Se,
usando l'espressione “diversamente berlusconiano”, Angelino
Alfano abbia inteso rifarsi una verginità politica, magari in vista
di un Letta bis senza il Cavaliere, sappia che la piega non è
quella giusta. E' plausibile che un imprenditore dichiari di ammirare
lo spirito del Berlusconi uomo d'affari e di commerci, come per un
certo verso si può definire il “berlusconismo”, ma non i relativi mezzi
attraverso i quali dare corpo a questa abilità. Un politico invece non
potrà mai portare avanti le istanze del berlusconismo, seppur con metodi diversi,
senza essere
egli stesso Silvio Berlusconi o un suo fedele servitore. Perché, se è
logico che nel libero mercato l'obiettivo di ogni attività
economica sia il profitto individuale, preferibilmente temperato con
altre finalità di interesse più generale, il fine della politica
nelle democrazie liberali non deve mai essere l'interesse personale.
Se così è stato, per oltre venti anni, è perché l'Italia ha
costituito un'anomalia democratica. Comprensibilmente Alfano
intende sfruttare il logo Berlusconi, che vale alcuni milioni di
voti, ma l'operazione che intende fare, per come si presenta, è
destinata a fallire. Sarà un fallimento per lui, per la sua carriera
politica e, almeno in attesa che due alternative partitiche serie si
affaccino anche sulla nostra scena elettorale, forse anche per il paese.