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Segue articolo: "Mia sorella, prima vittima di una faida che non finirà mai”




Le «Vele» di Scampia, tragico simbolo della guerra di camorra per il controllo del mercato dello spaccio della droga a Napoli

Viaggio a Scampia con il fratello della ragazza che si ribellò ai boss
GUIDO RUOTOLO
inviato a napoli
Il vespone bianco si nasconde tra la vegetazione di sterpaglia che cresce spontanea nei sotterranei della Vela abbandonata. I due pusher sembrano sfidare la pattuglia di polizia che da otto giorni sta impedendo materialmente che nella «piazza» dello spaccio si possa vendere droga. Vagano senza meta gruppi di tossicodipendenti disperati. C’è Abdul, il nero, che il poliziotto conosce e allontana. Dalla radio della centrale si capisce che diversi disperati si stanno concentrando nei pressi del Bosco di Capodimonte in cerca di un Caronte che procuri la polvere per andare nell’altro mondo.

«Finora si stanno ammazzando tra di loro. Che se la piangano tra di loro. Non equivocatemi, speriamo che i prossimi morti non siano vittime innocenti». Francesco Verde è il fratello di Gelsomina, Mina, la ragazza di 21 anni torturata e uccisa nella prima guerra di Scampia, il 21 novembre 2004. Era stata fidanzata tre anni prima con uno dei fratelli Notturno, una delle famiglie del cartello AbbinanteNotturno-Abete in guerra con i Di Lauro. E i Di Lauro, appunto, sequestrarono Gelsomina perché da lei volevano conoscere i nascondigli dei Notturno.

Povera Gelsomina. La sua storia è evocata nel film «L’intervallo» presentato adesso a Venezia. «Gelsomina - ricorda il fratello - non si piegò, lei era contro la mentalità camorrista. Si lasciò con il fidanzato proprio perché non accettò di essere la donna di un boss. Avrebbe potuto prendere tempo, dire ai Di Lauro di non conoscere i nascondigli dei Notturno, ma che era pronta a informarsi. E invece fu torturata, ammazzata, bruciata».

Sessanta morti, si contarono allora. Oggi siamo a una decina. Ma gli ultimi due fanno paura. Sono i fratelli di boss di clan contrapposti. E’ una guerra dei vertici del potere camorrista per il potere. E altro sangue scorrerà. «Appena il clan o il cartello di famiglie al potere si indebolisce - dice Francesco Verde - arrivano i nuovi pretendenti. Magari i capi delle piazze dello spaccio che sgomitano per arrivare in alto. E si torna a sparare e a morire».

I fuochi della rabbia e del dolore delle famiglie che piangono i loro caduti di questa guerra, stanno facendo terra bruciata. A Scampia-Secondigliano, nella periferia maledetta della città non c’è un prestigio o una onorabilità da difendere per un potere (criminale) fatto di consenso e di presenza sul territorio. No, quella è una rappresentazione della mafia siciliana o dei Casalesi. Gli Scissionisti bruciano tutto in pochi attimi. Come il canto delle cicale, il loro ciclo vitale è breve. Commerciano e spacciano droga, tutte le droghe possibili. E accumulano polvere bianca e montagne di euro. Prima e dopo, sopra e sotto, dentro e fuori, non c’è altro.

Francesco Verde collabora oggi con la sua «Progetto per la vita onlus» insieme all’«Associazione resistenza anticamorra» allo sportello Anticamorra di Scampia. «Quella che si combatte in questi giorni è sempre la stessa guerra. Era nata così: gli Scissionisti contro i Di Lauro. Oggi sono sempre loro che si fanno la guerra. Gli Scissionisti si sono frammentati in vari clan che combattono per la supremazia e il potere. Sono i Vannella-Grassi che vogliono fare cappotto, fregare tutti. E dire che nella guerra precedente morti innocenti si sono pianti in tutte le famiglie. Oggi orfani, nipoti, parenti e vedove alimentano la nuova guerra dimenticandosi del passato, dei propri cari alleandosi con i carnefici. Sono i soldi che accecano gli animi».

«Benvenuti a Scampia. Basta crederci e trovi un mare di bene a Scampia». Il murales della municipalità ti accoglie all’ingresso del quartiere. Sembra un messaggio subliminale. Un paradosso. «Il punto - spiega Ciro Corona, Associazione resistenza anticamorra è che siamo sfiancati. Scampia la stiamo perdendo. C’è ancora un barlume di speranza che la partita possiamo vincerla. La presenza di una miriade di associazioni non è più sufficiente. Adesso la politica deve mandare un messaggio chiaro. Non servono le presenze saltuarie, le sfilate di ministri e di segretari».

Ciro Corona vive a Secondigliano e sottolinea l’altra parte della mela: «Con lo sportello anticamorra, nove denunce anonime al mese, stiamo cambiando un modo di essere e di pensare di Scampia. Arriva la denuncia anonima che un camorrista ha costruito un cancello abusivo a protezione della propria casa? Il commissariato di polizia di Scampia entro le 24 ore risolve il problema”.

Ma quella che si sta combattendo è una «guerra asimmetrica». Da otto giorni lo Stato canta vittoria. E a ragione: 200 uomini tra carabinieri e poliziotti di rinforzo hanno nei fatti bloccato le piazze dello spaccio di Scampia. Non si vendono più polvere bianca, pasticche, fumo alla Casa dei Puffi, al Lotto TA-TB di via Ghisleri, ai Sette Palazzi (Comparto A), alla Vela Celeste. Ma fino a quando la macchina della prevenzione e della repressione dello Stato sarà in grado di garantire questo sforzo straordinario?

Negli scantinati della Vela Celeste c’è la carcassa di un’auto bruciata. E decine di siringhe. Allacci abusivi per l’acqua e la corrente. Tappeti di immondizia e pozze d’acqua che piove dalle tubature. Doveva essere un complesso abitativo d’avanguardia. Le Vele che resistono (ne sono state abbattute 3 su 7) sono monumenti viventi del degrado sociale e urbano.

Il dirigente del commissariato di Polizia di Scampia, Michele Spina, racconta che una sola piazza, il Lotto TATB, aveva un fatturato giornaliero di 80.000 euro. Gli investigatori ipotizzano che la guerra in atto sia stata scatenata dalle mire espansionistiche dei Vannella-Grassi. Francesco Verde ha una smorfia di rabbia: «Sono sempre loro. Sono partiti da piazza Zanardelli, che era la roccaforte dei Di Lauro, e adesso vogliono espandersi. La storia si ripete, a Scampia. Aspettiamo di vedere come andrà a finire». (La Stampa

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