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L'Opinione di Marco Lombardi: Il più straniero di tutti

Il caso del giovane tedesco di origini iraniane responsabile della strage di Monaco, ci spiazza. Perché non siamo davanti all'immigrato che attacca l'occidente barbaro e rapace, come ci saremmo potuti aspettare, ma ad un individuo così integrato da prendersela contro coloro che egli stesso considera usurpatori in casa sua.

Dietro a questo paradosso c'è magari la storia di un giovane che, alla ricerca di accoglienza in un paese dove la differenza tra gli autoctoni e “gli altri” è perpetua (la Germania concepisce l'immigrato solo come ospite-lavoratore), desideroso solo di perdersi nella massa e non potendolo fare assumendone tutte le fattezze, ha scelto di marcare la differenza con coloro che oggi puzzano più degli altri, gli stranieri indigenti attaccati alle mammelle dello Stato. Se così fosse non dovremmo parlare di caso limite, ma di una non casualità tirata oltre i limiti della ragione da esperienze di vita difficili, nella fattispecie l'essere stato vittima di bullismo. Anche in Italia, infatti, il fenomeno delle discriminazioni cascata, la continua ricerca dell'ultimo cui cedere il proprio stigma sociale, è piuttosto diffuso. In un quadro semplificato circoscritto al secondo dopoguerra, si inizia con le migrazioni interne, dal sud al nord e fu la classe operaia ed ex contadina del centro-nord Italia, snobbata dai padroni, ad individuare nel terrone colui contro il quale puntare il dito. La cosa durò a lungo, fino ai primi anni novanta, con il nuovo spauracchio dell'uomo nero, giovani maschi provenienti dalle regioni dell'Africa, spesso con una o due lauree, ma trattati come trogloditi con l'anello al naso. Poi venne la crisi nei Balcani e il venditore ambulante, meglio noto come vu cumprà, divenne il bravo ragazzo che magari scoccia, ma non puzza, non ruba, non insidia le nostre donne. “Sei proprio un albanese” divenne un'offesa diffusa tra i giovani. Ecco poi l'ondata gialla, il cinese scampato dal comunismo che prima faceva comodo all'economia nazionale e poi è divenuto quello che, se da un lato non compie reati di violenza e si fa gli affari propri, dall'altro ha fatto fallire i nostri imprenditori. I temutissimi albanesi? Fanno lavori di fatica, loro, specialmente nell'edilizia, dove sono abilissimi, si fanno pagar poco e soprattutto non vincono appalti, ma sono subappaltatori ideali. Passa il tempo e anche il cinese, che pazientemente ha aspettato il turno suo, ha trovato il più straniero da cui prendere platealmente le distanze, specie nei luoghi pubblici ed affollati, perché il nuovo ultimo livello della cascata sono i rumeni e gli intramontabili zingari, che non hanno voglia di lavorare e infastidiscono. Difficile trovare di peggio, ma chissà che un domani non troppo lontano anche il nomade tradirà la sua natura aperta per guardare con sospetto la donna velata appena salita sull'autobus, in fondo non pagare il biglietto è niente rispetto a potenziali terroristi. Forse non esiste rimedio a tutto ciò, ma vale la pena tener sempre presente un aspetto di fondo, cioè che la cascata della discriminazione non libera nessuno dallo stigma, dà solo la percezione di essersene liberati. Prenderne coscienza inviterebbe molti di quegli italiani che considerano lo straniero il principale nemico, ad alzare la testa dal fango per vedere in faccia chi col piede lo sta spingendo sempre più a fondo.

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