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Autori Underground

http://www.mitiemisteri.it/images/donne%20fantasy/donna%2018.jpgPUZZLE 
di Giogi Consuelo

La mosca finalmente si e posata sul tavolo, si ferma un momento pulendosi zampette, muso, ali e didietro per poi iniziare la sua perlustrazione in cerca di zuccheri. "SBAMM!!" Un giornale si accanisce sulla mosca, mancandola ovviamente.
Un corpo femminile tanto sciatto quanto imbranato la insegue bestemmiando per tutta la cucina mentre il bambino osservatore la guarda annoiato.

La lotta finisce dopo neanche un minuto senza un vincitore e la donna si svacca in poltrona accendendosi una sigaretta... ora l'osservatore non ha più niente da fare.
Lo sguardo gli si riblocca fisso sui disegnini della tovaglia da discount, vorrebbe uscire a giocare con gli altri bambini ma la madre non gli e lo consente, è uno sforzo troppo grosso rischiare che si sporchi e poi doverlo pulire, i vestiti durano di più se stai in casa e non se ne parla neanche lontanamente di andare a trovare qualche amico, anche solo per fare i compiti, sono solo preoccupazioni in più e il disturbo di andarlo poi a riprendere, non se ne parla proprio.
Sono proibiti i giochi rumorosi, anzi tutti i rumori a dir la verità, per ogni lamentela sono botte, stupide lagne da moccioso, come quando devi mangiare tutto quello che c'e' nel piatto anche se ti fa vomitare e il tuo rifiuto equivale a dei manrovesci in piena faccia, sicuri e ben assestati sichè il sapore dei broccoli si unisce al dolce ferroso del sangue e poi al salaticcio delle lacrime creando un sapore quasi interessante.
Il bambino scrolla dalla testa il pensiero del cibo, anche quella sera ha mangiato qualcosa di schifoso ma non si ricorda già più cosa.
Il suo sguardo ora è fisso, ipnotizzato, si sposta adagio sull'ennesimo strato di carta da parati giallina a rilievi così molla e grinzosa sino a diventare incartapecorita negli angoli più alti.
Il soffitto fa trasparire il sottotetto di legno dove compaiono chiazze di muffa e umidità, contornate da insetti veloci che si inseguono tra le intercapedini.
Ruotando Ia testa nella piatta panoramica senza interesse, il bambino si dilunga sulla doppia porta d'entrata che sbattacchia incessante nelle sere d'inverno, più giù oltre l'uscio c'é il giardinetto delimitato, pieno d'immondizia, vicino ad altri mille giardinetti uguali.
Sotto le sue scarpe invece il bambino conosce lastre sovrapposte di mattonelle gelide e ancora più  in profondità il garage, che odora di ruggine e olii rancidi, con angoli dai macchinari bui tutti da scoprire, ma tanto non è permesso andarci.
Il mondo per lui finisce sulla soglia di casa e  all'interno ci sono giusto le stanze che sa contare un bambino: cucina, sala, bagno, camera dei grandi e camera sua.
Mamma guarda la televisione fumandosi una sigaretta dietro l'altra, il naso adunco e gli occhi stretti, i capelli stopposi e disordinati che puz­zano sempre di fritto, il corpo secco, nervoso e quelle mani arcigne dalle dita storte e le unghie lunghe e sporche sotto di una poltiglia fine e bianchiccia che di sicuro proviene  dai rimasugli delle sue abbondanti grattate alla testa dalla cute malata e stanca.
Quelle dita che gli sforbiciano; veloci la faccia alla mattina senza mai mollare la presa della sigaretta affumicandolo già a quell'ora mentre lo vestono distrattamente soffiandogli il fumo in faccia come un dragone cinese.
Al bambino lacrimano gli occhi e brucia la gola ma lei continua a toc­carlo ovunque, sopratutto con quel dito… l'indice, così giallo, amaro, tramortito dal tabacco, bruciante, dall'odore alla vista di essenza di nicotina nauseante.
Lo struscia ovunque nei goffi movimenti, ci graffia insopportabilmente il bambino, gli-e-lo passa in faccia, sotto il naso e se non sta fermo perché cerca di scostarlo, arriva la soluzione universale, pattoni freschi in faccia; come una volta che la sua sola vicinanza nicotomane gli stava provocando boccate d'acido, alla sola remota possibilità che gli avrebbe invaso i pavimenti di allegri conati variopinti lo spintonò sino al bagno e gli infilò due dita giallastre in gola a che il rigetto fu totale e immediato, soluzione estrema per l'amore di un pavimento lindo.
