La
mosca finalmente si e posata sul tavolo, si ferma un momento pulendosi
zampette, muso, ali e didietro per poi iniziare la sua perlustrazione in
cerca di zuccheri. "SBAMM!!" Un giornale si accanisce sulla mosca,
mancandola ovviamente.
Un
corpo femminile tanto sciatto quanto imbranato la insegue bestemmiando
per tutta la cucina mentre il bambino osservatore la guarda annoiato.
La
lotta finisce dopo neanche un minuto senza un vincitore e la donna si
svacca in poltrona accendendosi una sigaretta... ora l'osservatore non
ha più niente da fare.
Lo
sguardo gli si riblocca fisso sui disegnini della tovaglia da discount,
vorrebbe uscire a giocare con gli altri bambini ma la madre non gli e
lo consente, è uno sforzo troppo grosso rischiare che si sporchi e poi
doverlo pulire, i vestiti durano di più se stai in casa e non se ne
parla neanche lontanamente di andare a trovare qualche amico, anche solo
per fare i compiti, sono solo preoccupazioni in più e il disturbo di
andarlo poi a riprendere, non se ne parla proprio.
Sono
proibiti i giochi rumorosi, anzi tutti i rumori a dir la verità, per
ogni lamentela sono botte, stupide lagne da moccioso, come quando devi
mangiare tutto quello che c'e' nel piatto anche se ti fa vomitare e il
tuo rifiuto equivale a dei manrovesci in piena faccia, sicuri e ben
assestati sichè il sapore dei broccoli si unisce al dolce ferroso del
sangue e poi al salaticcio delle lacrime creando un sapore quasi
interessante.
Il
bambino scrolla dalla testa il pensiero del cibo, anche quella sera ha
mangiato qualcosa di schifoso ma non si ricorda già più cosa.
Il
suo sguardo ora è fisso, ipnotizzato, si sposta adagio sull'ennesimo
strato di carta da parati giallina a rilievi così molla e grinzosa sino a
diventare incartapecorita negli angoli più alti.
Il
soffitto fa trasparire il sottotetto di legno dove compaiono chiazze di
muffa e umidità, contornate da insetti veloci che si inseguono tra le
intercapedini.
Ruotando
Ia testa nella piatta panoramica senza interesse, il bambino si dilunga
sulla doppia porta d'entrata che sbattacchia incessante nelle sere
d'inverno, più giù oltre l'uscio c'é il giardinetto delimitato, pieno
d'immondizia, vicino ad altri mille giardinetti uguali.
Sotto
le sue scarpe invece il bambino conosce lastre sovrapposte di
mattonelle gelide e ancora più in profondità il garage, che odora di
ruggine e olii rancidi, con angoli dai macchinari bui tutti da scoprire,
ma tanto non è permesso andarci.
Il
mondo per lui finisce sulla soglia di casa e all'interno ci sono
giusto le stanze che sa contare un bambino: cucina, sala, bagno, camera
dei grandi e camera sua.
Mamma
guarda la televisione fumandosi una sigaretta dietro l'altra, il naso
adunco e gli occhi stretti, i capelli stopposi e disordinati che
puzzano sempre di fritto, il corpo secco, nervoso e quelle mani arcigne
dalle dita storte e le unghie lunghe e sporche sotto di una poltiglia
fine e bianchiccia che di sicuro proviene dai rimasugli delle sue
abbondanti grattate alla testa dalla cute malata e stanca.
Quelle
dita che gli sforbiciano; veloci la faccia alla mattina senza mai
mollare la presa della sigaretta affumicandolo già a quell'ora mentre lo
vestono distrattamente soffiandogli il fumo in faccia come un dragone
cinese.
Al
bambino lacrimano gli occhi e brucia la gola ma lei continua a
toccarlo ovunque, sopratutto con quel dito… l'indice, così giallo,
amaro, tramortito dal tabacco, bruciante, dall'odore alla vista di
essenza di nicotina nauseante.
Lo
struscia ovunque nei goffi movimenti, ci graffia insopportabilmente il
bambino, gli-e-lo passa in faccia, sotto il naso e se non sta fermo
perché cerca di scostarlo, arriva la soluzione universale, pattoni
freschi in faccia; come una volta che la sua sola vicinanza nicotomane
gli stava provocando boccate d'acido, alla sola remota possibilità che
gli avrebbe invaso i pavimenti di allegri conati variopinti lo spintonò
sino al bagno e gli infilò due dita giallastre in gola a che il rigetto
fu totale e immediato, soluzione estrema per l'amore di un pavimento
lindo.
Mamma
non si é ancora accorta che il piccolo la sta fissando, detesta quegli
sguardi, poter essere giudicata da occhi troppo maturi per quel piccolo
corpo.
