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📰 L'Opinione di Marco Lombardi: Il colpo in canna

Premesso che, in materia di referendum abrogativo, una raccolta di firme on line può falsare la percezione del consenso popolare, perché un conto è la democrazia da monitor (un tempo avremmo detto da divano) ma altra cosa è andare fisicamente al seggio in una giornata estiva di presumibile bel tempo per esprimere il proprio voto, la vittoria del sì all’eventuale quesito sulla cannabis, che ne depenalizzerebbe l’uso, la coltivazione, la detenzione e la distribuzione, imporrebbe un cambiamento epocale al nostro paese. Tale esito aprirebbe anche, tuttavia, un vuoto normativo, con un via libera incondizionato alla circolazione di questa “droga leggera”che, viste tutte le sfumature congenite in tale definizione, potrebbe innescare conseguenze poco piacevoli. Quesiti del genere insomma ben più si confarrebbero ad una consultazione propositiva piuttosto che abrogativa, ovviamente se ci fosse pari funzione vincolante entro l'ordinamento giuridico. Il rischio è che poi, vinta magari la battaglia nelle urne, la si perda nell’applicazione normativa della stessa, come spesso è accaduto nella cronaca referendaria italiana. Venendo al merito della questione, pur per necessità semplificando, ma si spera il meno grossolanamente possibile, possiamo individuare almeno tre categorie diverse di consumatore abituale, cui è necessario raffrontarsi con strumenti adeguati. C'è il metodico, che dosa l'uso quasi scientificamente e a seconda delle situazioni, come se fosse un farmaco, una sorta di rimedio naturale contro l'ansia, un tempo si sarebbe detto contro il logorio della vita moderna: è questo il consumatore più innocuo, poiché in ricerca di un equilibrio che un abuso altresì comprometterebbe. C'è poi il socializzatore, amante del "falla girare", pratica oggi del tutto insana causa Covid-19, che fuma solo in compagnia, ma quando lo fa può non badare alla quantità, né al contesto, vale a dire se subito dopo dovrà guidare un autoveicolo o adempiere a compiti di responsabilità. Infine abbiamo il compulsivo, che ha sviluppato la dipendenza chimica al prodotto, per il quale fumare non è più ricerca della serenità e della liberazione mentale, bensì l’antidoto ad una persistente condizione di nervosismo, aggressività e disattenzione ed è per questo il più pericoloso in quanto cade nell’abuso senza se e senza ma. Far credere che la cannabis sia un qualcosa di totalmente innocuo è falsare la realtà, certi stili di consumo possono rappresentare una minaccia non tanto per se stessi, quanto per gli altri. Per questo motivo la liberalizzazione, che avrebbe indubbiamente un impatto favorevole ad esempio sulle tante vie dello spaccio nelle nostre città, creando al contempo una nuova fetta di indigenza tra la manovalanza della dose a buon mercato – chiedete ai centri Caritas durante il lockdown duro, quando comprare per strada era diventato pressoché impossibile -, dovrebbe essere accompagnata da una regolamentazione che prevenga e sanzioni l’uso non consapevole, che è poi quello che accade con l’alcool per chi guida, o il fumo passivo per i tabagisti. Forse è il caso di iniziare a pensarci, hai visto mai. Non si tratterebbe di ricadere in un proibizionismo mascherato, ma di mettere in pratica una sana dose di realismo sui limiti del coscienzioso uman libero arbitrio.

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