Mamma non si é ancora accorta che il piccolo la sta fissando, detesta quegli sguardi, poter essere giudicata da occhi troppo maturi per quel piccolo corpo.
La televisione é troppo alta, il marmocchio decide di andarsene in camera, neanche li c'é un bell'ambiente, mai a proprio agio, sempre fuori posto, guardandosi allo specchio scopre una faccina imbronciata sormontata da corti capelli biondi spettinati (lui non  si sa sciogliere i nodi da solo e raramente qualcun’altro lo fa), si rimira la salopet blu scura, é da troppo tempo che ce l'ha addosso, c'é odore di urina impregnata nella stoffa in mezzo alle gambe questo stantio gli fa bruciare un poco il linguine.
La sua forma é piuttosto cicciottella ma solo il giusto per i suoi 10 anni, sa anche di riflettere e sapere molte più cose di qualsiasi altro bambino della sua età, non può fare altro, solo pensare in silenzio, nessuna lamentela, nessun gioco, le regole sono semplici e i grandi hanno sempre ragione.
Anche guardare fuori dalla finestra é deprimente, non c'é niente d'invitante laggiù, le luci della città sono così lontane e poi tanto lui non l'ha mai vista questa città, più spostato a est invece c'é il buio della campagna che rimane solo un nome, anche li non c'è mai stato.
Conosce solo un posto, un mondo a parte dove vive lui, uno e unico, la periferia.
Quando non hai più niente da guardare, pensi, non c'é altro da fare e allora i ricordi e le ingiustizie ritornano, ogni giorno è sempre uguale, come la scuola, te ne stai da solo senza mai avere le cose, i vestiti come gli altri bambini, nessuno ti aiuta a fare i compiti e tu hai vergogna di richiedere spiegazioni agli insegnanti così fai tutto male, i maestri chiamano mamma e papà e tutti dicono che crei solo noie, problemi, fastidi è un circolo vizioso  ed è sempre la stessa storia.
I maestri ti fanno domande ma tu non sei molto allenato a parlare, così non rispondi, non giochi neanche con gli altri bambini, non è che te ne freghi molto in fondo, sono sempre a ridere come dei deficienti e tu non ne sei capace.
Hai cercato ma non riesci a sorridere, ti può far male la faccia se non ci sei abituato è una smorfia che non viene a tutti ed è difficile ricordarsi se si e mai provata.
Tanto la scuola é solo un'altro monoblocco periferico senza colori, a spazi delimitati con le finestre che danno sul niente atmosferico e il viaggio con lo scuola-bus una litania di particolari: case, strade, semafori, negozi ripassata sino al vomito.
Poi al bambino viene in mente Halloween, la festa che gli piace di più, la giornata dei mostrI e tutti i suoi compagni sono mascherati e lui no, quando l’aveva chiesto a mamma lei gli aveva rIso in faccia, perchè spendere soldi per una cavolata simile, spreco di tempo e denaro, discorso chiuso.
Così niente era mai stato come per gli altri bambini, nessun vestito, niente dolci, niente. Tutto era sbagliato, come quando mamma ti fa tagliare i capelli dal barbiere per pochi soldi in maniera brutta e ridicola, lei non capisce e a scuola ti prendono in giro ed è giusto così, non puoi far niente per impedirlo, i capelli se lo meritano.
Inutile, tutti i pensieri vanno in tristezza e poi in odio verso i genitori, prima era depressione capricciosa poi tramutata in odio sterile e forse dopo in rabbia feroce.
Solo la fantasia può salvarti a volte con i suoi mostri e i sogni infiniti, anche se da un po’ dì tempo non è più così...
La porta d'entrata è sbattuta in malo modo e sbirciando dalla camera il bambino vede quello che vede ogni giorno nella quotidianità dell'orrore, un'uomo tarchiato e corpulento con una grande pancia molliccia e pelosa, una faccia scura e un'orripilante stempiatura alta e precoce che rifugge un riflesso unto dalla luce sovrastante, ricorda bene quella fronte il bambino, in primissimo piano ogni volta che gli è addosso per picchiarlo.
Il suo caro papà, ogni volta che ti passa vicino con il suo  alito caldo da alcolizzato ti salta addosso, la sua presenza e sporca e surreale nella sua canottiera e pantaloni chiari pieni di macchie sugose; ed eccolo sicuro prende una birra dal frigo e si sdraia sulla poltrona a guardare la TV con la mamma accanto... il bambino non esiste, il suo scopo è creare meno incombenze possibili, già il fatto di "essere" é abbastanza pesante.
