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RIONERO, UN “ AMARCORD” POETICO

Simpatiche composizioni dell’ultra settantenne Pina Di Lucchio.

Ma poeta ed artista si nasce o si diventa? Quanti si sono fatti questa domanda, senza, però, darsi una risposta univoca. Probabilmente può esserci un’innata predisposizione, un sicuro talento in alcune persone alla poesia e all’arte, ma poi gli eventi della vita, le non favorevoli condizioni sociali ed economiche fanno sì che si pensi e ci si dedica ad altro, non consentendo di coltivare e manifestare tali inclinazioni.
 
Salvo, però, che ad una certa età, forse per alcune favorevoli condizioni ambientale e familiari, esplode questo bisogno, che spesso diventa irrefrenabile, di rapportarsi con il mondo circostante, con la comunità in cui si vive nelle forme di un sublime linguaggio poetico ed artistico, di esprimere i propri sentimenti, i propri pensieri e le maturate riflessioni sulla vita vissuta di ogni giorno, con semplicità, con genuinità, così come detta il cuore.
E’ quanto è successo all’attempata signora Maria Giuseppa Di Lucchio ( Pina per gli amici e “Pinuzza” per chi, come noi, l’ha conosciuta fin dall’infanzia vivendo nello stesso vicinato), ultra settantenne, con figli, nipoti e pronipoti.
In verità la signora Pina, una donna straordinaria, vivace, intelligente carica di anni e di ricordi, ha avuto un’infanzia non facile e provata da un insanabile dolore. Il padre Pasquale Di Lucchio (1914-1943) con il fratello Pietro ( 1904-1943), avevano sposato due sorelle, sono fra i 16 rioneresi trucidati dei tedeschi in quel tragico 24 settembre 1943.
Pina Di Lucchio è cresciuta con l’affetto incommensurabile dell’eroica madre Antonia Traficante (1913-1995), zia Antonietta “Chichiarotta”, come veniva chiamata affettuosamente nel rione Costa, ai piedi della torre civica con orologio, che, dopo la tragica morte del marito era rimasta con quattro figli in tenera età: Leonardo di 7 anni, Pinuccia di 5, Teresa di 3 e Gennaro da tutti chiamato poi anche Pasquale essendo nato 18 giorni prima della morte del padre. Tempi difficili, di grandi sacrifici, umiliazioni e rinunce, oltre che d’inconsolabile dolore per zia Antonietta; ma lei, donna forte e determinata, tenne duro e, sempre vestita di nero per lutto permanente, andò esemplarmente avanti facendo finanche studiare il maggiore dei figli.
“ Quanto lavoro- scrive la signora Pina -, quanti sacrifici, quante privazioni, quante umiliazioni e quante lacrime hanno versato quegli occhi; non potrò mai dimenticare quello che con mia madre abbiamo vissuto, il dolore non si è mai esaurito”.
Pur con il rammarico di non aver potuto frequentare se non la quinta classe delle scuole elementari (commovente il ricordo della sua maestra Elvira Rigillo), la signora Pina, sposata felicemente col bravo Emidio Giammatteo a cui ha dato quattro meravigliosi ragazzi: Marco, Pasquale, Antonio, Mario ) tutti sposati, non ha mai smesso di pensare alla scrittura, alla poesia e alla pittura. Cosa che ha potuto fare negli ultimi anni. Certo, si tratta di una pittura, diciamo così Naif in quanto prodotta per soddisfazione personale, secondo il suo istinto, senza seguire quelli che sono i dettami tecnici delle espressioni artistiche; una pittura costituita da una esecuzione elementare e semplice con un ricco accostamento di colori usati puri. In altri termini una pittura che, stando al termine francese Naif, corrispondente all’italiano ingenuo,



