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Segnalazione in Primo Piano: Il Foglio volante di dicembre 2016

È pronto “Il Foglio volante” di dicembre

È pronto e sta per essere spedito agli abbonati il numero di dicembre del “Foglio volante - La Flugfolio - Mensile letterario e di cultura varia”.
Compaiono in questo numero, che ha più pagine del solito, oltre alle consuete rubriche, testi di Rosa Amato, Rinaldo Ambrosia, Bastiano, Aldo Cervo, Carmelo Costa, Carla D’Alessandro, Francesco De Napoli, Rosalba Di Vona, Georges Dumoutiers, Vito Faiuolo, Béatrice Gaudy, Amerigo Iannacone, Tommaso Lisi, Luciano Masolini, Adriana Mondo, Giuseppe Napolitano, Michela Pietropaolo, Nadia-Cella Pop, Giuseppina Scotti.
Ricordiamo che per ricevere regolarmente “Il Foglio volante” è necessario abbonarsi. L’abbonamento – che dà diritto all’omaggio di tre libri delle Edizioni Eva per un prezzo di copertina superiore al costo dell’abbonamento (20 euro) – serve anche a sostenere un foglio letterario che non ha altre forme di finanziamento.
Per ricevere copia saggio gratuita, ci si può rivolgere all’indirizzo: fogliovolante@libero.itoppure al numero telefonico 0865.90.99.50.
Qui di seguito riportiamo dal “Foglio volante” una fiaba di Amerigo Iannacone Iannaconel’articolo di apertura “Poesia ed esperanto”, una poesia di Rosa Amato e un breve testo dalla rubrica “Appunti e spunti”.


Nel mondo delle scimmie

Nel mondo delle scimmie, quasi tutti gli scienziati sostenevano che la scimmia discende dall’uomo.
«Oh, mamma mia, — disse Paquita quando lo sentí per la prima volta — che brutti antenati che abbiamo. Ma allora anche noi un tempo avevamo solo due mani, e magari non sapevamo neppure salire sugli alberi!»
«Piú esattamente — spiegò Maquita, una scimmia scienziata che sapeva tutto — la scimmia e l’uomo hanno antenati comuni».
«Ma non è possibile! Per noi è un disonore, È davvero umiliante!»
«Ma è cosí. C’è stato un fumoso scienziato, pardon: un famoso scienziato, Darvin, che lo ha dimostrato scientificamente. Per la verità in principio si chiamava Dar Vino, e gli si addiceva pure, anche se in verità il vino piú che darlo se lo beveva lui. Poi si fece cambiare il nome prima in Darvino e poi per risparmiare una vocale solo in Darvin».
«Io non ci credo, — intervenne Daquita — che schifo: gli uomini tutti spelacchiati. Sono costretti a mettere della robaccia addosso per ripararsi dal freddo».
«Peggio per loro». Disse Maquita.
«E poi devono andare a lavorare, non sono liberi come noi». Disse Baquita.
«Peggio per loro». Disse Maquita.
«Devono studiare, devono andare a scuola». Disse Zaquita.
«Peggio per loro». Disse Maquita.
La cosa non piaceva a nessuno, ma era cosí e non ci si poteva fare nulla.
«Noi ovviamente siamo superiori, – disse Maquita – ma proprio per questo dobbiamo avere in alta considerazione tutti gli animali e anche gli uomini. Anzi direi soprattutto gli uomini, che con tutto quello che combinano con le loro testoline malate, rischiano l’estinzione.»
Maquita aveva una grande mente, era una grande scienziata ed era capace di trasmettere conoscenze ed emozioni. Continuò a parlare per più di due ore, spiegò scientificamente, citò dati, raccontò episodi, fu davvero convincente e a tratti commovente. E tutte le scimmie presenti ascoltarono, capirono, si convinsero. E quando Maquita tacque, scoppiò un caloroso applauso.
Da allora, anche Paquita, Daquita, Baquita, Zaquita e tutte le altre scimmie guardarono gli uomini con occhi diversi.
Amerigo Iannacone



Il tempo e il cibo


Cibo che non sfama
e tempo deludente divoriamo
nel frenetico scorrere
di giorni sempre uguali.

Lievita nei pensieri
l’insonne profilo allucinato
nello spessore di un tempo che indagava
i limiti del sogno e del miraggio.

Siamo manse anime vaganti
su tracciati di multipli affanni,
ombre insicure che rasentano muri
anch’essi feriti da sismici sussulti.

Un cosmo di vertigini attorno
e riducenti perimetri di vuoto
dove divampa il gelido respiro
di criminali indifferenze.

Non la natura soltanto è volano
sull’inflazione dei giorni che non fanno storia.
Siamo arterie pulsanti se ad altri destini
ci accostiamo con empatico slancio,
oltre le scaglie d’interessi implosi.

Roma, Novembre 2016

                Rosa Amato




Appunti e spunti
Annotazioni linguistiche
di Amerigo Iannacone

La K, una lettera invadente

È un po’ presuntuosetta la lettera K (che, per inciso, si chiama “Cappa” o “Kappa” e non “Kei”), perché la troviamo sempre piú spesso in posti che non le competono. È un po’ invadente. Da un po’ di anni infatti si vede sempre piú spesso scritto “kilometro” per “chilometro”, “kilogrammo” per “chilogrammo”, “kilocaloria” per “chilocaloria”, “kilohertz” per “chilohertz” e cosí via. Gli stessi vocabolari talvolta si sono adeguati e scrivono «kilo- vedi chilo-».
Se andare in un mercato, quasi sempre trovate scritto, per esempio, “patate: 1 euro al kilo”, con la K. E poi c’è il linguaggio informatico che ci fa scrivere “Kilobyte” e simili.
Per non parlare del linguaggio dei messaggini telefonici, dove “che” diventa “ke”, e “perché” diventa “xché”. Ma qui siamo al gergo giovanilese, di cui abbiamo già parlato e di cui magari riparleremo in altra occasione.


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