Ha
forse ragione Niki Vendola quando afferma che, al termine di questo
convulso fine settimana di elezioni presidenziali, il vero vincitore è
Silvio Berlusconi. Mentre il PD si disintegrava e Grillo vedeva
tramontare anche a causa sua l'ultima chance di ricatto su Bersani -
perché il non voto a Rodotà non può prescindere dagli sfottò grillini
all'ex segretario delle ultime settimane -, il cavaliere restava
nell'ombra. Egli si è semplicemente sottratto, come già accaduto per
quasi tutta la durata del governo Monti, all'agone mediatico, eppure i
suoi veti sono stati chiari e determinanti.
Così, quando il popolo si
lamenta per l'incapacità della classe politica di aver saputo proporre
anche solo un nuovo volto alla presidenza, dopo che ci sono riusciti
persino Putin con Medvedev e nientepopodimeno che la Chiesa Cattolica
con Papa Francesco, non è contro il PdL che punta il dito. La morale
comunque è che, ancora una volta, i giochi di segreteria ed i
tatticisimi tra partiti hanno soppiantato una riflessione sui bisogni
del paese, fermo restando che, a Costituzione vigente, non è il Capo
dello Stato la figura deputata a risolverli. Non resta dunque che
attendere l'ormai imminente nomina del nuovo esecutivo nella speranza
che, almeno per qualche mese, si ricominci a gestire il paese, ma non ci
si stupisca se il clima sociale si farà sempre più bollente e
soprattutto non incanalabile nei pacifici binari della partecipazione
politica. Ci attendono tempi non solo bui, ma anche molto, molto tesi e
quel che è peggio, lo Stato, rispetto a simili scenari passati della sua
storia democratica, non sembra capace di saperli affrontare con la
dovuta sapienza ed autorevolezza.