primitivo, indica una produzione non sorretta da una vera e propria formazione professionale o comunque scolastica, ma non per questo priva di fascino e valore artistico.
Anche le sue composizioni poetiche (molte anche in dialetto rionerese), svincolate per lo più da ogni esigenza di metrica e di rima, esprimono in maniera spontanea la sua grande sensibilità d’animo, le sue pacate riflessioni sulla vita e sulla sua comunità in trasformazione, sorretta da una fede profonda e una radicata devozione alla Vergine Maria. Belle le sue preghiere della sera, della preparazione dell’anima alla morte, a Gesù Crocifisso e durante la celebrazione della santa messa.
Toccante il suo intervento presso il luogo dell’eccidio tenuto il 24 settembre 2008 in occasione del 65° anniversario del tragico fatto di sangue.
Su sollecitazione di amici ed estimatori Pina Di Lucchio si è decisa a dare alla stampe almeno parte della sua cospicua produzione di poesie e di quadri in cui, con un “amarcord” struggente di memoria, richiama persone, ambienti, circostanze e personali riflessioni sulla comunità rionerese di ieri e di oggi. “Luce sui ricordi” è il titolo significativo del volume, di un centinaio di pagine, con numerose foto di famiglia dell’autrice e la riproduzione a colori e b/n di alcuni dei suoi quadri che ripropongono caratteristici scorci della Rionero di ieri, purtroppo sconvolti o scomparsi dopo il terremoto del 23 novembre 1980.
“ Ricordi belli, giochi d’infanzia, amicizie sincere, vicini di casa, anziani che ci tenevano per mano, ricordi di gioventù condivisi con cugini e cugine, fratelli e sorelle – confessa la signora Pina - , tutto allora era così semplice e bello, i primi sospiri d’amore, i sogni per l’avvenire; quanti ricordi, quante nostalgie e quante soddisfazioni anche per le piccole cose”.
Simpatico il ricordo dell’adunata dei bambini ( e non solo) del vicinato con le sedie e sedioline presso la casa di nostro padre, Antonio Traficante, ( zì Tonn’ Cristudd’ ) che accoglieva con pazienza tutti, ove era arrivato il primo televisore, per assistere alle trasmissioni “all’arrivo di Carosello”.
Nel libro della Di Lucchio viene ricordata una comunità la quale, seppur afflitta da miseria e privazioni, era cementata dalla solidarietà di un vicinato inteso come “famiglia allargata”, rinsaldata da sani valori morali e dal rispetto reciproco, specialmente verso gli anziani a cui si ubbidiva senza discutere.
“I pensieri e i racconti di Pina Di Lucchio – scrive nella prefazione il giornalista e critico cinematografico Armando Lostaglio, che ha pure curato la pubblicazione -, le sue immagini dipinte con la genuinità del neofita, la loro freschezza, rendono giustizia ad una storia ingiusta, fatta di privazioni e di ingiurie del tempo, ma che la fiammella delle emozioni ha saputo ravvivare, tenere in luce e contagiarne il sentimento”.
Il libro, stampato a proprie spese presso la Tipografia-Legatoria Portobello di Rionero e donato ai concittadini, salvo che questi ultimi non intendano fare un’offerta spontanea alla locale Casa di Riposo “Virgo Carmeli”, è stato presentato nei giorni scorsi a Rionero presso la sala audiovisivi del Centro Sociale “Pasquale Sacco” alla presenza di un folto pubblico di amici, parenti e tanti estimatori dell’autrice.
I lavori, coordinati con garbo da Armando Lostaglio, ha visto, fra gli altri, l’intervento della dott.ssa Rachele Verrastro, neoassessore comunale di Rionero alle Attività Produttive, Turismo, Politiche del Personale, Pari Opportunità, di Peppino Chieppa, direttore della rivista “Valori”, dell’onnipresente Maria Michela Pinto, neopresidente del Consiglio comunale rionerese, di Ernesto Grieco che ha recitato



una poesie in dialetto rionerese sull’orologio della Costa, di Maria Antonietta Chieppa, di Stefania Di Lucchio.
Simpatica l’improvvisata di alcuni componenti la locale banda musicale “Giuseppe Verdi”, fra cui alcuni nipoti della signora Pina, che hanno eseguito alcune musiche patriottiche. Bella anche la recitazione da parte di due nipotine dell’autrice di brevi poesie in onore della nonna.
Insomma si è trattato di una cerimonia sobria ma assai significativa la quale, benché non ci fossero nomi altisonanti a relazionare, ha rappresentato una valida occasione per premiare chi, senza titoli accademici e da autodidatta, ha espresso fortemente il suo amore per la cultura e per il suo paese. Uno schiaffo morale per i tanti cosiddetti intellettuali nostrani che si fregiano di titoli altisonanti (diploma, laurea, dottorati) ma incapaci di concretizzare e produrre nulla di culturalmente valido e meritevole di considerazione.

Michele Traficante

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