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L’ULTIMO GIUSTINO FORTUNATO

Dalla pubblicazione delle lettere private i tormentatissimi ultimi anni di vita

Povero don Giustino. Chi glielo avrebbe detto, lui, brillante parlamentare, quasi venerato nel Parlamento Italiano, ammirato e studiato da numerosi autorevoli intellettuali, trascorrere gli ultimi anni della sua vita in condizioni fisiche e psichiche drammatiche ed insopportabili. E’ quanto emerge dalla lettere private pubblicate recentemente dalla CalicEditori di Rionero a cura di Vito Claps e Antonietta Torrione. Un volumetto che raccoglie la corrispondenza di Giustino Fortunato e la sorella Anna con l’amministratore Gennaro Catenacci e la figlia di quest’ultimo, Aida.
 
Si tratta di un epistolario privato, anzi privatissimo poiché don Giustino, forse, non avrebbe mai voluto che fosse reso pubblico. Un carteggio ( 34 lettere di don Giustino e 70 della sorella Anna) fortuitamente rinvenuto e , peraltro presidnete della Fondazione “Giustino Fortunato”, salvato qualche anno fa in una discarica di rifiuti in quel di Muro Lucano e, dopo scrupolosa verifica e attenta trascrizione, pubblicato grazie all’amorevole solerzia e cura del prof. Vito Claps e della consorte prof.ssa Antonietta Tarricone. Purtroppo pare che, come ci fa sapere con amarezza il prof. Vito Claps nell’introduzione, non tutte le lettere siano state recuperate, dal momento che il carteggio va dal 28 luglio 1923 al 27 settembre 1932, mancando quelle dal 29 luglio 1923 al 26 giugno 1927 e dal 30 settembre 1927 al 3 maggio 1929. Un vero peccato, una perdita irreparabile. Chissà quante lettere di Giustino Fortunato andranno perdute se non verranno a tempo recuperate e rese pubbliche.
Il volumetto, dal titolo”Giustino e Anna Fortunato - Delle lettere private ( da Napoli 1923-1932), 137 pagine, ha l’autorevole prefazione del prof. Giuseppe Galasso e verrà prossimamente presentato proprio nella sala convegno del Palazzo Fortunato di Rionero in Vulture con il prevedibile intervento dello storico Francesco Barbagallo.
Sono lettere toccanti per il contenuto che sia Giustino Fortunato ( 1848-1932) che la sorella Anna ( 1864-1932) indirizzano all’’amministratore dei beni di famiglia a Rionero Gennaro Catenacci (1867 - 1952) e alla figlia di quest’ultimo Ida Donata (1913-1994). Lettere affettuose scritte ad Aida, come era chiamata da Anna Fortunato, giacché l’aveva tenuta a battesimo e ricambiate, evidentemente, con altrettanto affetto dalla giovane rionerese che addirittura chiamava la madrina “mammina”.
Da queste lettere, così pazientemente trascritte con competenza da Vito Claps, profondo conoscitore e cultore dei Fortunato, si evince con chiarezza in quale stato di prostrazione e di inenarrabili sofferenze fisiche era giunto don Giustino negli ultimi anni poiché, come annotano i due curatori del carteggio, Vito Claps e Antonietta Tarricone “ non è più l’uomo attivo con i suoi scatti improvvisi e i suoi istinti di ribellione; non è più l’educatore politico. Ora è vecchio, fragile, stanco e consumato dalle terribili e continue sofferenze che lo affliggono e gli danno pena; è un uomo bisognoso di calore e di affetto, rassegnato a vivere al meglio gli ultimi anni della sua esistenza terrena”. Non bastano l’assistenza amorevole della sorella Anna, donna che si dimostra energica e in grado di badare alle faccende di famiglia, ma impotente di fronte alle indicibili sofferenze