La
televisione é troppo alta, il marmocchio decide di andarsene in camera,
neanche li c'é un bell'ambiente, mai a proprio agio, sempre fuori
posto, guardandosi allo specchio scopre una faccina imbronciata
sormontata da corti capelli biondi spettinati (lui non si sa sciogliere
i nodi da solo e raramente qualcun’altro lo fa), si rimira la salopet
blu scura, é da troppo tempo che ce l'ha addosso, c'é odore di urina
impregnata nella stoffa in mezzo alle gambe questo stantio gli fa
bruciare un poco il linguine.
La
sua forma é piuttosto cicciottella ma solo il giusto per i suoi 10
anni, sa anche di riflettere e sapere molte più cose di qualsiasi altro
bambino della sua età, non può fare altro, solo pensare in silenzio,
nessuna lamentela, nessun gioco, le regole sono semplici e i grandi
hanno sempre ragione.
Anche
guardare fuori dalla finestra é deprimente, non c'é niente d'invitante
laggiù, le luci della città sono così lontane e poi tanto lui non l'ha
mai vista questa città, più spostato a est invece c'é il buio della
campagna che rimane solo un nome, anche li non c'è mai stato.
Conosce solo un posto, un mondo a parte dove vive lui, uno e unico, la periferia.
Quando
non hai più niente da guardare, pensi, non c'é altro da fare e allora i
ricordi e le ingiustizie ritornano, ogni giorno è sempre uguale, come
la scuola, te ne stai da solo senza mai avere le cose, i vestiti come
gli altri bambini, nessuno ti aiuta a fare i compiti e tu hai vergogna
di richiedere spiegazioni agli insegnanti così fai tutto male, i maestri
chiamano mamma e papà e tutti dicono che crei solo noie, problemi,
fastidi è un circolo vizioso ed è sempre la stessa storia.
I
maestri ti fanno domande ma tu non sei molto allenato a parlare, così
non rispondi, non giochi neanche con gli altri bambini, non è che te ne
freghi molto in fondo, sono sempre a ridere come dei deficienti e tu non
ne sei capace.
Hai
cercato ma non riesci a sorridere, ti può far male la faccia se non ci
sei abituato è una smorfia che non viene a tutti ed è difficile
ricordarsi se si e mai provata.
Tanto
la scuola é solo un'altro monoblocco periferico senza colori, a spazi
delimitati con le finestre che danno sul niente atmosferico e il viaggio
con lo scuola-bus una litania di particolari: case, strade, semafori,
negozi ripassata sino al vomito.
Poi
al bambino viene in mente Halloween, la festa che gli piace di più, la
giornata dei mostrI e tutti i suoi compagni sono mascherati e lui no,
quando l’aveva chiesto a mamma lei gli aveva rIso in faccia, perchè
spendere soldi per una cavolata simile, spreco di tempo e denaro,
discorso chiuso.
Così
niente era mai stato come per gli altri bambini, nessun vestito, niente
dolci, niente. Tutto era sbagliato, come quando mamma ti fa tagliare i
capelli dal barbiere per pochi soldi in maniera brutta e ridicola, lei
non capisce e a scuola ti prendono in giro ed è giusto così, non puoi
far niente per impedirlo, i capelli se lo meritano.
Inutile,
tutti i pensieri vanno in tristezza e poi in odio verso i genitori,
prima era depressione capricciosa poi tramutata in odio sterile e forse
dopo in rabbia feroce.
Solo la fantasia può salvarti a volte con i suoi mostri e i sogni infiniti, anche se da un po’ dì tempo non è più così...
La
porta d'entrata è sbattuta in malo modo e sbirciando dalla camera il
bambino vede quello che vede ogni giorno nella quotidianità dell'orrore,
un'uomo tarchiato e corpulento con una grande pancia molliccia e
pelosa, una faccia scura e un'orripilante stempiatura alta e precoce che
rifugge un riflesso unto dalla luce sovrastante, ricorda bene quella
fronte il bambino, in primissimo piano ogni volta che gli è addosso per
picchiarlo.
Il suo caro papà, ogni volta che ti passa vicino con il suo alito caldo da alcolizzato ti salta addosso, la sua presenza e sporca
e surreale nella sua canottiera e pantaloni chiari pieni di macchie
sugose; ed eccolo sicuro prende una birra dal frigo e si sdraia sulla
poltrona a guardare la TV con la mamma accanto... il bambino non esiste,
il suo scopo è creare meno incombenze possibili, già il fatto di
"essere" é abbastanza pesante.
