Delicate composizioni della poetessa di Pisticci pubblicate recentemente.
L’ultima raccolta di liriche di Amalia Marmo, intitolata “Mnemosyne”, pubblicata il mese scorso, editrice Archivia di Rotondella (MT), è una straordinaria rappresentazione, a livello poetico, delle forme più varie della capacità umana di rievocare nozioni e sentimenti del passato. Le liriche riflettono memorie sia sensitive, sia affettive, sia intellettive, e grazie all’intensa tensione interiore nell’insieme determinano le caratteristiche salienti della personalità dell’autrice.
Certo la memoria è “sentinella del cervello”, come sostiene Shakespeare, ma non è una sentinella immobile, bensì dinamica e a volte “ capricciosa” ( per ripetere una notazione di Virginia Wolf). E le poesie della raccolta sono così multiformi e multicolori da rendere tutte le possibili espressioni e rivelazioni della memoria. Ad es. in “Il nulla e il tutto” si rileva come “L’odore delle coese di pena profumava la vita”; in “Me4moria infante” si rivive “l’anima impietrita” e insieme “un’allegra viandante”; in “Fili di memoria” “ l’anima di poeta e il vento” sembrano “ fiocchi di neve in un bicchiere d’infanzia che non vuol morire ( bellissimo l’accenno all’infanzia, che viene conservata sempre gelosamente nella propria mente ); esprimendosi nelle sue evidenze più disparate la memoria vibra con “corde di tristezza” oppure “fotografia d’archivio” e ripercorre sentieri imitando cammini, vicende, volti amati, e si pone anche come “memoria fredda”, “torpore”, “disinganno”. Le liriche sono ricche di voli pindarici ( in “Come regalo di nozze”, ad esempio, si passa repentinamente dall’accenno alle cime dei monti al mare troppo salato), in sintonia con la fantasmagoria “Capricciosa della memoria; abbondano gli ossimori ( esempio, “prigione dalle sbarre aperte, dalle porte spalancate” in “Come le suole del vento”); gli accostamenti fantasiosi sono continui. A volte i componimenti presentano una certa difficoltà semantica e d’interpretazione come rileva, tra l’altro, Franco Trifuoggi nella sua ottima prefazione. In tale contesto, confesso che mi sembrano più belle le poesie lineari – per così dire – come “Impervia preghiera” ( che rievoca suggestivamente le processioni dei santi protettori). S. Apollonia, 9 febbraio 1688 ( riguardante la tragedia gravissima che colpì Pisticci; la rievocazione è potente e struggente insieme) e forse soprattutto “Il grande amico” ove l’amore per il fratello morto è espresso con toni delicatissimi ed allusioni dolenti. La molteplicità grande delle rese poetiche deriva certamente da un’anima ricca di sensibilità, produttrice di “dolcissime armonie” ( come considera Teresa Gentile nella postfazione) e di “potente virtù inventiva”, come annota Trifuoggi, ma anche da una poderosa cultura letteraria, onde con naturalezza mirabile nelle liriche affiorano spunti pascoliani, dannunziani e di autori quali lo statunitense Ezra Loomis Poud ( 1885-1972) e il francese Paul Valéry ( 1871-1945). Ma i punti di riferimento sono soprattutto gli ermetici italiani. Infatti, la poesia di Marmo è confessione piuttosto che comunicazione, mostra un sofferto travaglio espressivo con difficile intelligibilità, rivela un acuto senso dell’inconscio e dell’irrazionale, la pena de vivere, la tendenza a strutturarsi come frammento, con respiro breve e lampeggiante; di conseguenza il linguaggio è essenziale, alieno da tentazioni oratorie e d’insistito gusto descrittivo. Non mancano, tuttavia, elementi di differenziazione, nelle liriche di Marmo, dalla poetica ermetica: l’autrice esprime una pena che non è arida e senza speranze, anzi l’afflato di alte idealità affiora in non pochi componimenti. Un pregio encomiabile della silloge è il pudore incantevole, l’assenza assoluta di allusioni erotiche, le quali dilagano, purtroppo, in tanta letteratura anche in versi di questi tempi. Pertanto, la silloge merita di essere letta e gustata non solo per l’intrinseco fascino dell’ispirazione folgorante, ma anche perché stimola umori e sentimenti elevati. L’ultima raccolta di liriche di Amalia Marmo, intitolata “Mnemosyne”, pubblicata il mese scorso, editrice Archivia di Rotondella (MT), è una straordinaria rappresentazione, a livello poetico, delle forme più varie della capacità umana di rievocare nozioni e sentimenti del passato. Le liriche riflettono memorie sia sensitive, sia affettive, sia intellettive, e grazie all’intensa tensione interiore nell’insieme determinano le caratteristiche salienti della personalità dell’autrice.
Rocco Zagaria
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