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QUELLO DEL POPOLO

Il parrucchiere Ernesto Grieco ha raccontato Crocco in versi rioneresi
Interessanti riflessioni sulla figura del capobrigante di Rionero

Crocco, Crocco, e ancora Crocco. Sembra che negli ultimi tempi si sia presi da una sorta di “croccomania”. Nel passato, di Crocco e del fenomeno del brigantaggio postunitario, si sono interessati autorevoli studiosi, storici, romanzieri, cineasti ecc. Grande successo ha riscosso, e sta riscuotendo, il fantasmagorico cinespettacolo “La Storia Bandita” alla Grancia di Brindisi di Montagna.
A Rionero in Vulture, paese natio di Carmine Crocco, detto Donatelli, si è messo su, con non pochi sacrifici, un’interessante “Parata dei Briganti”, che ha riscosso notevoli apprezzamenti non solo dagli abitanti della zona del Vulture, ma dell’intera Regione ed oltre.

Mancava, però, una riproposizione della vita e delle vicissitudini di Carmine Crocco viste dal popolo e per il popolo. Ci ha pensato, con felice intuizione e lungimiranza, Ernesto Grieco di Rionero in Vulture, un bravo parrucchiere appassionato della nostra storia passata e cultore del vernacolo rionerese. Egli ha già pubblicato alcune pregevoli raccolte di poesie in dialetto rionerese che hanno incontrato favorevoli giudizi di critica e di pubblico.
“Lu cunt r’ Crocch” e l’ultima fatica editoriale, in ordine di tempo, di Ernesto Grieco, scritta in occasione della seconda “Parata dei Briganti”, svoltasi nei giorni 14,15,16 del luglio scorso. E’ un’ulteriore testimonianza di come il nostro poeta, artigiano della scrittura, come si definisce, è capace di destreggiarsi con il non facile, ma sempre piacevole, componimento dialettale.
Un opuscoletto di una ventina di pagine, con alcune fotografie e documenti rari, in cui l’estroso poeta rionerese presenta il famoso Capobrigante nelle sue varie sfaccettature umane, sociali e brigantesche; nell’alone leggendario, caro al popolino, che considera Crocco come il giustiziere, il difensore dei poveri, dei deboli contro le prepotenze e le violenze dei ricchi e dei potenti.
Raccontato come “nu cunt”( una favola), come quelli che i nostri vecchi raccontavano ai nipotini accanto al focolare. “ N’gera na vot’ nu br’hant / ca sciv’ currenn p’ ndò r’ muntagn, / ch i g’ndarm faciv’ la uerr e l’accuvatin’ / rop’ fatt na rapin’”. E’questo l’incipit ( l’inizio) del componimento poetico di Grieco. E poi continua.” T’nivì la varva long /, lu cappidd ammusciat’ / la faccia ‘ncazzat e l’ucch’j f’tent /, la sc’kuppett a tracoll, / semp pron’, pistol e curtidd, /man’ nu ngin’ a parocch’l, / accuh’ssì s’ pr’s’ntav’ Carm’ n Crocch”. Rammaricato il poeta perché Crocco è stato per lungo tempo dimenticato pure dal popolo che, in genere, segue sempre il vincitore; dimenticato anche dai rioneresi suoi compaesani. “ Lu pop’l jè vota bandir e vota giacchett’, / lu pop’l vai semp’ ch’ chi veng’/. Tutt’ s’ n’ so fr’cat’, pur’ i paisan’ ”.
Però, negli ultimi tempi, riconosce Grieco, Crocco e il brigantaggio sono stati rivalutati, valorizzati, soprattutto ai fini turistici e di business, con grandi spettacoli a pagamento. Anche i rioneresi si sono finalmente svegliati. “E sol’ graz’j a quatt uaglinastr ardit’ / ‘ngiann fatt qualche adesiv’ / e nu strisciòn’ a lu camp sportiv’”. Non manca un rammarico per il cinespettocolo non realizzato nella zona del Vulture, teatro delle vicende brigantesche di Crocco e compagni. “ E qualche anno fà / gent’ ca tèn c’rvill, sal ncap’ e fantasij / ha sfruttat’ l’occasion’ / e s’jè apprupriat’ r’ na stor’j /,ca sì e nò r’apparten ‘ r’ strisc’ ”. Grieco tocca, non senza ironia, anche i recenti fatti di cronaca. “E siccom’ lu timp’ , s’ sap’,  fatijj citt’ citt’ / e quann mèn’ t’ l’aspitt’ / t’ raj’ qualche suddisfazion’ / pur Crocch a l’at mun, ndò sti jur’ / n’hav avut’ una ra Putenz./ Nu Savoj ‘ngaler’!!! / Ndò lu carc’ r ca jè stat’ idd. / Jè probb’ j luer’  ca n’ngé lim’t a la pruvv’ renz”.” E nu dubbj’  mo m’ ven p’nzann: / chissà chi t’niv’ ndò r’ ven / chiù sangh ra br’hant’ “ .
Si augura, Grieco che vengano riconosciti i meriti di Carmine Crocco e sia adeguatamente ricordato. “P’ f’urtuna nost’ / la storj’ e la gent’ qualche vòt’ tèn’ crìjanz / e s’ vot cap’ gret’, / chissà, può dars’ ca chiù n’addà / a lu pov’r’ Crocch, / ng’ pot’n’ fà pur…/ na sta’uw r’ pret’”.
 Un testo di 156 versi che si legge con piacere, avente a fronte la traduzione in lingua italiana. Con piacere sì, ma che spinge ad alcune riflessioni su vicende, uomini e fatti del passato e, perché no, con riferimenti anche al presente.

Michele Traficante

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