Se Silvio Berlusconi è la maschera dell'Italia all'estero
Talvolta
provo ad immedesimarmi negli italiani all'estero che, dopo aver
sudato sette camicie per integrarsi ed ingoiato chissà quante amarezze,
si trovano ad essere denigrati a causa dei rappresentanti istituzionali
dei loro paese natio. Lo stesso dicasi per quella virtuosissima
minoranza di imprenditori che, grazie solo alle loro forze, sono
riusciti ad instaurare legami commerciali internazionali. Quanto facile
sarcasmo subito, ma soprattutto quale prezzo da pagare in termini di
reputazione ed affidabilità, perché lo stereotipo fa presto a
germogliare ed assai tardi a morire (se muore): destinati in eterno a
fare i tedeschi
più dei tedeschi, per continuare ad essere ritenuti persone serie e
degne di fiducia. In tal senso Silvio Berlusconi incarna la deriva dello
stereotipo italiano, la
maschera in disfacimento del clown spaghetti-pizza-mandolino, che mostra
così le agghiaccianti
striature del ghigno e del digrigno. Non è questione di pregiudizio
comunista o di esterofilia, si tratta di una realtà imperdonabilmente
percepita da un mondo globalizzato con cui gli italiani, giocoforza,
fanno i conti ogni giorno, sia quelli residenti nei confini nazionali
sia quelli emigrati. Doveva passare, diceva Montanelli e lo credemmo
tutti nell'autunno di un anno fa. Tremendo errore di valutazione e oggi
siamo daccapo.