Il
bimbo richiude la porta dietro di se, sta diventando buio, così si
prepara ad andare a dormire, ma la sua stanza non è più la stessa dopo
il tramonto, ogni scricchiolio diventa insopportabile, ogni ombra un
mostro, sinché c'è il rumore della televisione nell'altra stanza tra
colonne sonore distorte e brusii leggeri ti puoi dare coraggio, uno
strano senso di protezione via etere; ma quando anche quello cessa, i
respiri diventano più forti e ogni storia, ogni superstizione raccontata
dai genitori, ogni fumetto o cartone animato pauroso ti rivengono in
mente.
C’è
veramente qualcosa che si muove, come uno scricchiolio leggero di
unghie che giocano con il legno, piccole correnti gelide abbracciano il
bambino che si è rannicchiato facendosi sempre più minuscolo nel letto,
con gli occhi sbarrati incollati all’armadio.
E’ da giorni che questi rumori vanno avanti dal mobile ammiccante ma questa volta sembrano decisi a venire fuori.
La
porticina inizia ad aprirsi cigolando piano piano e qualcosa di nero,
sottile ma spigoloso inizia ad uscirne, insidioso come un'ombra ma con
una palpabilità scheletrica, il bambino dimentica anche di respirare ma
continua a guardare, lo sguardo fisso negli occhi aperti in maniera
innaturale.
E'
qualcosa che esce strusciando e scrocchiando scuro come il fumo,
lentamente inizia ad avere ma forma più definita, due uniche mani con
dita e braccia lunghissime e sottilissime contro ogni legge naturale,
non sono molle ma adunche, ricordando le radici storte e arcigne degli
alberi.
La
cosa più pericolosa‚ che non assomiglia a nessun mostro di cui il
bambino ha sentito parlare, quello non è il babau, non è l'uomo nero‚ è
molto peggio… terrore puro a schegge di ghiaccio nella colonna
vertebrale.
I
tendini sono tirati, il viso sofferente e finalmente l'urlo esce veloce
e continuo, le luci si aprono all'improvviso e tutto finisce.
Irrompono
i genitori paonazzi di collera per averli svegliati a quell'ora e senza
far domande visto che è vivo e che non sprizza sangue da ogni poro lo
riempiono di schiaffoni ma il piccoletto non sente le lacrime, le urla,
la bava in faccia, la stempiatura traslucido-alcolica e il dito giallo
amaro sulla sua faccia ma continua ad avere addosso quelle mani secche e
l'oscurità dove l’avrebbero fatto piombare.
Gli
schiaffi inferociti gli piombano addosso tanto più lui gli racconta,
cos'ha visto dandogli del moccioso bugiardo che crede ancora ai mostri e
quando gli ricordò che loro erano stati i primi a inculcargli in
quantità industriale le più famose leggende infantili come le streghe e i
lupi mannari lo picchiarono ancor di più, infastiditi di essere stati
ribattuti con la verità.
La
questione si chiuse per quella notte con la faccia gonfia e bruciante
del bambino al fresco tra i cuscini del divano dove ebbe il permesso di
dormire per quella e molte altre notti ancora, intanto la routine
solitaria e silenziosa continuava con il terrore di quello che dimorava
dopo il tramonto nel suo armadio aspettandolo e l'apatica incredulità
della madre dal dito giallo e il padre dalla stempiatura lucida e
cattiva.
Venne
il giorno che i suoi genitori lo costrinsero a ridormire in camera sua,
a nulla servirono i piagnistei isterici e le suppliche se non a fargli
dare‚ qualche sberla in più.
Solo al buio, nel silenzio dell'oscurità dei bambini, che è molto più piena di quella dei grandi.
Gli
scricchiolii iniziarono sommessi, piccoli movimenti bui, la porta si
apriva più lentamente questa volta e gli spostamenti del mostro
sembravano infinitamente più remoti, quasi che lo stesse prendendo in
giro.
Stava
giocando con lui, tutta quella lentezza era insopportabile, le grida
gli riscoppiarono con ansia in gola e anche questa volta altri due
mostri di carne chiamati mamma e papà… lo assalirono tra insulti e
manate.
Ogni
sua ragione di panico per l'armadio veniva soffocata come menzogna
infantile ma questa volta doveva imparare la lezione, sarebbe rimasto li
a dormire.
Per
quella notte non successe più niente ma la successiva lo stress stava
facendo impazzire il bambino, i mostri, la realtà e la fantasia come
vorticose girandole nere, stava vaneggiando, vedeva, sentiva ombre e
rumori ovunque ma la sua avversione principale non era per l'essere
dell'armadio ma per i suoi genitori, si sentiva logorare dentro dalle
loro voci, le loro oscene risate, i loro corpi rigetti in ogni
particolare, l’incomprensione assoluta.
