Segue articolo: SOTTOTERRA! LA TRISTE FINE CHE FANNO TUTTI GLI OLIGARGHI RUSSI CHE SI RIBELLANO A PUTIN
La
parabola mitica dell’ex magnate russo Boris Berezovsky, morto d’infarto
nella vasca da bagno - Ossessionato dai complotti e dalla politica
russa, fu prima alleato di Putin, poi suo nemico - Dovette fuggire a
Londra, ebbe dei rovesci economici ma più dei soldi amava gli
intrighi...
Claudio Gallo per "La Stampa"
A due giorni dalla scomparsa dell'oligarca russo Boris Berezovsky, 67 anni, non tutti gli interrogativi sono irrisolti. Alla fine, dopo molte versioni contrastanti, è morto nella sua casa di Ascot, località nota per le corse di cavalli dove nobildonne e riccone fanno a gara a chi sfoggia il cappello più strano. Trovato senza vita nella vasca da bagno verso le tre del pomeriggio di sabato da una guardia del corpo che per entrare ha dovuto sfondare la porta.
Le indagini passano ora nelle mani della «polizia criminale della valle del Tamigi». La vicenda assume un tono più da Maigret oltre Manica che non da intrigo internazionale. Certo Berezovsky aveva nemici implacabili al Cremlino, qualcuno aveva cercato di farlo fuori facendo saltare via la testa all'autista, lo minacciavano.
Un suo amico, Damian Kudryatsev, crede all'ipotesi dell'infarto: «Niente segni esterni di suicidio, niente tracce di aghi o flaconi di pillole. Non è chiaro che cosa abbia provocato l'arresto cardiaco». Berezovsky, spiega Kudryatsev, aveva problemi di cuore e recentemente era andato a farsi curare in Israele.
Era molto depresso dopo i salatissimi rovesci giudiziari con l'ex socio oligarca Roman Abramovich e l'ex moglie Elena Gorbunova, la madre dei suoi due figli, a cui doveva pagare un divorzio multi milionario.
L'ex collaboratore Aleksander Goldfarb conferma che negli ultimi tempi era «molto stressato» ma è scettico sulla richiesta di perdono che secondo il Cremlino l'oligarca avrebbe inviato a Putin un paio di mesi fa. Mosca fa sapere che sarebbe addirittura disponibile ai funerali in Russia. Incredulo anche un altro businessman russo espatriato nel 2009 per non essere processato, Evgeny Cichvarkin: «So che parlava spesso di tornare in Russia ma non bevo questa storia della lettera a Putin».
2. VINO, CIBO E DONNE - MA PIÙ DEI SOLDI AMAVA GLI INTRIGHI
Mark Franchetti* per "La Stampa" (*corrispondente da Mosca per il Sunday Times di Londra- traduzione di Carla Reschia)
Più di una volta ho avuto occasione di vedere Boris Berezovsky al culmine del suo potere, alla fine degli Anni 90. Uomo con floridi, stretti legami con il Cremlino e un innato talento per l'intrigo, all'epoca era l'oligarca per eccellenza. I suoi uffici privati in un palazzo moscovita dei tempi degli zar, noti semplicemente come «il club», assomigliavano a un mini-Cremlino.
Sorvegliati da guardie del corpo armate, potenti uomini d'affari e politici attendevano di avere udienza dal magnate che teneva i suoi incontri intorno a un lungo tavolo da pranzo bianco, servito da valletti che chiamava spesso premendo un campanello. Un consumato bon vivant, che amava i vini costosi, il buon cibo e la compagnia di donne belle e giovani, la sua più grande passione insieme alla politica.
«Amava il potere e il complotto molto più del denaro - ha detto di lui un caro amico -. Non era un uomo d'affari, era uno stratega, con una mente brillante sempre all'opera con nuove idee, alcune sorprendenti, altre folli. Amava trovarsi al centro degli eventi. Prediligeva le conversazioni intellettualmente stimolanti. Amava le persone che gli permettevano di affinare le sue capacità mentali, non gli adulatori».
Alla vigilia del Capodanno 1999, la notte del millennio, quando Boris Eltsin sorprese il mondo dando le dimissioni e nominando Vladimir Putin presidente facente funzioni, al teatro Bolshoi m'imbattei in Berezovsky, che aveva aiutato il nuovo presidente a prendere il potere.
«Abbiamo vinto - disse tutto eccitato, con un senso di trionfo personale -. Questo è il miglior Paese del mondo e abbiamo il miglior presidente del mondo». Ma Putin fu il più grande errore di calcolo nella vita dell'ex miliardario. Quando cadde in disgrazia proprio con lui, rifiutò di fare marcia indietro, pensando erroneamente di essere abbastanza potente da avere la meglio sul presidente. Nel 2000, rischiando l'arresto, fuggì a Londra.
«Ho bisogno di sapere con chi state disse Putin, secondo il defunto Patarkatsishvili - . Con Boris o con noi? Se siete dalla nostra parte potete stare in Russia e i vostri affari prospereranno. Ma se state con Boris tutto ciò che colpirà lui colpirà anche voi».
Quand'era al culmine del suo potere, Berezovsky era difficile da incontrare, per non parlare di un'intervista; ma un giorno, due anni dopo la sua fuga a Londra, rispondo al telefono nel mio ufficio di Mosca dopo che tutte le nostre linee erano state occupate per un bel po'. Con mia grande sorpresa era in linea, da Londra, l'oligarca caduto in disgrazia. Lui in persona, non un collaboratore. Voleva parlarmi di una storia ed era in attesa da un pezzo, una scena impensabile fino a poco tempo prima.
L'anno scorso, quando gli avevo chiesto della sua situazione finanziaria, Berezovsky aveva ammesso gravi difficoltà ancora prima di perdere la causa contro Roman Abramovich: «Sì, è vero, ho un sacco di problemi con i soldi, perché, da un lato, Badri controllava tutte le nostre attività e quando è morto è venuto fuori che non mi proteggeva. Dall'altro lo Stato russo ha cercato di tagliare tutte le mie fonti di guadagno. Mi ha creato un mucchio di difficoltà, sicuramente».
«Dopo la sentenza di Londra era molto depresso, a malapena usciva, non rispondeva alle telefonate. Mandava solo messaggi - ha detto un caro amico -. Non l'avevo mai visto così male in vent'anni. Aveva perso tutto e si sentiva sconfitto. La sua morte è la fine di un'era».