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LA POESIA DI ANTONIO PALLOTTINO

Di alto spessore culturale le sue opere letterarie

Ritengo che purtroppo non sono abbastanza note le opere letterarie di Antonio Pallottino neppure in Basilicata, la sua regione di origine essendo nato a Rionero in Vulture nel 1943. Eppure le sue pubblicazioni sono di tutto rispetto. Eccole in ordine cronologico: “ Dei tuoi colori mi decompongo” (ed. Lacaita, Manduria, 2000), “ L’acetosa sollevò il capo” ( ed. Lacaita, Manduria, 2002), “ Bussano nocche diafane”( Litostampa Ottaviano, Rionero in Vulture, 2003), “ In fondo al primo caffé” ( Litostampa Ottaviano, Rionero in Vulture, 2007).
 
Le raccolte di poesie sono le più significative, a mio modesto avviso, sia per i temi trattati, sia perché il linguaggio lussureggiante tipico di Pallottino mi sembra ivi più appropriato. Tre opere si giovano della prefazione di Luigi D’Amato, lucano eccellente anch’egli. D’Amato, infatti, nativo di Melfi, è uno degli ormai pochi presidi di scuole secondarie qualificati soprattutto come persona di cultura, essendo i colleghi giovani, oggi dirigenti vocati preminentemente alle funzioni amministrative. Il preside D’Amato, promotore, tra l’altro, del Certeman horatianum venosino e vincitore di un Premio Basilicata, fa parte della prestigiosa Associazione dei critici letterari d’Italia, Le prefazioni di D’Amato ( sintetizzate recentemente nel vol. IV della Storia della letteratura italiana, edita da Guido Miano, Milano, 2009 sono così ampie, articolate ed approfondite, che ogni altro intervento critico può risultare inadeguato. I caratteri essenziali e i valori estetici delle creazioni poetiche di Pallottino sono evidenziati stilisticamente in sorprendente sintonia con lo stile delle opere considerate. Già a commento della prima raccolta sono lumeggiati “ gli attimi visionari surreali” e “il visionarismo velocissimo che scorre in un periodare in tenuta sintattica labile”, onde in Pallottino “ la poesia non è l’enfatica contabilità di sé e del mondo, ma la denuncia della fondamentale impossibilità di una grammatica dell’io e della natura”. Indubbiamente la produzione poetica di Pallottino è colta e quindi difficile, come colto è l’autore, studioso insigne a cui non solo i classici ma anche le tante sfumature del decadentismo gli sono familiari. L’ispirazione “decadente” - per così dire – ed un certo dolente pessimismo spiegano l’essenza di idealità sia religiose, sia ideologico- sociale, sia di altro genere. In merito alla raccolta di prose, acutamente D’Amato sottolinea”il fondo di amaro sarcasmo di profonda radice esistenziale” onde Pallottino sembra rappresentare “non la realtà ma la irrealtà” e le sue opere sembrano il riflesso di “un’inquietudine segnata dalla cifra dei misteri e dell’assurdo”. Tutto ciò si trova in qualche modo anche in “l’acetosa”, ma il tutto è sublimato dall’intento mobilissimo dell’autore di commemorare il sacrificio di 18 suoi compaesani nel settembre del 1943, uccisi da militari tedeschi barbaramente ed anche sproporzionatamente rispetto alle leggi di guerra, come illustrato lucidamente nella Premessa dallo stesso Pallottino. Questi nel lungo epicedio magistralmente interpreta il dolore stupito immenso dell’intera comunità. Ogni brano poetico è “ una scheggia di lacerante sofferenza”. Ogni cosa, ogni luogo del territorio rionerese – dal monte Vulture all’umile gramigna al greto dei sassi – sembrano partecipare ad una sorta di “lutto pietrificato”. I cinque disegni di Giovanni Brenna sembrano offrire la visione di certe scene poeticamente abbozzate. In tutte le opere di Pallottino abbondano figure retoriche di ogni tipo, ma soprattutto gli ossimori, quasi simboli della spiritualità dell’autore. Gli ossimori in “L’acetosa” hanno una suggestione speciale. L’ultima composizione del volumetto, in dialetto rionerese, è una speciale di ballata godibile per la sua ariosità e la sua spontaneità. Ancor più toccante è la raccolta “Bussano nocche diafane”, dedicata alla memoria della persona amata dall’autore. Fa tenerezza notare come l’autore rappresenti l’illusione che la persona cara perduta sia presente nei luoghi più vari della vita familiare. Uno speciale interesse merita la funzione dei dipinti di Nicola Lisanti inseriti in due volumi di Pallottino, e spiace che D’Amato non abbia potuto considerarla. Tali dipinti sono caratterizzati dallo stile originale di Lisanti, pittore noto a livello nazionale, trionfatore in molte mostre personali e collettive. Le sue creazioni sintetizzano realismo e metafisicismo, conciliano il mondo figurativo con lo scintillio di luci e colori che lo trasfigurano. In tal modo Lisanti ha potuto interpretare mirabilmente non pochi sentimenti e rappresentazioni di Pallottino, le cui pagine sia di prosa che di poesia abbondano appunto di descrizioni trasfigurate, in un continuo gioco di metafore ed ossimori. Le illustrazioni di Lisanti contribuiscono a rendere più chiari e suggestivi , quindi, i personaggi abbozzati spesso in modo sfuggente da Pallottino. Ad esempi, nel volume “In fondo al primo caffé” questa funzione spicca nei dipinti riguardanti il vecchio col bambino, la gallina, il giovanotto assorto nel carezzare un agnellino, il prete tra compunto e l’intontito. In altri dipinti dello stesso volumetto prevale la fantasia trasfigurante, in sintonia con la “grammatica” poetica di Pallottino. I dipinti compresi in “Bussano nocche diafane” rispondono ottimamente allo scopo di confortare il dolore “raccontato” dal poeta: Il quale certamente ha espresso pensieri sinceri prima quando ha riconosciuto che i sapienti tocchi di luce e di colori di Lisanti hanno dato lustro alla sua opera, poi, quando ha definito “essenze purissime” sublimanti il suo dolore. Tali pensieri sono totalmente condivisibili dai lettori.

Rocco Zagaria

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