Così
nella notte, prima che iniziassero i rumori, tremante di paura ma
convinto come un’adulto, il piccolo barcollò a piedi scalzi sino
all'armadio e iniziò a trascinarlo, deciso a portarlo sino in camera dei
genitori per dimostrargli che il mostro c'era davvero e con la speranza
che li avrebbe sbranati.
L’armadio
non molto grande, ma per la mole di un bambino di 10 anni è enorme,
così a piccoli passetti con la fronte imperlata di sudore freddo il
piccolo iniziò e trascinare l'armadio mostro. I piedini desensibilizzati
dal pavimento gelido gli scontrano continuamente ai bordi del mobile
sbucciandogli le unghie in minuscole goccioline di sangue, le tempie gli
pulsano per lo sforzo quando si accorge di essere arrivato solo a metà
corridoio.
Doveva
sbrigarsi prima che il mostro venisse fuori, era come avere tra le
braccia tutte le sue paure in ma scatola di legno, mentre continuava il
suo trasporto facendo meno rumore possibile, il fiato gli diventava ad
ogni passo più pesante, sentiva un retrogusto di sangue come quando
corri corri così tanto da star male.
Infine
l’armadio entra lentamente in camera dei genitori che dormono
scombinatamente con abbondanti porzioni di carni flaccide scoperte; le
cosce e la panciona del padre sembrano carni andate a male, gli
ricordano le carni incelofanate sotto le fredde luci a neon da
supermercato, in certe notti il bagliore bianco della luna ne è molto
simile, privo di ogni sua romanticità assomiglia di più al lumino di un
carniere.
Con
un'ultimo sforzo il bimbo posiziona l’armadio di fronte al letto dei
dormienti per poi ranicchiarsi in un angolo e aspettare ansioso la
solita litania di scricchiolii, l’apertura dell'anta sull'oscura entità…
ma non succede niente, l’attesa è frustrante e insopportabile, nessun
rumore proviene dall'armadio che funzioni solo in camera sua?
Allora
il panico fa irrigidire il bambino, lo squote, lo fa fremere
d’impazienza tanto da farlo iniziare a spintonare il mobile, lo prende a
calci, ci si sbatte contro facendolo pericolosamente ondeggiare nella
speranza che si risvegli il mostro o almeno di farlo innervosire.
Chi
si svegliano sono invece mamma e papà che dopo un primo rimbombamento
dal mondo onirico capiscono la situazione inverosimile solo quando si
accorgono dell'armadio con il bambino vicino che sa già quello che gli
aspetta.
I
loro occhi sono lucidi di rabbia e questa volta i loro colpi sono
ancora più violenti, non hanno capito perché l’armadio è arrivato lì, ne
le intenzioni del bambino, sono solo inferociti perchè ha dimostrato
ancora di essere vivo, presente, un problema, una noia nelle loro vite e
un altro comportamento imprevisto da aborrire.
L’armadio
viene riportato dal padre al suo punto di partenza e il bambino
trascinato via con lui dalla madre, tutto è talmente veloce, in
fotogrammi spasmodici e ripetitivi negli occhi del bambino che non ha
più voglia neanche di ribellarsi; le solite mani che lo strattonano,
quel dito giallo ovunque amaro e bruciante, gli sguardi sciupati e
banalmente cattivi, la pancia molle e pelosa rigonfia di birra del
padre, che vibra sotto i colpi che lui stesso gli ferza.
Superbo
parricidio infantile, visioni di massacri remoti, quanto vorrebbe
strappare negli occhi, sbranare quel dito giallo, cappottare a cranio
aperto la pelle lucida della fronte stempiata, sbrindellare a morsi i
seni glabri della madre, avere la forza di reimpastare quei due corpi
corrotti come se fossero malta senza ossa, spiaccicarli tra di loro in
mezzo alle urla di un pongo carnoso che sprizza sangue in schiumetta
frullata.
Tra
le lacrime più che altro istintuali e il fiele che gli stava facendo
sciogliere il cuore, il suo corpo si stava pericolosamente avvicinando
all’armadio aperto trasportato da mani troppo forti.
Con
una scossa di realtà il bambino ripiomba nel panico capendo troppo
tardi la sua nuova punizione, era stato messo dentro l'armadio e chiuso a
doppia mandata, a nulla servirono i calci e i pugni contro l'apertura,
c’era solo una fessura, spirale di luce tra le due ante e poi più
neppure quella, l’aria era soffocante e lui era sopraffatto ovunque da
indumenti e crucce che gli cadevano in testa e gli bloccavano i
movimenti.
