Apprendiamo
dal sito del Ministero dell’Ambiente che la Global Petroleum Limited ha
avanzato ben 4 istanze per ricerche di giacimenti di idrocarburi nel
mar Adriatico. La superficie complessiva interessata è di oltre 700 km
quadrati.
I
territori interessati sono quelli compresi tra Molfetta e Brindisi.
Pensiamo sia superfluo sottolineare che si tratta di comunità che basano
sulla pesca e sul turismo buona parte della propria economia, e che
quindi eventuali permessi concessi dal governo segnerebbero una violenza
nei confronti di tali territori.
Vogliamo
evidenziare che finanche le analisi esplorative che la multinazionale
del petrolio utilizzerebbe per cercare eventuali giacimenti petroliferi
sono tutt’altro che non impattanti sull’ambiente.
Ci
sono inchieste e studi che denunciano che l’utilizzo della tecnica
conosciuta come “Air-gun” (che consta nello “sparare” a grande velocità
aria compressa sul fondale creando delle vere e proprie esplosioni),
risulti dannosa a molte specie marine. Ci chiediamo che effetto possa
produrre, per esempio, nelle acque al largo di Molfetta e Giovinazzo,
risaputamene sature di ordigni bellici abbandonati lì dall’esercito
alleato sul finire della Seconda Guerra Mondiale.
Ci
lasciano esterrefatti le parole del Ministro all’Ambiente (sic!)
Gianluca Galletti, che sostiene che dovremmo cogliere “l’opportunità
offerta dal petrolio” e accettare le trivellazioni nel nostro mare.
Eppure
basterebbe scorgere cosa è avvenuto e avviene in altre regioni a noi
vicine a causa del petrolio, per capire che sarebbe molto meglio farne a
meno.
In
Emilia Romagna le istituzioni locali hanno revocato i permessi per le
operazioni di estrazione, dato lo studio scientifico che ha messo in
relazione le attività di trivellazione con le potenti scosse sismiche
che hanno distrutto gran parte della provincia emiliana nel 2012.
Ma
per smontare tutte le mistificazioni rispetto ai grandi vantaggi di cui
il petrolio è portatore, basta spostarsi di qualche chilometro, in
Basilicata.
Quando
in Lucania, venti anni fa, si scoprì il petrolio, tutti i politici
locali e nazionali accolsero la novità urlando che la popolazione si
sarebbe arricchita e sarebbe piovuto lavoro per tutti.
Dopo
vent’anni, ci troviamo di fronte allo stupro di un territorio ricco di
storia e natura, dovendo evidenziare che gli unici ad essersi arricchiti
sono stati i petrolieri.
Infatti,
secondo l’Istat, la Basilicata è la regione più povera d'Italia. La
popolazione sta diminuendo a vista d’occhio: sono oltre 3000 all’anno i
giovani che lasciano la regione per emigrare altrove. I dati della Cgil
denunciano un tasso di disoccupazione costantemente in crescita: «Nella
sola Val d'Agri (dove è più intensa l'attività dei petrolieri) ci sono 8
mila persone tra disoccupati e inoccupati».
Ma
la vera beffa riguarda le royalties (in Italia pari appena al 7% del
profitto globale delle multinazionali): a fronte dei 141 milioni di euro
che hanno portato al Pil regionale, hanno determinato però l'uscita
della Basilicata dai fondi UE per l'obiettivo 1, perdendo così fondi
europei per circa 320 milioni di euro.
Ma non basta: infatti c’è anche l’inquinamento, ed i danni permanenti causati al territorio.
La Basilicata ha una percentuale di morti
per tumore più alta della media nazionale (dati dell'Associazione
Italiana Registro Tumori), e le aziende agricole si sono dimezzate
nell'arco di 10 anni (dati Confederazione Italiana Agricoltori).
Secondo
i dati della Commissione Bicamerale sul Ciclo dei rifiuti, le attività
di estrazione hanno inoltre prodotto oltre 400 siti contaminati.
Gli
studi della Prof.ssa Albina Colella ci preoccupano riguardo le
condizioni di salute dell’invaso del Pertusillo, fonte di acqua potabile
per molti comuni pugliesi. Le analisi hanno mostrato una consistente
presenza di idrocarburi (oltre i valori consentiti dall’Istituto della
Sanità) e addirittura di metalli pesanti (forse derivanti dalle sostanze
lubrificanti che si usano per le trivelle).
Vale
la pena sottolineare che nelle famigerate “riforme” che il governo
Renzi vorrebbe portare a casa con la stampella della destra, c’è anche
la modifica del Titolo V della Costituzione, che esautorerebbe le
Regioni e gli Enti Locali da ogni responsabilità rispetto alle politiche
di tutela ambientale come di produzione energetica.
Alla
luce di tutto questo, e tanto altro, ci opporremo con tutte le forze a
questa follia, figlia di un sistema economico e di produzione energetica
che garantisce i profitti delle solite lobby, calpestando il diritto
all’autodeterminazione di ogni comunità e distruggendo i beni comuni e
le nostre vite.
Cercheremo
un fronte comune, costruito dal basso, con chi in Puglia, e non solo,
voglia condividere questa lotta in difesa del proprio territorio.
Saremo
nelle piazze a parlare alla gente, ed al contempo fuori dai palazzi a
pretendere che le istituzioni tutelino per davvero il nostro diritto
alla salute.
Esortiamo
quindi da un lato chiunque ne abbia voglia a mettersi in rete e a dar
vita nelle proprie realtà ad incontri, dibattiti e qualsiasi altra forma
di informazione dal basso riguardo quanto sta avvenendo, e dall’altro
le istituzioni locali a prendere una posizione netta, al di là delle
sterili dichiarazioni sui media o sui social network, contro le
trivellazioni in Adriatico, magari partendo con la modifica dello
statuto comunale o il ricorso al principio di precauzione, nel caso
occorra.
Le
trivelle non cadono da sole dal cielo, ma sono il frutto di semplici e
precise scelte politiche. I sindaci delle nostre città, i presidenti
delle nostre Province o Regioni fanno parte o sono alleati dei partiti
che sono al governo, e oggi scelgono di distruggere la nostra casa.
Quindi nessuno accampi scuse di non competenza ma piuttosto ci si prenda
delle sane responsabilità politiche.
Coordinamento No-Triv Terra di Bari.
info e adesioni :
notriv.molfetta@gmail.com
notriv.molfetta@gmail.com