Il bimbo richiude la porta dietro di se, sta diventando buio, così si prepara ad andare a dormire, ma la sua stanza non è più la stessa dopo il tramonto, ogni scricchiolio diventa insopportabile, ogni ombra un mostro, sinché c'è il rumore della televisione nell'altra stanza  tra colonne sonore distorte e brusii leggeri ti puoi dare coraggio, uno strano senso di protezione via etere; ma quando anche quello cessa, i respiri diventano più forti e ogni storia, ogni superstizione raccontata dai genitori, ogni fumetto o cartone animato pauroso ti rivengono in mente.
C’è veramente qualcosa che si muove, come uno scricchiolio leggero di unghie che giocano con il legno, piccole correnti gelide abbracciano il bambino che si è rannicchiato facendosi sempre più minuscolo nel letto, con gli occhi sbarrati incollati all’armadio.
E’ da giorni che questi rumori vanno avanti dal mobile ammiccante ma questa volta sembrano decisi a venire fuori.
La porticina inizia ad aprirsi cigolando piano piano e qualcosa di nero, sottile ma spigoloso inizia ad uscirne, insidioso come un'ombra ma con una palpabilità scheletrica, il bambino dimentica anche di respirare ma continua a guardare, lo sguardo fisso negli occhi aperti in maniera innaturale.
E' qualcosa che esce strusciando e scrocchiando scuro come il fumo, lentamente inizia ad avere ma forma più definita, due uniche mani con dita e braccia lunghissime e sottilissime contro ogni legge naturale, non sono molle ma adunche, ricordando le radici storte e arcigne degli alberi.
La cosa più pericolosa‚ che non assomiglia a nessun mostro di cui il bambino ha sentito parlare, quello non è il babau, non è l'uomo nero‚ è molto peggio…   terrore puro a schegge di ghiaccio nella colonna vertebrale.
I tendini sono tirati, il viso sofferente e finalmente l'urlo esce veloce e continuo, le luci si aprono all'improvviso e tutto finisce.
Irrompono i genitori paonazzi di collera per averli svegliati a quell'ora e senza far domande visto che è vivo e che non sprizza sangue da ogni poro lo riempiono di schiaffoni ma il piccoletto non sente le lacrime, le urla, la bava in faccia, la stempiatura traslucido-alcolica e il dito giallo amaro sulla sua faccia ma continua ad avere addosso quelle mani secche e l'oscurità dove l’avrebbero fatto piombare.
Gli schiaffi inferociti gli piombano addosso tanto più lui gli racconta, cos'ha visto dandogli del moccioso bugiardo che crede ancora ai mostri e quando gli ricordò che loro erano stati i primi a inculcargli in quantità industriale le più famose leggende infantili come le streghe e i lupi mannari lo picchiarono ancor di più, infastiditi di essere stati ribattuti con la verità.
La questione si chiuse per quella notte con la faccia gonfia e bruciante del bambino al fresco tra i cuscini del divano dove ebbe il permesso di dormire per quella e molte altre notti ancora, intanto la routine solitaria e silenziosa continuava con il terrore di quello che dimorava dopo il tramonto nel suo armadio aspettandolo e l'apatica incredulità della madre dal dito giallo e il padre dalla stempiatura lucida e cattiva.
Venne il giorno che i suoi genitori lo costrinsero a ridormire in camera sua, a nulla servirono i piagnistei isterici e le suppliche se non a fargli dare‚ qualche sberla in più.
Solo al buio, nel silenzio dell'oscurità dei bambini, che è molto più piena di quella dei grandi.
Gli scricchiolii iniziarono sommessi, piccoli movimenti bui, la porta si apriva più lentamente questa volta e gli spostamenti del mostro sembravano infinitamente più remoti, quasi che lo stesse prendendo in giro.
Stava giocando con lui, tutta quella lentezza era insopportabile, le grida gli riscoppiarono con ansia in gola e anche questa volta altri due mostri di carne chiamati mamma e papà… lo assalirono tra insulti e manate.
Ogni sua ragione di panico per l'armadio veniva soffocata come menzogna infantile ma questa volta doveva imparare la lezione, sarebbe rimasto li a dormire.
Per quella notte non successe più niente ma la successiva lo stress stava facendo impazzire il bambino, i mostri, la realtà e la fantasia come vorticose girandole nere, stava vaneggiando, vedeva, sentiva ombre e rumori ovunque ma la sua avversione principale non era per l'essere dell'armadio ma per i suoi genitori, si sentiva logorare dentro dalle loro voci, le loro oscene risate, i loro corpi rigetti in ogni particolare, l’incomprensione assoluta.
