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CARMINE CROCCO DETTO DONATELLO SI RACCONTA

Un interessante romanzo di Matteo Donato Gallucci sul capobrigante
                         
 E tre. Sono i volumi che Matteo Donato Gallucci ha dedicato al brigantaggio post-unitario ed, in particolare, al capobrigante Carmine Crocco detto ( soprannominato) Donatello. Infatti, dopo “Briganti” del 2002 e “Caccia al Brigante” del 2004 è uscito recentemente “Cronache Minute del Brigante Crocco”, Editore Aletti di Villalba di Guidonia (Roma), febbraio 2011, pagg. 293.
Si tratta di un pregevole lavoro che rientra nel filone del romanzo storico in cui Matteo Donato Gallucci sta dando prove eccellenti. 

Sulla scorta dell’autobiografia di Carmine Crocco, pubblicata a cura del capitano Eugenio Massa nel 1903, l’autore ripercorre (o meglio fa ripercorrere allo stesso Crocco) le vicende brigantesche del famoso capobrigante rionerese. E Crocco lo fa nel carcere di Portoferraio alla presenza del capitano Eugenio Massa e del suo aiutante stenografo.  Una narrazione che Gallucci ci presenta su due piani: uno con una rappresentazione quasi filmica del brigantaggio post-unitario e l’altro, antropologico e più intimistico dei vari protagonisti pubblici e privati. Un Crocco che narra le sue gesta, le sue imprese, diremmo militari con l’assalto a Comuni anche di una certa importanza, con le stragi e i saccheggi, che costrinsero l’esercito piemontese e le Guardie Nazionali a sconfitte clamorose e a pericoli continui.
Non si sottotacciono le nefandezze, le violenze inaudite e brutali che caratterizzarono i fatti briganteschi, gli omicidi, gli incendi, gli stupri effettuati dalle sue bande durante le varie scorribande nella zona del Vulture ed oltre.   Pesanti sono i giudizi di Crocco su alcuni capobriganti, come il famigerato e sanguinario Coppa che beveva il sangue umano, sangue dei nemici uccisi ( “ Un autentico diavolo in veste umana. Crudele fino all’estremo, un mostro che ripugna persino parlarne”) e poi sul feroce Ninco Nanco, Caruso e via elencando.
Oltre a questi numerosi episodi, ormai diventati storici, trattati da numerosi autori, Matteo Donato Gallucci ha il merito, come ha evidenziato anche Giampaolo D’Andrea nel corso della presentazione del volume, di farci conoscere la vita dei briganti, l’ambiente in cui operarono, le condizioni economiche, la cultura e la società del tempo, le superstizioni, le credenze e le abitudini di quelle popolazioni. Si riporta, fra l’altro, la storia del “munaciello”, uno spiritello burlone e la credenza dei “pumminari”, i nati nella notte di Natale che avevano l’assurda capacità di trasformarsi, nelle notti di luna piena, in veri mostri forniti di artigli e zanne. Interessanti le usanze popolari in merito agli sposalizi con tutti gli “accorgimenti” ( scongiuri) per evitare “disgrazie”. E poi la solidarietà del vicinato come una famiglia allargata ( “ Un vicino di casa diventava quasi di famiglia, e ci si voleva bene”); ancora termini popolari come “appendirame”, piattara”, ”cascia” e “cascione”, “ buffetta” ecc.
Un Carmine Crocco non solo brigante feroce e “guerrigliero”, quindi, ma presentato anche nei suoi aspetti umani, psicologici e privati.  Matteo Donato Gallucci è soprattutto un narratore, un abile narratore di talento, dalla notevole e forte capacità espressiva con una delicata vene poetica ( “La pioggia prendeva a scendere sopra la cupola verde della foresta e un ticchettio si udiva sulle foglie, rare gocce giungevano al suolo”. “ I raggi del sole brillavano attraverso i rami dei cerri e tracciavano intricati disegni sugli uomini e sui cavalli”). Magnifiche e suggestive, fra l’altro, le descrizioni di albe e di tramonti, dei fenomeni naturali, dei paesaggi e delle scene campestri che Pongono Donato Matteo Gallucci in un posto di rilievo fra i più significativi narratori italiani. Infatti, ha già pubblicato i romanzi “La Marchesa di Mantova” (1998), “Specchio di giorni lontani” (2005), “Il Quinto Vangelo” (2008), “ L’ombra del Visir” (2010) con notevoli successi di pubblico e di critica, meritando anche  ambiti riconoscimenti, fra cui il Premio Tolkien negli anni 1983,1984,1985.
