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“COSE … DELL’ALTRO MONDO” DEL DOTTT. LIBUTTI

In un pregevole volume l’autore “scherzando dice la verità”

Medico scrittore o scrittore medico? Il dott. Michele Libutti, stimato medico di medicina generale, pare avere più la seconda caratteristica. Infatti, ha tutta l’aria di essere un letterato scrittore prestato alla medicina. D’altro canto il conseguimento di una seconda laurea in Lettere Classiche ne denota tutta la sua innata predisposizione alla scrittura.
Il suo retroterra culturale e i suoi studi universitari gli assicurano una robusta e profonda conoscenza del mondo classico, espressa nei suoi autori di maggior prestigio che hanno influenzato ( ed influenzano tuttora) la formazione culturale del nostro simpatico medico di base. Non per niente è giunto alla bellezza di otto pubblicazioni. Finora! E non mettiamo limiti alla provvidenza. Infatti, ha già pubblicato con notevole successo di pubblico e di critica: “Pillole, storie in agrodolce di pazienti e…di pazienze” ( 2000); “Don Antonio & altre storie” (2002); “Il vecchio di Lagopesole” (2003); “Panta kakà” ( Va tutto male, ndr) (2004; “Chiamami quando vuoi…ed altri racconti” (2006); “Fiale-croce e delizie di un medico di famiglia del XXI secolo d.C.” (2007); “Quei gigli di Sant’Antonio”(2009)”.
E il dott. Libutti non disdegna per niente essere considerato uno scrittore medico, pur esercitando la sua attività professionale da oltre un trentennio con scrupolo e dedizione.
L’ultima, in ordine di tempo, sua fatica letteraria “Cose… dell’altro mondo”, (Melfi, edizione Centrostampa, marzo 2010, pagg. 200) dedicata al nipotino Manuel, è una raccolta di quindici storie che fra fantasia e realtà traccia un percorso di analisi dei vizi e virtù dell’umana genìa. Però lo fa con quell’ironia e bonomia che gli è congeniale. Certo, il fine è quello di “castigare” i vizi come Orazio che ( e qui riaffiora la reminiscenza del mondo classico) all’inizio delle sue Satire ( 1,1, 24s.)si chiedeva: “Ridentem dicere verum / quid vietat?” ( cosa proibisce dire la verità scherzando?). “ Dunque, per il nostro autore che c’è di meglio del “Ridendo dicere verum?” ( scherzando dire la verità?). E il dott. Michele Libutti, rifacendosi al mondo animale “ parla a nuora perché suocera intenda”. Così dimostrando una notevole fantasia, riesce a presentarci, in modo anche divertente, personaggi e situazioni di una realtà certamente a lui ben nota per la sua esperienza di medico, di politico ( anche se breve, come consigliere comunale) e di attento osservatore della società civile.
La sua attività di medico di base certamente gli fornisce occasioni di conoscenza e stimoli che gli permettono d’intessere ed elaborare, certamente con una buona dose di fantasia, vicende e personaggi meritevoli di essere proposti all’attenzione dei lettori nelle caratterizzazioni fisiche, morali e caratteriali più appariscenti e rimarchevoli. Sono proprio gli animali parlanti ad indossare i panni e i comportamenti degli uomini e gli uomini ad indossare i panni degli animali in storie esilaranti che fanno sì ridere, ma soprattutto fanno riflettere.
“In quest’ottica – scrive Domenica Giosiosa nella pregevole prefazione - le storie dell’autore rappresentano quell’immaginario collettivo che ognuno può sentire come proprio, storie sussurrate nelle corsie d’ospedale, dette o taciute negli ambienti della politica, gridate nella vita dei paesi che possono acquistare infiniti significati all’interno delle relazioni, nei nostri vissuti, nei nostri percorsi interiori esplicando quell’effetto catarchico da più parti riconosciuto e formativo del pensiero”.
Così immerso in un mondo fiabesco e, a tratti poetico, entrano in scena maghi ( buoni e cattivi), streghe, fatine, gnomi e animali parlanti in cui s’intravedono uomini e donne implicati in comportamenti ed attività non certo edificanti in cui emergono egoismo, presunzione, arrivismo, sfacciataggine et similia.
Sotto tiro, nelle acute elaborazioni fiabesche dell’autore, in particolare il mondo politico e il pianeta sanitario, ove spesso si annidano casi di corruzione, arrivismo e raccomandazioni o, come in modo elegante dice il dott. Michele Libutti, “ della “parolina all’orecchio”. Dove, insomma, non primeggia la meritocrazia ma soprattutto “la spintarella”, sicché nei ruoli di grande responsabilità spesso operano degli incompetenti e si trovano titolari messi nei posti sbagliati.
Sintomatica la giustificazione del sindaco di un fantomatico paese il quale per giustificare l’inversione della graduatoria di merito di un concorso, da lui effettuata per soddisfare le raccomandazioni, richiama addirittura “ la vecchia massima evangelica che appunto prometteva agli ultimi di diventare i primi, anche se…in un altro mondo”. Tanto da mettere in ko, nel racconto “E mo’ t’aggiust’ io”, anche la strega più cattiva E che dire poi della manifesta “iomania”(Io, sempre io, solo io), vale a dire quell’irrefrenabile bisogno di arrogarsi il merito ( non giustificato) della realizzazione di grandi opere sociali, così ben tratteggiata nel racconto “ Un concorso per soli tromboni”? Insomma, come si deduce dalla semplice riflessione dell’autore “ … è più facile per una strega cattivissima diventare buona, che per un politico abbandonare le proprie cattive abitudini”.
Tanto che, conclude alla fine l’autore, “Chi ha letto con attenzione queste storie, potrebbe trovarle, in parte, contraddittorie. In alcune, infatti, si mettono in risalto atteggiamenti riprovevoli degli uomini, con tutti i loro vizi, quasi a confrontarli con gli animali che sembrano più buoni; in altre accade tutto il contrario: gli animali sembrano buoni, ma alla fine ritornano agli istinti primordiali e si comportano esattamente come si comporterebbero appunto gli animali o, peggio, come gli uomini”. Non c’è che dire; una filosofia della vita e del consorzio umano che non fa una grinza. Anche se, ovviamente, non bisogna mai generalizzare.
Ormai il dott. Michele Libutti ha affinato il suo stile narrativo; il periodare è arioso e scorrevole, il testo gradevole e di facile lettura. Si arriva facilmente all’ultima pagina provando piacere, senza nessuna fatica e meno che mai annoiandosi.


Michele Traficante

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