Così nella notte, prima che iniziassero i rumori, tremante di paura ma convinto come un’adulto, il piccolo barcollò a piedi scalzi sino all'armadio e iniziò a trascinarlo, deciso a portarlo sino in camera dei genitori per dimostrargli che il mostro c'era davvero e con la speranza che li avrebbe sbranati.
L’armadio non molto grande, ma per la mole di un bambino di 10 anni è enorme, così a piccoli passetti con la fronte imperlata di sudore freddo il piccolo iniziò e trascinare l'armadio mostro. I piedini desensibilizzati dal pavimento gelido gli scontrano continuamente ai bordi del mobile sbucciandogli le unghie in minuscole goccioline di sangue, le tempie gli pulsano per lo sforzo quando si accorge di essere arrivato solo a metà corridoio.
Doveva sbrigarsi prima che il mostro venisse fuori, era come avere tra le braccia tutte le sue paure in ma scatola di legno, mentre continuava il suo trasporto facendo meno rumore possibile, il fiato gli diventava ad ogni passo più pesante, sentiva un retrogusto di sangue come quando corri corri così tanto da star male.
Infine l’armadio entra lentamente in camera dei genitori che dormono scombinatamente con abbondanti porzioni di carni flaccide scoperte; le cosce e la panciona del padre sembrano carni andate a male, gli ricordano le carni incelofanate sotto le fredde luci a neon da supermercato, in certe notti il bagliore bianco della luna ne è molto simile, privo di ogni sua romanticità assomiglia di più al lumino di un carniere.
Con un'ultimo sforzo il bimbo posiziona l’armadio di fronte al letto dei dormienti per poi ranicchiarsi in un angolo e aspettare ansioso la solita litania di scricchiolii, l’apertura dell'anta sull'oscura entità… ma non succede niente, l’attesa è frustrante e insopportabile, nessun rumore proviene dall'armadio che funzioni solo in camera sua?
Allora il panico fa irrigidire il bambino, lo squote, lo fa fremere d’impazienza tanto da farlo iniziare a spintonare il mobile, lo prende a calci, ci si sbatte contro facendolo pericolosamente ondeggiare nella speranza che si risvegli il mostro o almeno di farlo innervosire.
Chi si svegliano sono invece mamma e papà che dopo un primo rimbombamento dal mondo onirico capiscono la situazione inverosimile solo quando si accorgono dell'armadio con il bambino vicino che sa già quello che gli aspetta.
I loro occhi sono lucidi di rabbia e questa volta i loro colpi sono ancora più violenti, non hanno capito perché l’armadio è arrivato lì, ne le intenzioni del bambino, sono solo inferociti perchè ha dimostrato ancora di essere vivo, presente, un problema, una noia nelle loro vite e un altro comportamento imprevisto da aborrire.
L’armadio viene riportato dal padre al suo punto di partenza e il bambino trascinato via con lui dalla madre, tutto è talmente veloce, in fotogrammi spasmodici e ripetitivi negli occhi del bambino che non ha più voglia neanche di ribellarsi; le solite mani che lo strattonano, quel dito giallo ovunque amaro e bruciante, gli sguardi sciupati e banalmente cattivi, la pancia molle e pelosa rigonfia di birra del padre, che vibra sotto i colpi che lui stesso gli ferza.
Superbo parricidio infantile, visioni di massacri remoti, quanto vorrebbe strappare negli occhi, sbranare quel dito giallo, cappottare a cranio aperto la pelle lucida della fronte stempiata, sbrindellare a morsi i seni glabri della madre, avere la forza di reimpastare quei due corpi corrotti come se fossero malta senza ossa, spiaccicarli tra di loro in mezzo alle urla di un pongo carnoso che sprizza sangue in schiumetta frullata.
Tra le lacrime più che altro istintuali e il fiele che gli stava facendo sciogliere il cuore, il suo corpo si stava pericolosamente avvicinando all’armadio aperto trasportato da mani troppo forti.
Con una scossa di realtà il bambino ripiomba nel panico capendo troppo tardi la sua nuova punizione, era stato messo dentro l'armadio e chiuso a doppia mandata, a nulla servirono i calci e i pugni contro l'apertura, c’era solo una fessura, spirale di luce tra le due ante e poi più neppure quella, l’aria era soffocante e lui era sopraffatto ovunque da indumenti e crucce che gli cadevano in testa e gli bloccavano i movimenti.
