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GIUSEPPE CATENACCI, UN RIONERESE ILLUSTRE

Una recente volume di padre Carlo Palestina e Michele Traficante
                                           
E’ con viva soddisfazione che registro l’uscita del libro Giuseppe Catenacci. L’uomo dal multiforme ingegno curato da Leo Vitale e scritto da Michele Traficante e padre Carlo Palestina.
Non solo perché rappresenta l’ultima “fatica” di amici che ormai da tempo si spendono per lo studio della storia di fatti e personaggi della nostra regione, ma anche perché la loro opera viene a colmare un vuoto, quello appunto della biografia di un importante personaggio, a torto dimenticato da certa storiografia ufficiale regionale, troppo appiattita a rimescolare tematiche trite e ritrite.
Aprire il dibattito oggi su Giuseppe Catenacci, sulla sua “multiforme” attività, significa invece proiettarci su un periodo, quello del dopoguerra lucano, su cui è necessario approfondire lo studio come alcuni storici stanno del resto facendo da qualche tempo.
Il libro (la cui pubblicazione è stata finanziata dalla Sig.ra Giuseppina Catenacci e dai figli) risulta un accurato percorso di scoperta, o riscoperta, della figura di un uomo che ha dato tanto non solo al suo paese, Rionero in Vulture, e alla sua regione, ma ha contributo a vicende nazionali come la Consulta, prima assise politica dopo il periodo buio del fascismo.
Il Catenacci che esce dalle pagine del testo, arricchito da pregevoli ricordi personali, è un uomo insonne, pervaso da mille interessi, che non si rassegna alle vicende avverse e, forte anche del consiglio di Giustino Fortunato, reclama per la propria gente e per la propria terra un destino migliore.
Un uomo “vero”, dunque, “vicino al popolo”, come si diceva una volta, con un espressione forse obsoleta, quasi incomprensibile oggi che il “popolo” è stato sostituito dal mediatico “consumatore” e trattato come tale. Un uomo “libero”, infine, dove per libertà si intende una conquista raggiunta anche a costo di duri sacrifici, una libertà “interiore” che nessun “principe” può concedere né togliere.
Attraverso i suoi “ruoli” (uomo d’azione, politico, ingegnere, pubblicista, storico e poeta), con Catenacci il lettore attento ripercorre eventi importanti della storia regionale, dal fascismo al dopoguerra, annotandone particolari e leggendoli con gli stessi occhi di quel testimone. Perché Catenacci è stato veramente testimone del suo tempo, con i suoi dubbi e i suoi aneliti di progresso, con la sua fede e le sue delusioni. Testimone del tempo ma anche precursore di nuovi orizzonti, sempre con un unico filo conduttore: sollevare le sorti della gente della propria sfortunata terra.
Il lavoro – precisa Michele Traficante – non è esaustivo della trattazione di questa “complessa” figura. Esso, però, aggiungo io, andava fatto per colmare il vuoto di cui parlavo. E forse sono ancora troppi i vuoti esistenti attorno alla storia delle nostre contrade, una storia spesso “non scritta” o, a volte, “mal scritta”, e che richiederebbe tanta passione, quella passione che gli autori di questo pregevole lavoro hanno dimostrato di avere e che bisognerebbe insegnare alle giovani generazioni perché sappiano crescere come “libere menti” e non come passivi “fruitori mediatici”.
   
Michele Strazza

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