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Porre un freno all’egoistico consumismo della società moderna


Negli ultimi tempi, specie nei paesi occidentali ed europei in particolare, attanagliati da una crisi economica che pare inarrestabile, non si parla d’altro che di “crescita”, “crescita urgente e indispensabile”. Ma dove si vuole arrivare con questo frenetico bisogno di crescita? 

Fin dove e fino a quando l’economia degli Stati occidentali può continuare a crescere all’infinito? E ciò solo per continuare a soddisfare i bisogni consumistici di popoli che, per loro fortuna, già hanno tanto. 
Non importa se lo sfruttamento insensato e senza limiti delle risorse naturali (vedi petrolio e derivati, l’inevitabile inquinamento ambientale con addirittura il cambiamento climatico, la deforestazione, lo spreco delle risorse idriche ecc.) provoca disastri di cui, poi, ” strapparci i capelli”. 
Così l’uomo moderno, quello occidentale in special modo, è imbrigliato in un meccanismo infernale. 
Non è mai contento, vuole sempre di più e meglio. 
Non importa se poi a farne le spese è l’integrità della natura, se a rimetterci saranno popolazioni del così detto “terzo mondo” cui manca di tutto, in alcuni casi anche il necessario per sopravvivere. 
Si guarda al proprio “orticello” e che si vuole sempre più “rigoglioso” e con ogni ben di Dio. 
Si guarda sempre avanti e ci appella ai ritrovati delle più avanzate tecnologie perché la nostra vita sia sempre più comoda. 
Ci prende una sorta di subdolo egoismo che non ci fa guardare di là del nostro naso. 
C’è difficile, se non impossibile (forse perché vogliamo) guardarci indietro e considerare quanti stanno assai peggio di noi. 
Non ce ne vogliamo rendere conto, cerchiamo di fuggire tappandoci gli occhi con le mani o nascondendo la testa sotto l’ala, metafora che ci mostra un certo narcisismo protettivo. 
Abbiamo paura di soffrire e di fare grosse rinunce. 
La nostra civiltà dell’immagine ci offre risorse a man salva per poter volare nella realtà virtuale delle autostrade dell’informazione e possiamo farlo senza alcun rischio. Quindi ci afferriamo a tutto questo quasi fosse l’unica via di uscita da un mondo che sentiamo forse ogni volta più insopportabile. 
E così invece di aver creato la società dell’essere, abbiamo creato avidamente quella dell’avere, attaccati come ad un’ancora di salvezza alla nostra immagine, alla nostra vertiginosa ruota consumistica spinta da una pubblicità senza né capo né coda. 
Viviamo come in un grande specchio - in origine parola molto vicina a spettacolo - nel quale ci sentiamo l’ombelico del mondo. 
E corriamo, corriamo freneticamente per avere tutto e subito. Ma può durare tutto questo? 
Quando l’uomo moderno si renderà conto che di questo passo sarà l’artefice della sua autodistruzione? 
Se l’uomo continua a distrugge la natura, la natura distruggerà l’uomo. Già da tempo il filosofo e sociologo polacco Zigmunt Bauman, aveva lanciato l’allarme, come ben riportato nel suo libro Vite che non possiamo permetterci (Laterza, 2012). 
Le sue diagnosi sulla società malata sono sferzate sulla dabbenaggine umana che consuma senza ragionare e spreca senza sentirsi colpevole di danneggiare irrimediabilmente l’intero ciclo riproduttivo naturale, oltre a rendere invivibile l’ambiente a causa dell’inquinamento atmosferico. 
Vedi i preoccupanti cambiamenti climatici. 
Egli ribadisce con forza il suo no al consumismo scellerato che caratterizza il mondo attuale. 
 Che fare, allora? 
Si è convinti che la crisi economica si risolve con la “crescita”, vale a dire con l’aumento del PIL e con il “consumiamo di più”. 
Noi abbiamo qualche dubbio al riguardo. 
Ci rendiamo conto della complessità del problema ma pensiamo che occorra trovare mezzi e soluzioni che non compromettano ulteriormente le risorse del pianeta. 
Che si ponga finalmente fine allo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali, peraltro non inesauribili, a beneficio di pochi e a danno di molti. (Vedi l’insensato e selvaggio sfruttamento del petrolio e suoi derivati). 
Il punto allora non è non consumare, ma consumare con criterio e responsabilità offrendo a chi ha di meno di avere almeno il necessario. In altri termini si tratta di assicurare un maggiore equilibrio nella disponibilità delle risorse che la natura ci mette a disposizione. 
Evitare cioè che chi già ha, abbia di più e chi non ha, abbia ancora di meno. Finirla insomma con il continuare a mettere dieci piatti davanti alla bocca a una sola persona e un solo piatto a quella di dieci persone. 
Porre un freno alla disuguaglianza sociale, ridurre la povertà, l’emarginazione e i conflitti sociali. 
Sono gli unici antidoti (rimedi) che consentono un’accettabile e pacifica convivenza civile. In altri termini, come ha sostenuto il neopresidente della repubblica Sergio Mattarella nel suo messaggio all’EXPO:” «L’aumento delle diseguaglianze tra paesi ricchi e popolazioni povere, in costante lotta per sopravvivere alla denutrizione, rende indispensabile l’adozione di un nuovo modello di sviluppo che modifichi questa inaccettabile tendenza, nel rispetto dei fondamentali valori riconosciuti e sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”.
La stessa Unione europea, finora, è stata trattata come mercato economico allargato e non come strumento propulsore della solidarietà fra i popoli. 
Se si vuole salvare l’umanità dalla distruzione, bisogna interrompere il consumismo orgiastico della società che oltretutto già vive in un relativo benessere. 
Forse questo è solo utopia, ma bisogna pur credere in qualcosa di veramente “umano” e sperare ed operare perché si possa realizzare una società più giusta, una società realmente fraterna, perché la fraternità, come dice papa Francesco, edifica la pace, sconfigge la povertà, spegne la guerra.” 
Forte l’ammonimento del Papa nel suo messaggio, ”serve un freno «a un’economia dell’esclusione e della iniquita’. Questa economia uccide»”. 

Michele Traficante

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