I rumori fuori sono cessanti, gli adulti non ci sono più e ora lui stava proprio nella tana del mostro, preferiva estere preso nuovamente a calci dai genitori che questo, oppure no? Aveva smesso piano piano di dibattersi, ogni più piccolo rumore gli provocava dei salti al cuore anche se si ripeteva per farsi coraggio che era lui stesso a provocarli, si sentiva la gola così secca da non riuscire a deglutire, avrebbe voluto mettersi a dire qualche filastrocca stupida o la canzoncina coraggiosa di qualche cartone animato per darsi forza, così magari mamma e papà l’avrebbero tirato fuori ripicchiandolo per il rumore e la disobbedienza ma almeno sarebbe uscito… invece sentiva la sua gola come paralizzata non riusciva ad emettere nessun suono nel mondo reale.
Il suo respiro, corto e affannoso gli teneva compagnia, un brutto sapore si faceva strada nella sui bocca, il sapore della paura.
Dato che come al solito non c'era nient'altro da fare si mise e pensare e ad aspettare mentre la sua mente viaggiava su tutte le ingiustizie, tutte l'incomprensione del suo mondo, la paura per i mostri iniziava a sciogliersi prevaricata da un'odio profondo per i genitori… i mostri potevano essere degli alleati, prima però doveva convincerli.
Li vedeva finalmente in quel buio quasi materno, stanno in un'enorme spazio oscuro, tutti messi in fila come dei giudici con i loro banchini di legno marcio.
C’erano proprio tutti: il Babau che ti prende se non vai a letto presto, la Strega Cattiva che ti porta via se non mangi tutto nello che hai nel piatto, l'Uomo Nero che ti fa sparire se fai troppo rumore o spacchi qualcosa in casa o semplicemente non rispetti le regole dei grandi, il Lupo Mannaro che ti sbrana se torni tardi da scuola e via dicendo… e c'era anche lui laggiù per ultimo, il Mostro dell'armadio sempre misterioso nella sua non forma nera solo le mani ritorte e le lunghe braccia si intravedevano appena.
Così il bambino inizia a spiegare le ragioni della sua vita impossibile e ingiusta con i genitori, parla a lungo e in maniera convincente, descrivendo sopratutto il dito giallo della madre neurotica che acre nicotomane gli graffia la faccia, il fumo nervoso sul suo viso ogni mattina che gli fa lacrimare gli occhi e inasprire la gola e poi anche di suo padre,                          dei frontone lucido e unto, della pancia viscida e villosa, l’alito alcolico, i pori dilatati e i peletti che gli escono dal naso, terribilmente vicini ogni volta che lo picchia chino su di lui con le mani ruvide e pesanti, mai gentili.
I racconti continuano e tutti i mastri, lentamente uno alla volta sono illuminati da una luce strana,come un neon argentato man mano che li convince e ha il loro benestare.
Il bambino continua a parlare, descrivere situazioni, non aveva mai parlato tanto in vita sua e senza neppure muovere le labbra, ne era felice, i mostri in fondo non amano il silenzio e neanche lui.
Nessuno gli sorrideva ma tutti capivano, ormai erano tutti illuminati, la Strega, il Baubau, l'Uomo Nero ecc… solo uno rimaneva al buio, il Mostro dell'Armadio e il bimbo sa che ne  non lo avrebbe convinto tutto sarebbe stato inutile e la sua lotta incompleta, così continuava a parlare, a spiegargli situazioni inique da veri dittatori, comportamenti egoistici ma niente il Mostro dell'Armadio stava li fermo in ombra, tra il buio che è proprio della sua struttura, le mani sinistre e le lunghe braccia non si muovono.
Il bambino continua a parlare ormai da un po’ sulla solita retorica, quando gli viene un'idea e fa un'offerta al mostro.
Promette che gli porterà il corpo di un genitore in dono se gli da il suo permesso, il mostro non si illumina ugualmente ma si capisce o almeno spera il bambino che abbia accattato.
Il corteo dei giudici mostri e le tenebre spariscono con l'arrivo del giorno e dei genitori che tirano finalmente fuori il bambino dall'armadio, questo non aveva chiuso occhio durante la notte ma appare con una strana aria compiaciuta e sicura di se con un'espressione catatonica, quasi burlesca nonostante non traspari nessun sorriso dal suo volto.
I due adulti lo strattonarono ancora un po’ senza interesse per vedere se ha capito la lezione e il suo silenzio li ripaga ampliamente.
Così il bambino ricomincia fare quello che faceva sempre, pensare ma questa c'è uno scopo finale e i mostri sono dalla sua parte.
