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SCUOLA: LA RIFORMA GELMINI E IL MAESTRO UNICO

In un volume di Matteo Alfredo Bocchetti perché non va bene il maestro unico.

A cosa serve la scuola? Può sembrare una domanda banale e retorica, Però a ben pensarci non lo è per niente. La prima risposta che viene in mente è che serve a formare l’uomo e il cittadino, con la quale si dice tutto e non si dice nulla.
Non per niente, quasi sempre, ogni ministro della P.I. ha ritenuto d’intervenire con riforme, ritenute necessarie per migliorare il ruolo e l’efficienza del sistema scolastico. Gli stessi programmi scolastici, a scadenze quasi cicliche, sono oggetto di riforme e di adeguamenti secondo gli orientamenti pedagogici del tempo.

Cosicché i docenti sono sottoposti a continui “aggiornamenti” e indotti ad abbandonare ( potremmo dire a “rifiutare”) quanto faticosamente appreso di pedagogia per entrare con concorso nella Scuola e praticato, anche con buoni risultati nell’attività didattica per “fronteggiare” le nuove indicazioni alla luce delle disposizioni ministeriali.
Recentemente è stata Mariastella Gelmini, attuale ministro della Pubblica Istruzione, a “rivoluzionare” l’assetto organizzativo della scuola col decreto legge 169 del 30 ottobre 2008 interessando in modo particolare la Scuola Primaria con l’introduzione, fra l’altro, della valutazione degli alunni con l’attribuzione dei voti numerici, la costituzione delle classi affidate ad un maestro unico o prevalente con 24 ore settimanali. Un provvedimento che, in verità, non trova tutti d’accordo e con motivazioni varie.
In questa valutazione critica e negativa rientra anche il recente pregevole lavoro del prof. Matteo Alfredo Bocchetti dal titolo significativo “ Perché non va il maestro unico” edito dall’Armando Editore di Roma, una delle più qualificate Case editrici nel settore scolastico.
“Obiettivo di questo lavoro, ha dichiarato Bocchetti, è dì verificare se il maestro unico e la rivoluzione del tempo scuola soddisfano le esigenze di promuovere sempre più lo spirito di ricerca, far nascere e coltivare il gusto della problematizzazione dei saperi e della realtà”.
Il prof. Bocchetti, sensibile educatore e stimato dirigente scolastico della scuola Primaria in pensione da circa due anni, è uomo di solida preparazione pedagogica oltre che attento ed esperto nella didattica. “E’ grave, ritiene Bocchetti, che il Governo abbia scelto d’intervenire proprio sulla scuola primaria che in Italia vanta ottimo livello, come hanno attestato i recenti risultati di analisi internazionali”.
Bocchetti affronta con puntigliosità ma senza pregiudizi il problema dell’inadeguatezza del maestro unico in un contesto scolastico ormai avviato ad una evoluzione globale, nel senso che l’alunno è immesso in un sistema educativo aperto, multidisciplinare, vive in una società dalle molteplici esigenze



