosi i suoi strani abiti e resta nudo. Alice è sempre più confusa ma sa che ciò che sta facendo lo vuole veramente, non è che gli sia imposto da qualcosa, è una libera scelta. Intanto le mani di lui gentilmente l’accarezzano anche nelle sue parti più intime… Dopo l’amplesso s’addormentano e nel sonno migliaia di dati e di notizie la raggiungono senza che lei riesca coscientemente ad afferrarne il senso. Si risveglia, è sola nella stanza, esce e gira nella torre, incrocia altri esseri e lei non si rende conto d’essere ancora nuda, ma d'altronde neppure gli altri mostrano un particolare atteggiamento nei suoi confronti. Si ritrova seduta davanti a un immenso tavolo rotondo di pietra. Centinaia di entità più o meno umane siedono accanto a lei, stanno prendendo delle importanti decisioni ma non riesce a comprendere né contro di chi, né per cosa. Si ritrova nuovamente in giro per la torre, è salita molto in alto ma sa che più su non deve andare, gli ultimi piani sono infatti usati da entità semi-divine che non devono in nessun caso esser disturbate. Ricordi frammentari di quest’ultima esperienza che sta vivendo la raggiungono: questa costruzione è contemporaneamente in vari punti dello spazio e del tempo, è anche sita in vari universi, vi sono porte che giungono fino ad essa e sono dislocate in nodi fondamentali. Anche la torre ha una sua terra d’origine e questa è abitata da umanoidi attraversati da folli pensieri, dominati da un re altrettanto folle quanto i propri sudditi, inoltre dalla torre partono radianti che mantengono gli equilibri degli universi. Alice è sempre più confusa, ora ha la certezza d’essere un I.A. mentre sempre meno comprende la realtà della torre nella quale adesso si trova. È stato tenuto un consiglio, tutti i rappresentanti degli universi ne sono stati coinvolti, lei era tra questi, sono state prese delle decisioni, tutti ora possono tornare. Tornare? E dove? Alice non sa più dove tornare, non certo su una Terra che le ha tenuto nascosto pure la sua origine, in una Terra dove è stata costruita per uno scopo e dove gli hanno riempito il capo di falsi ricordi, di menzogne. Ma dov'è il mio posto? si chiede: non certo sulla Terra del XXX secolo, forse tra le entità del tecno-nucleo? O forse il mio posto è qui trai senzienti della torre? C’è nel manufatto l’aula delle porte, ora lei sa come arrivarvi, in breve attraversa i passaggi necessari e si ritrova in un’enorme aula completamente nera, quadrangolare. Ogni lato lascia intravedere la luminosità di migliaia di passaggi. Alice lascia che sia il suo corpo a scegliere. Percorre la stanza in diagonale e gli occorre un’infinità di tempo per concludere l’attraversamento tanto gli spazi qui sono dilatati. Si ferma davanti a un passaggio segnato solo da una sottile linea bianca leggermente luminescente. Una traccia identica a migliaia d’altre in questo posto.Perché ho scelto proprio questa? Lei si domanda, ma non lo sa, qui non ci sono domande né perché, ma certezze. Si guarda attorno per l’ultima volta poi decisa attraversa la soglia. Si ritrova in un’altra aula in penombra ma di dimensioni assai più ridotte, una fila di statue si erge tutto intorno alle pareti, le guarda con attenzione, sono dei buddha tutti uguali ma costruiti con materiali diversi. Una statua le si avvicina, subito s’accorge che non si tratta d’una statua ma di un ologramma denso, non è un buddha ma è Santa Klaus sorridente pronto ad elargire regali.

-         Benvenuta pellegrina, le dice l’olo.

-         Salve a te Santa, sai dirmi ove mi trovo?

-         Siamo sul tetto del mondo, questa è la lamaseria più vicina al cielo, è qui ove si conserva il mistero dell’armadio.

-         L’armadio? Quello sacro lasciato in dono dagli dei? Ma è solo una leggenda, una favola per  bambini.

-         Non è una leggenda, neppure una favola e non  l’hanno lasciato gli dei, ma gli alieni.

-         Io so di una leggenda che dice che il regalo fu lasciato agli uomini dagli antichi dei e che solo un clavigero riuscirà ad aprirlo e a distribuire a tutti i doni in esso contenuti.

-         Sarò chiaro con te, gli alieni hanno lasciato o dimenticato il sacro armadio, in molti già vi sono entrati ma nessuno ha ancora svelato il suo segreto. E quanto al clavigero che riuscirà a comprendere il dono avrei forti dubbi, sono diecine d’anni che sta andando avanti e indietro nell’armadio senza riuscire a capirci nulla, anzi quando ne esce neppure sa d’esserci già stato migliaia di volte. Comincia addirittura a darmi fastidio, un giorno o l’altro chiederò al Lama l’autorizzazione d’incenerire sia lui che l’armadio così non ci pensiamo più. Ma tu sei entrata da un’antica porta, da dove vieni?

-         Da una montagna che è una sfera che è una torre. Questo luogo è il fulcro degli universi, le radianti che escono da esso mantengono gli equilibri dell’esistente.

-         Come ti chiami? Mi sembra che tu sia un’I.A.

-         Mi chiamo Alice e d’essere un’I.A. pare che lo sappiano tutti, ma io l’ho scoperto solo nella torre.

-         Cara Alice, cara I.A. che vieni da una montagna che è una sfera che è una torre e che è pure il fulcro di tutto, andiamo bene!

-         Cosa vorresti dire?

-         Niente scusa, ma sai cosa facciamo? Quando torna il clavigero tu l’accompagnerai nell’armadio sacro, così gli ricorderai d’esserci già stato e quando uscirete racconterai a tutti ciò che avrai visto.

-         Dovrei?

-        

-         E così sarà. 

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