I suoi comportamenti divengono sempre più impeccabili e regolari, non fa più domande, niente più lamentele, finisce senza assaporare ogni cosa che ha nel piatto, ha scuola cerca di applicarsi così non ci sono più problemi con i compiti e si veste persino da solo, e così autosufficiente che la madre ogni tanto si dimentica anche di rifargli il letto o di svegliarlo per andare a scuola.
Finalmente la sua presenza non è più un peso, non si sente neanche la sua presenza in casa, era quello che volevano i genitori, non accorgersi che esisteva impegnarli il meno possibile come un silenzioso pesce rosso o un timido criceto.
Intanto il bambino osserva e aspetta nei giorni e le settimane, un'ospite muto che si aggira per casa nell'apatia degli adulti, e le notti sono tornate tranquille il mostro non era più tornato, non era più suo nemico, ora aspetta il suo premio.
Finalmente in una serata uggiosa mentre lui era già a letto ma non addormentato, con i sensi all'erta e gli occhi divaricati, i cigolii delle molle e le assi avevano smesso di danzare a sangue nell’altra stanza e anche quei fastidiosi sospiri sono cessati, i due esseri adulti avevano finalmente smesso di accoppiarsi.
Ora lui sapeva già cosa sarebbe successo, come da manuale la madre si sarebbe messa a fumare le sue 2 o 3 meritate sigarette di pessima marca a letto leggendo uno di quei squallidi librettini rosa senza figure e con un pessimo odore di carta stampata (l’odore di un libro è importante, ti può dare i brividi o far vomitare come il suo contenuto).
Il padre invece si sarebbe stravaccato sulla poltrona a guardare senza interesse un qualsiasi film o programma da encefalogramma piatto buttandoci giù dietro almeno un cartone di birre in offerta da 6.
Lentamente entrambi si sarebbero assopiti, l’andrenalina di un'orgasmo triste svanisce presto, lasciando spazio alla catalessi delle droghe legali… così il bambino decide che sarà quella la notte del loro sacrificio.
Sbirciando dalla porta con un sottofondo di ronzii televisivi, una lattina di birra cade a terra da una mano nerbuta a ciondoloni, quello è il momento, anche mamma dovrebbe essersi ormai addormentata.
Il piccolo esserino sgattaiola a piedi nudi sino in bagno, non ha un'idea precisa di come ucciderli ma sa che con la forza fisica di uno scontro diretto non avrebbe possibilità, allora apre l'armadietto dei medicinali e tira fuori tutto ma proprio tutto nello che c'è.
Inizia a leggere tutti i foglietti illustrativi uno per uno, parole impronunciabili e sconosciute gli si parano davanti con la difficoltà e la lentezza che può avere un bambino di 10 anni a leggerle.
Invece tutto assume sempre più velocità sotto i suoi occhi, la voglia di imparare in fretta, la paura che i genitori si sveglino, la smania della vendetta che gli nutre la vista e la bocca che così sussurra veloce anche le parole più incomprensibili.
Il bimbo capisce che gli argomenti più interessanti sono le controindicazioni gli effetti indesiderati e collaterali e le interazioni con altre sostanze come l'alcool o altri medicinali stessi, continuando a leggere e rileggere scopre che i mescoloni più potenti possono provocare emorragie, vomito, spasmi, convulsioni, allucinazioni e nei casi più gravi la morte.
Così viene preparato un bel miscuglio dei barbiturici più potenti in diverse misture sperimentali e messo nella birra già aperta e pronta per il risveglio di papà ed un'abbondante imbevuta nelle sigarette di mamma, la spazzatura di cartelline, flaconi e tubetti vari viene fatta sparire e il bambino soddisfatto torna in camere con la porta socchiusa attento ad ogni movimento.
E la madre che si sveglia per prima dati gli scricchiolii della camera accanto e la prima cosa che fa‚ naturalmente accendersi ma sigaretta, l’odore di nicotina rancida permea ovunque nell'aria e sulle superfici, per fortuna l'accanita fumatrice non nota nessun sapore o odore sospetto o comunque non gli e ne frega niente ad un tratto si alza e gli passa così vicino alla porta dove sta spiando da farlo sobbalzare ma lei non lo nota neppure, passa veloce, figura ossuta e sciatta profumata di nicotina di serie Z e cavolo fritto.
Si prende una birra dal frigo svegliando così anche papà che pigramente si passa ma mano stropicciandosi la faccia mentre con l'altra continua la sua birra ignaro del contenuto e cesso com'è trangugiandola in due sorsate non ne sente del tutto il nuovo sapore manipolato ma abbastanza per tirare una bestemmia dicendo che doveva essere andata mezza a male o doveva esserci andato qualche insetto a morire rendendola imbevibile mentre lui dormiva, fatto sta che l'ha svuotata.