In questo ultimo lavoro spicca in lui anche un grande acume psicologico, soprattutto per quanto riguarda il pianeta femminile, come, ad esempio, nel trattare i primi turbamenti adolescenziali, le prime pulsazioni sentimentali e sessuali della sua piccola Carlina, una ipotetica ( immaginata) figlia nata dalla sua compagna Filomena Contaldo e brutalmente uccisa all’età di tredici anni.
Un Crocco, insomma, che rivela non comuni ed insospettati sentimenti di forte amore paterno, di delicate attenzioni verso la sua donna e dolcezze nella vita familiare.
Il libro è stato presentato nei giorni scorsi a Rionero presso l’Auditorium del Centro Sociale “Pasquale Sacco. I lavori sono stati introdotti e moderati dal giovane Nicola Giansanti, presidente dell’Associazione culturale “ Suggesto”, il quale, fra l’altro, ha evidenziato dei collegamenti fra alcune situazioni narrate dal romanzo e l’attualità dei nostri tempi. Il sindaco di Rionero, Antonio Placido, nel suo ampio intervento, ha inquadrato le vicende del brigantaggio post-unitario nelle condizioni di miseria economica e sociale del tempo; condizioni di arretratezza del Mezzogiorno, non del tutto ( ed ovunque) ancora oggi cambiate in meglio. La dott. ssa Lucia Guarini, dirigente della Corte d’Appello di Potenza, sulla scorta del processo intentato a Crocco nel 1872, si è soffermata sui numerosi e gravi capi d’accusa mossi a carico del capobrigante rionerese ( dodici grassazioni, sessantasette omicidi consumati, sette omicidi mancati, quattro attentati all’ordine pubblico con strage, devastazione, saccheggio, cinque ribellioni, venti estorsioni, quindici incendi di case, con un danno di oltre un milione e duecentomila lire) con la conseguente condanna morte. La condanna a morte poi, con decreto Regio 13 settembre 1874, fu commutata in lavori forzati a vita. Nel carcere di Portoferraio, Crocco trascorse oltre trent’anni e qui vi morì il 18 giugno 1905, poiché, pur graziato, nessun familiare, come lui stesso dice, lo volle con sé.
Alla domanda del capitano Massa “ Sei pentito del tuo passato? “, Crocco rispose: “ Vorrei non aver aderito al patto di sangue con il Borbone. Vorrei poter tornare indietro e disfare tutto”.
La preside emerita Luigia Bozza, presidente dell’UNILABOR rionerese, si è soffermata sulla vita privata di Crocco, sulla sua sensibilità nei confronti della figlia e della sua compagna Filomena Contaldo.
Lo storico prof. Giampaolo D’Andrea, dal canto suo, ha tratto interessanti spunti di riflessione non solo sulle vicende brigantesche, ormai note, di Carmine Crocco, quanto sulla vita dei briganti e sull’ambiente sociale ed economico in cui esse sono avvenute, riconoscendo all’autore del libro, il merito di averle egregiamente portate a conoscenza.
L’autore, nelle conclusioni, si è soffermato soprattutto sul linguaggio semplice e lineare con cui ha scritto il romanzo, frutto dei tanti anni d’insegnamento nelle scuole medie e negli istituti d’istruzione superiore quale stimato docente di Lettere.
Una lettura del libro, seppure delle vicende scabrose e orride del brigantaggio che hanno interessato il giovane Stato italiano, è pur sempre godibile ed accattivante grazie allo stile agile e scorrevole che caratterizza la narrazione di Matteo Donato Gallucci il quale s’inserisce a pieno titolo nel pur affollato panorama letterario italiano.
         
Michele Traficante

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