I
rumori fuori sono cessanti, gli adulti non ci sono più e ora lui stava
proprio nella tana del mostro, preferiva estere preso nuovamente a calci
dai genitori che questo, oppure no? Aveva smesso piano piano di
dibattersi, ogni più piccolo rumore gli provocava dei salti al cuore
anche se si ripeteva per farsi coraggio che era lui stesso a provocarli,
si sentiva la gola così secca da non riuscire a deglutire, avrebbe
voluto mettersi a dire qualche filastrocca stupida o la canzoncina
coraggiosa di qualche cartone animato per darsi forza, così magari mamma
e papà l’avrebbero tirato fuori ripicchiandolo per il rumore e la
disobbedienza ma almeno sarebbe uscito… invece sentiva la sua gola come
paralizzata non riusciva ad emettere nessun suono nel mondo reale.
Il
suo respiro, corto e affannoso gli teneva compagnia, un brutto sapore
si faceva strada nella sui bocca, il sapore della paura.
Dato
che come al solito non c'era nient'altro da fare si mise e pensare e ad
aspettare mentre la sua mente viaggiava su tutte le ingiustizie, tutte
l'incomprensione del suo mondo, la paura per i mostri iniziava a
sciogliersi prevaricata da un'odio profondo per i genitori… i mostri
potevano essere degli alleati, prima però doveva convincerli.
Li
vedeva finalmente in quel buio quasi materno, stanno in un'enorme
spazio oscuro, tutti messi in fila come dei giudici con i loro banchini
di legno marcio.
C’erano
proprio tutti: il Babau che ti prende se non vai a letto presto, la
Strega Cattiva che ti porta via se non mangi tutto nello che hai nel
piatto, l'Uomo Nero che ti fa sparire se fai troppo rumore o spacchi
qualcosa in casa o semplicemente non rispetti le regole dei grandi, il
Lupo Mannaro che ti sbrana se torni tardi da scuola e via dicendo… e
c'era anche lui laggiù per ultimo, il Mostro dell'armadio sempre
misterioso nella sua non forma nera solo le mani ritorte e le lunghe
braccia si intravedevano appena.
Così
il bambino inizia a spiegare le ragioni della sua vita impossibile e
ingiusta con i genitori, parla a lungo e in maniera convincente,
descrivendo sopratutto il dito giallo della madre neurotica che acre
nicotomane gli graffia la faccia, il fumo nervoso sul suo viso ogni
mattina che gli fa lacrimare gli occhi e inasprire la gola e poi anche
di suo padre, dei frontone lucido e unto, della
pancia viscida e villosa, l’alito alcolico, i pori dilatati e i peletti
che gli escono dal naso, terribilmente vicini ogni volta che lo picchia
chino su di lui con le mani ruvide e pesanti, mai gentili.
I
racconti continuano e tutti i mastri, lentamente uno alla volta sono
illuminati da una luce strana,come un neon argentato man mano che li
convince e ha il loro benestare.
Il
bambino continua a parlare, descrivere situazioni, non aveva mai
parlato tanto in vita sua e senza neppure muovere le labbra, ne era
felice, i mostri in fondo non amano il silenzio e neanche lui.
Nessuno
gli sorrideva ma tutti capivano, ormai erano tutti illuminati, la
Strega, il Baubau, l'Uomo Nero ecc… solo uno rimaneva al buio, il Mostro
dell'Armadio e il bimbo sa che ne non lo avrebbe convinto tutto
sarebbe stato inutile e la sua lotta incompleta, così continuava a
parlare, a spiegargli situazioni inique da veri dittatori, comportamenti
egoistici ma niente il Mostro dell'Armadio stava li fermo in ombra, tra
il buio che è proprio della sua struttura, le mani sinistre e le lunghe
braccia non si muovono.
Il bambino continua a parlare ormai da un po’ sulla solita retorica, quando gli viene un'idea e fa un'offerta al mostro.
Promette
che gli porterà il corpo di un genitore in dono se gli da il suo
permesso, il mostro non si illumina ugualmente ma si capisce o almeno
spera il bambino che abbia accattato.
Il
corteo dei giudici mostri e le tenebre spariscono con l'arrivo del
giorno e dei genitori che tirano finalmente fuori il bambino
dall'armadio, questo non aveva chiuso occhio durante la notte ma appare
con una strana aria compiaciuta e sicura di se con un'espressione
catatonica, quasi burlesca nonostante non traspari nessun sorriso dal
suo volto.
I
due adulti lo strattonarono ancora un po’ senza interesse per vedere se
ha capito la lezione e il suo silenzio li ripaga ampliamente.
Così
il bambino ricomincia fare quello che faceva sempre, pensare ma questa
c'è uno scopo finale e i mostri sono dalla sua parte.