I sintomi sono lenti a venire, ma arrivano; si stanno per rimettere a letto che iniziano a lamentarsi uno con l'altro di avere mal di stomaco e un forte mal di testa, il più a frignare è papà, lui fa sempre ma tragedia per un nonulla eppure non ha mai provato i colpi che lui stesso inferte.
Papà dice che gli viene da vomitare, i rumori del suo stomaco si sentono anche con una parete di mezzo, si precipita in bagno 2,3 volte ma non riesce a vomitare, piuttosto va in merda, un'odore assurdo e penetrante di cloache putrescenti invade la casa, ha le lacrime agli occhi e si sente debolissimo, ordina alla mamma di chiamare un'ambulanza mentre si accascia a terra dov'è riscaldato dalla sua stessa merda, continua ad andare di corpo come un bambino anche se ormai esce più sangue che materiale marrone, trema ha delle contrazioni allo stomaco che si tiene stretto  quasi abbia paura di cagarsi anche gli organi interni.
Il bambino è soddisfatto di aver messo sostanze diverse nell'uno e nell'altro cocktail per paura che non tutte fossero abbastanza nocive, ma lo sono e anche troppo, solo che in maniera diversa, due scelte differenti dimostre dell'atrocità.
Anche mamma svariona, sbatte contro gli spigoli, i muri, cerca di prendere il telefono ma lo urta gettandolo in terra, le lacrimano gli occhi e inizia a vomitare sempre più forte, i conati riecheggiano nelle mura disperate, sembra in preda ad allucinazioni, finchè non c'è più niente da vomitare, il pavimento è disseminato di allegre chiazze e schizzi giallo verde, cosa avevano mangiato per cena? A si, minestrone.
Ormai la donna si trascina rigettando acqua e bile scura dalla bocca, faticando a respirare con la gola e il palato ostruiti da una patina di acido continuo, dal naso si formano bollicine e rivoletti di rigetto… le vie del vomito sono infinite.
Finalmente i due si accasciano a terra, ora il bambino non ha più paura dei grandi, esce dal nascondiglio ancora un po’ titubante e si avvicina ai due corpi stesi uno in bagno, uno in camera, respirano ancora anche se debolmente, ci vuole un'aiutino finale, sentiva sempre dire di non, lasciare aperto il gas perchè oltre a poter far esplodere la casa ci si può morire soffocati.
La cucina‚ poco distante ma i due corpi sono pesanti anche se trascinati uno alla volta portandosi dietro le chiazze di vomito con i piedi.
Il bimbo apre il forno e lo mette al massimo, ci mette un po’ a posizionare i genitori nella  maniera giusta aiutandosi con cuscini e libri,la testa deve stare dentro tra una piastra e l'altra e anche se sono privi di sensi gli lega i polsi con dello scotch, non si sa mai.
I corpi non mandano neppure uno scossone nella mezz'ora seguente, forse erano già morti da prima o forse il gas‚ un'assassino molto dolce.
Quando l'odore di gas diventa troppo pesante anche per il bambino, questo decide che può bastare, tira fuori i genitori, spegne il gas e li osserva a lungo nelle facce cianotiche.
Li aveva odiati così tanto in vita, che da morti gli facevano schifo ugualmente, nonostante non gli potessero più nuocere, osservandoli bene però non sapeva decidersi quale dare in dono al Mostro dell'armadio... così si mise a trascinare piano i due corpi in bagno, procurandosi coltelli, spille di balia, spaghi, graffette e fil di ferro e decide di ricavare il meglio dei genitori in un'unico corpo lasciando gli scarti nell'altro.
La prima cosa era segare quell'abbietto dito giallo dalla mano della madre, quanto l'aveva detestato e ora via di netto in suo potere, poi ripensandoci decise di rancargli via entrambe le mani ossute e bisbetiche preferiva quelle del padre anche se così tanto pesantemente la aveva provate su di lui, sono più proporzionate senza unghie lunghe anche se un po’ pelosette.
Il corpo della madre è molto migliore, niente panciona e niente peli ma quelle due cose glabre sul petto devono sparire, a tagliarle scoprì che dentro sono viscide e spugnose, senz'altro degli scarti.
Poi c’è la faccia, il naso insopportabilmente grosso e gobboso che viene segato via e gli occhi cavati, non gli sono mai piaciuti gli occhi di sua madre... le pupille sono più dure di quello che pensava e ci mette un quarto d'ora ad asportargliele tra cucchiai e pinze scivolose per gli umori.