del fratello e, negli ultimi tempi, addirittura si dispera nel vedere “ridotto così un’intelligenza tanto alta”, né le cure assidue dei medici Manfredo Pelli ( Napoli 1863-1935), neurologo e psichiatra e il lucano Giovanni Castronuovo ( Santarcangelo 1875-Napoli 1944), tisiologo, a rimetterlo su, mentre si avvia lentamente verso la fine. Un certo conforto e sollievo don Giustino lo riceve dalla visite di cari amici fra cui Benedetto Croce, Francesco Torraca, Mario Sansone.
Giustino Fortunato da tempo era affetto da una fastidiosissima prostatite a cui si aggiunse l’uricemia. Ma soprattutto don Giustino negli ultimi tempi soffriva di nervi che lo portava spesso a non controllarsi più. Era preso da pesanti preoccupazioni e tormenti sia di carattere famigliare (la perdita del fratello Ernesto nel 1921 e poi nel 1924 la morte del nipote Alberto Vi9ggiani, figlio della sorella Carolina, alcuni dissapori con gli Alliata, la tristezza dell’estinzione del casato con lui e col fratello Ernesto, le gravose questioni relative all’amministrazione del patrimonio di famiglia cadute sulle sue spalle dopo la morte del fratello, qualche liti con coloni dell’azienda di Gaudiano ecc.) e sia, forse soprattutto, come scrive Giuseppe Galasso nella prefazione, “per la piega che la vita civile italiana aveva preso con l’avvento del fascismo al potere”. Come se tutto ciò non bastasse si sono aggiunte le grandi sofferenze dovute alle assai precarie condizioni fisiche.
Negli ultimi mesi, per quanto si sforzasse di restare un sé, spesso perdeva la lucidità, era agitatissimo, era preso da fissazioni e a volte “sbaliava” ( farneticava). Tanto da arrivare, negli ultimi mesi, a non riconoscere nemmeno la sorella Anna, la quale, pur essa ammalata ( era stata sottoposta per due volte ad intervento chirurgico alla mammella), non sapeva più a quale santo votarsi per calmare don Giustino. “Sono abbastanza oppressa – scrive Anna l’11 aprile 1931 a Catenacci - Mi trovo sola a combattere e volere o no Giustino poveretto, capisco che è malato, se la prende con me”. Di qui le lettere accorate a Gennaro Catenacci affinché sia “ sempre sempre a fianco a Giustino per sorreggerlo, confortarlo e aiutarlo”, poiché non avevano altri a cui aggrapparsi in situazioni così drammatiche. E quando l’amministratore Catenacci comunica il peggioramento della situazione finanziaria dei Fortunato, la sorella di don Giustino, Anna, ormai consapevole del declino della famiglia, si rassegna e scrive in una lettera del 9 giugno 1932 ” … a me tutto questo non mi tocca per niente! Fallirà Fortunato come tanti altri”. E poi l’ultima lettera di don Giustino a Gennaro Catenacci, scritta il 2 marzo 1932, forse aiutato da un domestico e riportata con altre in fotocopia nel volumetto, dalla grafia incerta, in più punti poco leggibile e in parte sconclusionata. E’ alla fine.
Subito dopo la morte di don Giustino la sorella Anna lascia l’elegante appartamento di Via Vittoria Colonna che tenevano in fitto e si trasferisce con la donna di compagnia Cecilia Cuccione nel modesto appartamento di Via Giovanni Bausan ove morirà il 13 ottobre dello stesso anno, dopo circa tre mesi dalla morte del fratello.
Bisogna essere grati al prof. Vito Claps per questo suo prezioso volumetto, che è il risultato di accurate e non facili ricerche medianti le quali, con le interessanti note esplicative che aiutano a inquadrare le varie vicende nel loro contesto, ci consente di conoscere a fondo l’uomo Giustino Fortunato nei suoi risvolti umani più veri che ce lo fanno diventare più caro e imperituro nelle mente e nei cuori di tutte le persone sensibili. “ In tal modo, scrive giustamente nella presentazione Valeria Verrastro, direttore dell’Archivio di Stato di Potenza, lo studioso (di Muro Lucano, ndr), ha rivelato un alto livello di consapevolezza del valore di un patrimonio da custodire per l’intera comunità, dimostrandosi del tutto esente da quel geloso senso del possesso che contraddistingue, purtroppo, ancora molti privati possessori di archivi familiari o di raccolte di documenti”. Siamo perfettamente d’accorso e auspichiamo, finché si è in tempo, il recupero di tutto il carteggio privato di don Giustino.
Di Giustino Fortunato, del suo pensiero politico, del suo impareggiabile impegno di parlamentare, dello studioso profondo della Questione meridionale, del suo inimitabile contributo culturale ed educativo si conosce ormai tutto e di più. Ma mancava la conoscenza dell’uomo fragile, sperduto nell’imminenza della fine, al cospetto della morte. Un destino a cui nessun uomo può sottrarsi.

Michele Traficante

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