I
suoi comportamenti divengono sempre più impeccabili e regolari, non fa
più domande, niente più lamentele, finisce senza assaporare ogni cosa
che ha nel piatto, ha scuola cerca di applicarsi così non ci sono più
problemi con i compiti e si veste persino da solo, e così
autosufficiente che la madre ogni tanto si dimentica anche di rifargli
il letto o di svegliarlo per andare a scuola.
Finalmente
la sua presenza non è più un peso, non si sente neanche la sua presenza
in casa, era quello che volevano i genitori, non accorgersi che
esisteva impegnarli il meno possibile come un silenzioso pesce rosso o
un timido criceto.
Intanto
il bambino osserva e aspetta nei giorni e le settimane, un'ospite muto
che si aggira per casa nell'apatia degli adulti, e le notti sono tornate
tranquille il mostro non era più tornato, non era più suo nemico, ora
aspetta il suo premio.
Finalmente
in una serata uggiosa mentre lui era già a letto ma non addormentato,
con i sensi all'erta e gli occhi divaricati, i cigolii delle molle e le
assi avevano smesso di danzare a sangue nell’altra stanza e anche quei
fastidiosi sospiri sono cessati, i due esseri adulti avevano finalmente
smesso di accoppiarsi.
Ora
lui sapeva già cosa sarebbe successo, come da manuale la madre si
sarebbe messa a fumare le sue 2 o 3 meritate sigarette di pessima marca a
letto leggendo uno di quei squallidi librettini rosa senza figure e con
un pessimo odore di carta stampata (l’odore di un libro è importante,
ti può dare i brividi o far vomitare come il suo contenuto).
Il
padre invece si sarebbe stravaccato sulla poltrona a guardare senza
interesse un qualsiasi film o programma da encefalogramma piatto
buttandoci giù dietro almeno un cartone di birre in offerta da 6.
Lentamente
entrambi si sarebbero assopiti, l’andrenalina di un'orgasmo triste
svanisce presto, lasciando spazio alla catalessi delle droghe legali…
così il bambino decide che sarà quella la notte del loro sacrificio.
Sbirciando
dalla porta con un sottofondo di ronzii televisivi, una lattina di
birra cade a terra da una mano nerbuta a ciondoloni, quello è il
momento, anche mamma dovrebbe essersi ormai addormentata.
Il
piccolo esserino sgattaiola a piedi nudi sino in bagno, non ha un'idea
precisa di come ucciderli ma sa che con la forza fisica di uno scontro
diretto non avrebbe possibilità, allora apre l'armadietto dei medicinali
e tira fuori tutto ma proprio tutto nello che c'è.
Inizia
a leggere tutti i foglietti illustrativi uno per uno, parole
impronunciabili e sconosciute gli si parano davanti con la difficoltà e
la lentezza che può avere un bambino di 10 anni a leggerle.
Invece
tutto assume sempre più velocità sotto i suoi occhi, la voglia di
imparare in fretta, la paura che i genitori si sveglino, la smania della
vendetta che gli nutre la vista e la bocca che così sussurra veloce
anche le parole più incomprensibili.
Il
bimbo capisce che gli argomenti più interessanti sono le
controindicazioni gli effetti indesiderati e collaterali e le
interazioni con altre sostanze come l'alcool o altri medicinali stessi,
continuando a leggere e rileggere scopre che i mescoloni più potenti
possono provocare emorragie, vomito, spasmi, convulsioni, allucinazioni e
nei casi più gravi la morte.
Così
viene preparato un bel miscuglio dei barbiturici più potenti in diverse
misture sperimentali e messo nella birra già aperta e pronta per il
risveglio di papà ed un'abbondante imbevuta nelle sigarette di mamma, la
spazzatura di cartelline, flaconi e tubetti vari viene fatta sparire e
il bambino soddisfatto torna in camere con la porta socchiusa attento ad
ogni movimento.
E
la madre che si sveglia per prima dati gli scricchiolii della camera
accanto e la prima cosa che fa‚ naturalmente accendersi ma sigaretta,
l’odore di nicotina rancida permea ovunque nell'aria e sulle superfici,
per fortuna l'accanita fumatrice non nota nessun sapore o odore sospetto
o comunque non gli e ne frega niente ad un tratto si alza e gli passa
così vicino alla porta dove sta spiando da farlo sobbalzare ma lei non
lo nota neppure, passa veloce, figura ossuta e sciatta profumata di
nicotina di serie Z e cavolo fritto.
Si
prende una birra dal frigo svegliando così anche papà che pigramente si
passa ma mano stropicciandosi la faccia mentre con l'altra continua la
sua birra ignaro del contenuto e cesso com'è trangugiandola in due
sorsate non ne sente del tutto il nuovo sapore manipolato ma abbastanza
per tirare una bestemmia dicendo che doveva essere andata mezza a male o
doveva esserci andato qualche insetto a morire rendendola imbevibile
mentre lui dormiva, fatto sta che l'ha svuotata.
