Gli imperdonabili ritardi di Pierluigi Bersani
In politica il vecchio adagio del meglio tardi che mai raramente funziona ed i ritardatari, il più delle volte, rimangono al palo. La presentazione ieri degli otto punti programmatici da parte di Pierluigi Bersani, nell'ipotesi "A" di un governo di minoranza, risulta piuttosto inutile, riuscendo altresì nell'ardua impresa di far ulteriormente avvilire ed arrabbiare la base del centrosinistra. Perché questa operazione di sintesi non è stata fatta durante la campagna elettorale?
Proporre solo ora temi come il dimezzamento del numero dei parlamentari, la rilevanza penale del reato di falso in bilancio e i conflitti di interessi, sa tanto di ultima spiaggia, il tentativo estremo di chi, per non finire disarcionato, gioca il tutto per tutto. Più che la premessa per un governo sicuro del paese, esigenza irrinunciabile specie quando la maggioranza dovrà essere raggiunta atto per atto, somiglia tanto al preludio di una gestione a strattoni che il paese non può permettersi. Dulcis in fundo, per non perdere l'abitudine a farsi del male, nelle otto irrevocabili priorità manca un qualunque accenno al sistema di finanziamento della politica. Non si pretendeva l'azzeramento dei fondi erogati, ma almeno un taglio consistente, trasparenza nell'utilizzo ed il controllo da parte di un organo pubblico terzo. Solo dopo, a voto dei delegati PD già espresso, Bersani ha integrato i suddetti magnifici otto con questo tema. Nel frattempo però Matteo Renzi lo ha battuto sul tempo, sfruttando questo ennesimo ritardo per bacchettare e a ragione, la leadership del partito.
Marco Lombardi