Ora toccava al padre che è quasi tutto uno scarto, delle grezze incisioni con il taglierino gli servono per togliere la sottile pelle sopra la testa, aveva annullato per sempre quel frontespizio unto, il naso e gli occhi sono subito rancati e riattaccati alla bella e meglio sul viso della madre, la pancia e i peli vanno tolti, i primi scarnificando direttamente la pelle dal muscolo con pelo incluso ma il lavoro così risultava troppo lungo allora prova a dargli fuoco; i peli fiammaggiano blu elettrici negli occhi deliziati dei bambino, si accartocciano e diventano cenere lasciando uno spiacevole odore di bruciato e raggrinzendo in scottature profonde la pelle sotto.
La pancia aperta contiene tantissimi organi molli che vengono tolti in blocco per richiuderla malamente, così vuota e glabra arriva sin quasi alle ginocchia sembra la risacca di un'improbabile marsupiale …morto.
Il corpo della madre in definitiva venne scelto come  migliore in confronto a quello del padre, dove invece sono messi anche gli altri scarti, ossia seni, occhi, naso e mani della consorte e lasciati li nel bagno in un lago di umori freddi.
Era tardissimo, le carni sono faticose da rimettere insieme, tagliare, riassemblare, i nuovi pezzi aggiuntivi stanno su per miracolo con gancetti e spille da balia, si erano incastrati insieme per centinaia di coiti ma ora sembravano rigettarsi in un semplice puzzle di materie umide e acciaio pungente, eppure al bambino sembra un lavoro fantastico.
Orgoglioso si trascina via il cadavere in camera, lentamente per paura di sciuparlo, ovunque ci sono laghetti di sangue e un'odore ferroso e profondo su ognuno.
Anche il bimbo‚ dipinto di rosso dalla testa ai piedi, stanco, stremato ma felice… ora deve solo aspettare che il mostro si prenda il suo regalo e poi si sarebbe addormentato felice. Dopo vari sforzi e pezzetti di carne che si perdevano per la strada il piccolo posiziona il corpo dentro l'armadio, lo chiude e si mette a letto senza dormire aspettando che il suo mostro arrivi e magari lo ringrazi.
La notte continua incurante delle sua vittime e il mostro non si fa sentire, il bambino inizia speranzoso ad innervosirsi, apre l'armadio per vedere se il corpo c'è ancora e poi lo richiude, sempre più spesso e freneticamente controlla gli avvenimenti e il corpo è sempre lì, si inizia ad illudere che magari si è mosso un pochino che il mostro l'ha appena toccato ma è lui stesso che aprendo e chiudendo l'armadio di continuo sposta il corpo infinitesimalmente.
Forse è troppo tardi o troppo presto o non gli piace il corpo, c’è qualcosa che non va l’attesa sta diventando frustrante, perchè non poteva mai essere felice e andargli tutto bene? Le orecchie erano all’erta per carpire ogni più piccolo movimento proveniente dall'armadio ma niente, sentiva rumori che non c'erano sovraeccitato dal loro bisogno.
Quando all'improvviso un rumore reale, pulito, inconfondibile si faceva eco nella stanza ma non è quello che desiderava, era la porta che si apriva e si richiudeva, la porta della sua stanza, dietro di lui.
Non ce la faceva a girarsi, il caldo liquido tra le cosce gli annunciò la distruzione di ogni suo coraggio… alla fine trovando la forza di girarsi vide ma cosa peggiore di qualsiasi mostro, i suoi genitori, integrati in scarti in un unico essere, il peggio di mamma e di papà uniti da lui stesso, lo scarto da buttare.
Lo osservano rigide pupille posticce, le carni si ribaltano ondeggiando ovunque, un brutto puzzle di carne che lo troneggia.
Quanto avrebbe voluto in quel momento sentire le loro grida, i soliti schiaffi, i violenti odori di sempre e invece no, solo silenzio, sentore acre di sangue, il dito giallo ammicca ancora una volta in un corpo che non è il suo, le tette molle pendono su di una pancia svuotata maschile senza più intestini, occhi cattivi, scarnificati, fissi, non ci sono più palpebre per pregarti di non guardarti, naso adunco, fronte stempiata e lucida anche nella semi oscurità. Solo uno scatto, una corsa veloce e il bimbo si infila nell'armadio chiudendocisi dentro, forse con la luce sarebbe sparito tutto ma le tenebre avrebbero insistito ancora per molto. Ma il bambino non si ricordava che nell'armadio c'era qualcun'altro ad aspettarlo...

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