I
sintomi sono lenti a venire, ma arrivano; si stanno per rimettere a
letto che iniziano a lamentarsi uno con l'altro di avere mal di stomaco e
un forte mal di testa, il più a frignare è papà, lui fa sempre ma
tragedia per un nonulla eppure non ha mai provato i colpi che lui stesso
inferte.
Papà
dice che gli viene da vomitare, i rumori del suo stomaco si sentono
anche con una parete di mezzo, si precipita in bagno 2,3 volte ma non
riesce a vomitare, piuttosto va in merda, un'odore assurdo e penetrante
di cloache putrescenti invade la casa, ha le lacrime agli occhi e si
sente debolissimo, ordina alla mamma di chiamare un'ambulanza mentre si
accascia a terra dov'è riscaldato dalla sua stessa merda, continua ad
andare di corpo come un bambino anche se ormai esce più sangue che
materiale marrone, trema ha delle contrazioni allo stomaco che si tiene
stretto quasi abbia paura di cagarsi anche gli organi interni.
Il
bambino è soddisfatto di aver messo sostanze diverse nell'uno e
nell'altro cocktail per paura che non tutte fossero abbastanza nocive,
ma lo sono e anche troppo, solo che in maniera diversa, due scelte
differenti dimostre dell'atrocità.
Anche
mamma svariona, sbatte contro gli spigoli, i muri, cerca di prendere il
telefono ma lo urta gettandolo in terra, le lacrimano gli occhi e
inizia a vomitare sempre più forte, i conati riecheggiano nelle mura
disperate, sembra in preda ad allucinazioni, finchè non c'è più niente
da vomitare, il pavimento è disseminato di allegre chiazze e schizzi
giallo verde, cosa avevano mangiato per cena? A si, minestrone.
Ormai
la donna si trascina rigettando acqua e bile scura dalla bocca,
faticando a respirare con la gola e il palato ostruiti da una patina di
acido continuo, dal naso si formano bollicine e rivoletti di rigetto… le
vie del vomito sono infinite.
Finalmente
i due si accasciano a terra, ora il bambino non ha più paura dei
grandi, esce dal nascondiglio ancora un po’ titubante e si avvicina ai
due corpi stesi uno in bagno, uno in camera, respirano ancora anche se
debolmente, ci vuole un'aiutino finale, sentiva sempre dire di non,
lasciare aperto il gas perchè oltre a poter far esplodere la casa ci si
può morire soffocati.
La
cucina‚ poco distante ma i due corpi sono pesanti anche se trascinati
uno alla volta portandosi dietro le chiazze di vomito con i piedi.
Il
bimbo apre il forno e lo mette al massimo, ci mette un po’ a
posizionare i genitori nella maniera giusta aiutandosi con cuscini e
libri,la testa deve stare dentro tra una piastra e l'altra e anche se
sono privi di sensi gli lega i polsi con dello scotch, non si sa mai.
I
corpi non mandano neppure uno scossone nella mezz'ora seguente, forse
erano già morti da prima o forse il gas‚ un'assassino molto dolce.
Quando
l'odore di gas diventa troppo pesante anche per il bambino, questo
decide che può bastare, tira fuori i genitori, spegne il gas e li
osserva a lungo nelle facce cianotiche.
Li
aveva odiati così tanto in vita, che da morti gli facevano schifo
ugualmente, nonostante non gli potessero più nuocere, osservandoli bene
però non sapeva decidersi quale dare in dono al Mostro dell'armadio...
così si mise a trascinare piano i due corpi in bagno, procurandosi
coltelli, spille di balia, spaghi, graffette e fil di ferro e decide di
ricavare il meglio dei genitori in un'unico corpo lasciando gli scarti
nell'altro.
La
prima cosa era segare quell'abbietto dito giallo dalla mano della
madre, quanto l'aveva detestato e ora via di netto in suo potere, poi
ripensandoci decise di rancargli via entrambe le mani ossute e
bisbetiche preferiva quelle del padre anche se così tanto pesantemente
la aveva provate su di lui, sono più proporzionate senza unghie lunghe
anche se un po’ pelosette.
Il
corpo della madre è molto migliore, niente panciona e niente peli ma
quelle due cose glabre sul petto devono sparire, a tagliarle scoprì che
dentro sono viscide e spugnose, senz'altro degli scarti.
Poi
c’è la faccia, il naso insopportabilmente grosso e gobboso che viene
segato via e gli occhi cavati, non gli sono mai piaciuti gli occhi di
sua madre... le pupille sono più dure di quello che pensava e ci mette
un quarto d'ora ad asportargliele tra cucchiai e pinze scivolose per gli
umori.
