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GLI ANTICHI MESTIERI DI RIPACANDIDA

Presentato a Monticchio Laghi l’ultima fatica dell’artigiano barone Carlo Bisaccia 
  Ripacandida ( l’antica Candida Latinorum), circa duemila abitanti, posto a cappuccio su un’amena collina di fronte al monte Vulture, è un paese come tanti della Basilicata. Qui ogni mattina un umile artigiano, fino a qualche tempo fa, apriva la sua modesta bottega scavata nel tufo per una giornata di duro lavoro.
E’ Carlo Bisaccia, oggi 75enne dai capelli brizzolati, uno dei più valenti ed apprezzati falegnami (ebanista) della zona del Vulture, i cui lavori, specie intagli e decorazioni nel legno, sono dei veri capolavori.
Ma chi direbbe che sotto l’umile veste del pure valente artigiano si nasconde un nobile, nel senso araldico della parola? E’proprio così. Carlo Bisaccia, in base a ricerche documentate e a riconoscimenti ufficiali, è l’ultimo erede della nobile famiglia Bisaccia, il cui capostipite è fatto risalire a Guglielmo d’Altavilla che visse verso l’anno 1100 e che fu barone di Bisaccia e di Monteverde, nella vicina Irpinia.
Ma il barone Carlo Bisaccia dimostra di saper maneggiare la storia con la stessa eccezionale perizia con cui sa lavorare il legno. Da approfondite ricerche, durate anni, sulle origini del suo casato, ha pubblicato, nel 1988, il suo primo pregevole volume dal titolo significativo “ Un barone a Ripacandida”. L’amore per la cultura e la passione per la sua terra, e per Ripacandida in particolare, lo hanno spinto, da autodidatta, a continuare nelle ricerche storiche. Frutto di tali impegnative ricerche sono le sue numerose pubblicazioni per le quali ha ricevuto attestazioni di apprezzamenti e riconoscimenti. Infatti, Carlo Bisaccia non è storico di professione ma di vocazione. “ Quello che ci consegna Bisaccia- ha scritto Giampaolo D’Andrea - è già molto e dobbiamo essergli grati per lo sforzo di ricostruire il percorso storico di un centro come Ripacandida, che può vantare una tradizione particolarmente ricca e significativa”.
 Uno schiaffo morale per tanti nostri cosiddetti “intellettuali”, che si fregiano di titoli altisonanti ( diploma, laurea, dottorati), ma incapaci di concretizzare e produrre nulla di culturalmente valido e meritevole di considerazione. E pensare che Carlo Bisaccia ci rimette pure non poco del suo scarso peculio per tali lavori editoriali.
Ultima fatica, in ordine di tempo, del barone Carlo Bisaccia è il pregevole volume “ Attività di un tempo e i mestieri scomparsi”, presentato nei giorni scorsi nell’amena località di Monticchio Laghi. Un vero atto d’amore per la propria terra e il desiderio di contribuire a far conoscere gli avvenimenti, le persone, gli usi di un passato che va sempre più scomparendo nella memoria, soprattutto delle nuove generazioni. Potrebbe sembrare di facile comprensione il libro del barone Carlo Bisaccia con cui l’autore, maestro artigiano artista, ha documentato, anche con immagini, le attività lavorative di una volta. Invece il libro provoca una particolare riflessione sul confronto passato- presente. Per come dai mastri, falegnami, sarti, fabbri, barbieri, ricamatrici, e altri mestieri di chi ideava e produceva in un unico luogo, siamo passati all’alienazione e delocalizzazione della produzione con la completa ignoranza di non sapere più la via di una merce. Tanto da farci sentire consumatori –marionette in preda a un mercato misterioso, che a fatica le stesse istituzioni riescono a regolamentare.  Per questo, sfogliando il libro ci sentiamo degli alieni nella nostra contemporaneità. Perché il Barone racconta un altro modo di vivere,
produrre e di essere a Ripacandida come in qualsiasi altro paese dove l’artigiano e il contadino non erano solo presenze produttive, ma energie creative, in sintonia con la natura e il sistema- comunità. Erano persone che, intrecciando relazioni sociali basati sul sostegno reciproco, producevano un proprio codice di vita in cui tutti riconoscevano l’appartenenza ad un mondo fatto di miti, riti e di folclore.  Un patrimonio culturale che rispondeva anche a ogni problema esistenziale dalla nascita alla morte, aiutando ad elaborare ogni fase della vita. Un patrimonio, ormai, in via di estinzione, che allarma chiunque voglia chiedersi come evitare lo spopolamento dei piccoli centri, la perdita dei saperi e la crisi delle identità collettive. 
E allora che fare. Morire di nostalgia? Ma no! Bisogna comprendere che il passato insegna sempre, che si può pensare e gestire il cambiamento con le idee di borgo moderno, d’artigianato artistico, con la ripresa di vecchi mestieri rinnovati dalle sensibilità contemporanee, la rivalutazione del rapporto con il territorio, e soprattutto con la rivitalizzazione delle relazioni sociali basate su spirito di partecipazione e di appartenenza.
Ma per far questo bisogna crederci, e affidarsi solo a progetti che sappiano investire in entusiasmo e in creatività. Nel libro del Barone, c’è la sfilata di tanti artigiani che mettevano creatività e arte nel fare le cose, anche le più faticose. E noi, oggi, con i giovani non possiamo che riprendere quel metodo di far le cose con entusiasmo e creatività.
Carlo Bisaccia è nato a Ripacandida il 2 dicembre 1930 da Raffaele e Anna Maria Marano. Una modesta famiglia, la sua: il padre muratore, la madre casalinga. Conseguita la licenza elementare fu subito avviato presso il laboratorio di falegname per imparare il mestiere. E’ stato presidente e fondatore dell’Associazione Artigiana di Ripacandida, componente provinciale della Confartigianato di Basilicata. La sua instancabile attività ha dato nuovo impulso alle imprese artigiane del suo paese.
Carlo Bisaccia si pregia di vari meriti e titoli. Decorato con medaglia d’Oro per “Fedeltà al lavoro e Progresso Economico”dalla Camera di Commercio I.A.A. di Potenza. E’ commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, conferitogli su proposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri. E’ insignito del titolo nobiliare di “Barone” e Cavaliere dei Normanni nella categoria “Giustizia” ( titoli nobiliari ereditati dai suoi avi).
Ha già pubblicato: “Un Barone a Ripacandida”, Calitri (Av), 1988; “Storia del Casato “Bisaccia” dall’XI secolo al regno delle Due Sicilie”, Calitri (Av), 1991; “Origini storiche di Ripacandida e Circondario”, Lavello, 1991; “Ricordi nostalgici, dialetto ripacandidese e sue origini”, Lavello, 1995; “Il Vulture, Paesi, aspetti e personaggi”, Lavello, 2000; “Ripacandida, pubblico giardino”, Lavello, 2003. 

Maria Antonietta Chiappa

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