Tavecchio
e il relativismo morale italiano
E'
incomprensibile come si possa continuare a sostenere la nomina di
Tavecchio alla guida della FGCI. Lo stesso mondo del calcio che solo
qualche settimana fa lodò, unanime, il gesto di Dani Alves - che
aveva raccolto la banana lanciatagli da un tifoso, addentandola in
gesto di scherno -, oggi sorvola sul medesimo messaggio razzista.
Ben
vengano le politiche di rafforzamento dei vivai calcistici, sempre
che la Federcalcio possa incidervi in qualche modo, ma quella frase
non ammette appello: la candidatura deve essere ritirata. Mi immagino
come si senta Stefano Okaka, il giocatore direttamente offeso, di
fronte a tanta ipocrisia. Possibile che tra i grandi club della serie
A, solo il patron della Fiorentina Della Valle abbia ritenuto
doveroso esprimere il proprio disappunto? L'impressione è che, per
l'ennesima volta, ci si trovi di fronte all'inguaribile relativismo
morale italiano, cioè l'essere disposti a calpestare qualsiasi
valore pur di tutelare il proprio tornaconto. La domanda che dovremmo
porci, dunque, è quale merce di scambio saprà e dovrà offrire
Tavecchio alla benevolenza dei suoi attuali sostenitori.