La
ministra che non dà la mano. E fa bene
Non
è azzardato affermare che, in questa ancora breve esistenza del
governo Letta, Cecile Kyenge è il ministro che più ha
impressionato. Decisa, mai sopra le righe, sta affrontando i temi
legati all'immigrazione ed alla discriminazione razziale con
competenza, ma soprattutto con quel realismo che sulla materia spesso
manca nel nostro paese. Dal tema della cittadinanza a quello del
razzismo, Kyenge non cede ad un approccio vittimistico che, forse,
molti tra i suoi sostenitori politici e della società civile si
aspetterebbero da lei.
Dall'altro ieri c'è da attribuirle anche un
altro punto a favore. Rifiutandosi di stringere la mano all'ennesimo
provocatore della Lega Nord, poco importa quale ruolo istituzionale
il medesimo rivestisse, ha fatto quello che le cariche istituzionali
di questo paese avrebbero dovuto compiere ormai da quasi trenta anni.
Vale a dire prendere ufficialmente le distanze dagli esponenti di un
partito apertamente xenofobo e che fa della violenza verbale contro
il diverso, terrone, negher o zingaro che sia, il cardine
della sua propaganda. Evidentemente, tra i tanti soloni che nei vari
partiti si riempiono la bocca di etica, ci voleva una paffuta
medico-chirurgo quasi cinquantenne e chissenefrega se bianca, nera,
rossa o gialla, per ribadire che nessuna percentuale di voto potrà
mai compensare la demenza antidemocratica di un movimento. Tenga duro
ministra, l'Italia migliore, stavolta è proprio il caso di dirlo,
sta dalla sua parte.