Ora
toccava al padre che è quasi tutto uno scarto, delle grezze incisioni
con il taglierino gli servono per togliere la sottile pelle sopra la
testa, aveva annullato per sempre quel frontespizio unto, il naso e gli
occhi sono subito rancati e riattaccati alla bella e meglio sul viso
della madre, la pancia e i peli vanno tolti, i primi scarnificando
direttamente la pelle dal muscolo con pelo incluso ma il lavoro così
risultava troppo lungo allora prova a dargli fuoco; i peli fiammaggiano
blu elettrici negli occhi deliziati dei bambino, si accartocciano e
diventano cenere lasciando uno spiacevole odore di bruciato e
raggrinzendo in scottature profonde la pelle sotto.
La
pancia aperta contiene tantissimi organi molli che vengono tolti in
blocco per richiuderla malamente, così vuota e glabra arriva sin quasi
alle ginocchia sembra la risacca di un'improbabile marsupiale …morto.
Il
corpo della madre in definitiva venne scelto come migliore in
confronto a quello del padre, dove invece sono messi anche gli altri
scarti, ossia seni, occhi, naso e mani della consorte e lasciati li nel
bagno in un lago di umori freddi.
Era
tardissimo, le carni sono faticose da rimettere insieme, tagliare,
riassemblare, i nuovi pezzi aggiuntivi stanno su per miracolo con
gancetti e spille da balia, si erano incastrati insieme per centinaia di
coiti ma ora sembravano rigettarsi in un semplice puzzle di materie
umide e acciaio pungente, eppure al bambino sembra un lavoro fantastico.
Orgoglioso
si trascina via il cadavere in camera, lentamente per paura di
sciuparlo, ovunque ci sono laghetti di sangue e un'odore ferroso e
profondo su ognuno.
Anche
il bimbo‚ dipinto di rosso dalla testa ai piedi, stanco, stremato ma
felice… ora deve solo aspettare che il mostro si prenda il suo regalo e
poi si sarebbe addormentato felice. Dopo vari sforzi e pezzetti di carne
che si perdevano per la strada il piccolo posiziona il corpo dentro
l'armadio, lo chiude e si mette a letto senza dormire aspettando che il
suo mostro arrivi e magari lo ringrazi.
La
notte continua incurante delle sua vittime e il mostro non si fa
sentire, il bambino inizia speranzoso ad innervosirsi, apre l'armadio
per vedere se il corpo c'è ancora e poi lo richiude, sempre più spesso e
freneticamente controlla gli avvenimenti e il corpo è sempre lì, si
inizia ad illudere che magari si è mosso un pochino che il mostro l'ha
appena toccato ma è lui stesso che aprendo e chiudendo l'armadio di
continuo sposta il corpo infinitesimalmente.
Forse
è troppo tardi o troppo presto o non gli piace il corpo, c’è qualcosa
che non va l’attesa sta diventando frustrante, perchè non poteva mai
essere felice e andargli tutto bene? Le orecchie erano all’erta per
carpire ogni più piccolo movimento proveniente dall'armadio ma niente,
sentiva rumori che non c'erano sovraeccitato dal loro bisogno.
Quando
all'improvviso un rumore reale, pulito, inconfondibile si faceva eco
nella stanza ma non è quello che desiderava, era la porta che si apriva e
si richiudeva, la porta della sua stanza, dietro di lui.
Non
ce la faceva a girarsi, il caldo liquido tra le cosce gli annunciò la
distruzione di ogni suo coraggio… alla fine trovando la forza di girarsi
vide ma cosa peggiore di qualsiasi mostro, i suoi genitori, integrati
in scarti in un unico essere, il peggio di mamma e di papà uniti da lui
stesso, lo scarto da buttare.
Lo osservano rigide pupille posticce, le carni si ribaltano ondeggiando ovunque, un brutto puzzle di carne che lo troneggia.
Quanto
avrebbe voluto in quel momento sentire le loro grida, i soliti
schiaffi, i violenti odori di sempre e invece no, solo silenzio, sentore
acre di sangue, il dito giallo ammicca ancora una volta in un corpo che
non è il suo, le tette molle pendono su di una pancia svuotata maschile
senza più intestini, occhi cattivi, scarnificati, fissi, non ci sono
più palpebre per pregarti di non guardarti, naso adunco, fronte
stempiata e lucida anche nella semi oscurità. Solo uno scatto, una corsa
veloce e il bimbo si infila nell'armadio chiudendocisi dentro, forse
con la luce sarebbe sparito tutto ma le tenebre avrebbero insistito
ancora per molto. Ma il bambino non si ricordava che nell'armadio c'era
qualcun'altro ad aspettarlo...