d’informazione che vanno molto al di là del nozionismo di una volta.
Per soddisfare queste esigenze di conoscenze, come già sperimentato negli anni scorsi, non è più adatto il maestro tuttologo, ma la presenza e gl’interventi di più docenti che diano, ciascuno per la propria specializzazione, gli strumenti non tanto per fornire nozioni, quanto per elaborare ed appropriarsi autonomamente del sapere e continuare il percorso formativo.
“La pluralità docente, precisa Bocchetti, non è nata per esigenze occupazionali, come pare credere il ministro Mariastella Gelmini,, ma per motivazioni puramente educative dettate dalla ricerca socio-psico-pedagogica che ha visto la scuola nel contesto sociale proiettato nel futuro”.
L’autore con un intelligente e approfondito excursus storico ripercorre le tappe principali della storia della Scuola italiana: dall’idealismo gentiliano ( ventennio fascista) al pragmatismo americano ( periodo post-bellico), ai Programmi Ermini del 1955 (d’ispirazione spiritualistica), all’assetto scolastico con i Programmi del 1985 e il D.L. 148 del 1990. Una disamina attenta e scrupolosa, anche supportata da inoppugnabile documentazione, per evidenziare le differenze, seppure nei diversi contesti socio- economici e culturali dei sistemi scolastici, fra la scuola del passato col maestro unico con i suoi limiti, deficienze e discriminazioni ( significativa l’esperienza personale, per certi aspetti umiliante) riportata dall’autore alunno “di povera gente” e l’evoluzione moderna del sistema scolastico italiano.
“In tutti i paesi moderni, sostiene Bocchetti, esiste un sistema di presenze multiple d’insegnanti, perché a differenza di 30 anni fa la società è multipla e le conoscenze sono moltiplicate”. “La scuola, ritiene l’autore, va disegnata soprattutto per gli utenti diretti che sono gli alunni e non essere disegnata per la famiglia attuale anche se di questa non bisogna disinteressarsi. Una scuola che avvii alla riflessione, al ragionare per ipotesi, alla ricerca, al sapere scoperto e costruito con l’impegno diretto degli alunni, che stimoli la problematizzazione delle varie realtà che caratterizzano il territorio, l’imparare ad imparare: queste sono le sfide della nuova pedagogia. L’obiettivo è quello di far uscire il tarlo della curiosità, lo stupore della conoscenza, la voglia di declinare il sapere con la fantasia , la creatività, l’ingegno, la pluralità delle applicazioni delle proprie capacità, abilità e competenze”.
“Con l’introduzione del maestro unico e del ridotto tempo scuola, precisa l’autore, viene meno, per gli alunni, la grande occasione formativa di costruire un costume mentale che è quello di andare in profondità nelle cose e nei fatti della vita per prevenire conseguenze spiacevoli, per orientarsi meglio nella realizzazione dei loro progetti e per agire con passione e creatività”.
“La pedagogia moderna – afferma Bocchetti – è sostanzialmente la pedagogia dell’evoluzione che oltre ad affermare l’importanza della cultura generale di
base , afferma la necessità di promuovere l’osservazione, la curiosità, l’interesse per il mondo fisico e sociale che circonda l’alunno, la volontà di sperimentare, la creatività, la capacità di valutare, l’attitudine al fare sulla base della strutturazione dei saperi fondamentali.
Alla luce delle scoperte delle scienze dell’educazione si è passati dalla scuola dei
programmi alla scuola della programmazione, dall’insegnamento trasmissivo alla problematizzazione dei contenuti didattici, dalla memorizzazione dei saperi alla loro riscoperta in situazione di sperimentazione-ricerca. Quindi una nuova scuola e nuova concezione di vita scolastica. Di qui la validità, anzi, per dirla con Bocchetti, l’insostituibilità dell’organizzazione scolastica modulare che prevede la compresenza ( o meglio, come dice l’autore, la contemporaneità) di più docenti nella stessa classe per “offrire agli alunni occasioni di apprendimento dei saperi e dei linguaggi culturali di base, far sì che essi acquisiscano gli strumenti necessari per apprendere a selezionare le informazioni, promuovere la capacità di elaborare metodi e categorie che siano in grado di fare la bussola negli itinerari personali, favorire l’autonomia di pensiero, orientando la propria didattica alla costruzione di saperi a partire da concreti bisogni formativi”.
L’autore conclude il suo lavoro con una lettera al ministro Gelmini con la quale esprime tutte le sue perplessità sul recente provvedimento ed invita la stessa a meglio” riflettere sui problemi che riguardano la Scuola, l’unica Istituzione che necessita ben orientare se si vuole il Benessere della Persona e cella Comunità”.
Il volume è stato presentato il 21 gennaio scorso ad Atella presso la biblioteca comunale, dal locale Circolo culturale “La Torre” col patrocinio della Regione Basilicata, della Provincia di Potenza e del Comune della Valle di Vitalba. Vi hanno partecipato l’assessore comunale Vito Carlucci, in sostituzione del sindaco Roberto Telesca, l’ispettore ufficio scolastico regionale Giovanni Robertella e il direttore didattico in pensione Lorenzo Lupo, fondatore e presidente onorario del Circolo culturale “La Torre”, oltre naturalmente l’autore Matteo Alfredo Bocchetti. Nel corso degli interventi sono stati pure evidenziati i limiti operativi dei team nelle classi organizzate con i NMO, soprattutto per quanto riguarda l’affiatamento e la reale preparazione e specializzazione dei vari docenti.
In verità maestri bravi e maestri meno bravi, non adeguatamente preparati e capaci, ci sono stati, ci sono e ci saranno. Il problema, semmai, è curare al meglio la formazione dei docenti perché, nelle varie discipline, siano all’altezza dei delicati compiti loro affidati.

Michele Traficante

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