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Contro-Video: Napoli. C'era una volta...



Segue articolo: "Io un nero, sindaco di Philadelphia"

Nella città di Mississippi Burning, dove la gente vive ancora con Bibbia e fucile e detesta Obama 

«Non lo dimenticherò mai: mio padre che dormiva sulla poltrona del soggiorno col fucile in braccio, per essere pronto a difenderci. Era solo un contadino, ma mia madre simpatizzava per il movimento dei diritti civili, e allora capitava spesso che quelli del Ku Klux Klan 2 assalissero le nostre case. Eppure adesso 0 sono qui, seduto sulla poltrona di sinda- 1 co di Philadelphia. È 2 incredibile, anche per me». James Young proprio non ce la fa a nascondere la commozione, ricordando suo padre. Lui aveva solo otto anni, quando il 21 giugno del 1964 un gruppo di membri del Klan rapirono James Chaney, Andrew Goodman e Michael Schwerner, tre attivisti dei diritti umani venuti a Philadelphia, nel Mississippi più razzista, per iscrivere i neri nelle liste elettorali. Chaney era nero e fu linciato; Goodman e Schwerner erano ebrei di New York e li uccisero a colpi di fucile. Il delitto barbaro che avrebbe ispirato il film «Mississippi Burning». Gli assassini erano guidati dal vicesceriffo della Neshoba County Cecil Ray Price e da Edgar Ray Killen, e per avere un po’ di giustizia i familiari hanno dovuto aspettare fino al 2005, quando l’ottantenne Killen è stato condannato a sessant’anni di prigione. Non per omicidio, ma per aver radunato gli assassini che lo avevano commesso. Le urne delle primarie ieri si sono aperte anche qui, a Philadelphia, un paesino di 7.477 anime alla disperata ricerca dell’oblio. Il centro geografico di quello che secondo la Gallup è lo stato più conservatore d’America: la Bibbia in una mano, e nell’altra il fucile. In Mississippi Obama non è odiato: dovrebbe semplicemente non esistere, perché il 46% degli abitanti vorrebbe vietare per legge i matrimoni interrazziali. Oltre il 50% si definisce molto conservatore, non crede all’evoluzionismo, ed è convinto che Barack sia musulmano. A questa ignoranza si aggiunge la povertà, col reddito medio fermo a 26.000 dollari all’anno, e così si capisce perché il milionario di Boston Romney non seduce. Per arrivare in paese si percorrono le colline della «Chaney, Goodman e Schwerner Memorial Highway», e un cartello indica la foresta dove furono massacrati. «Non vogliamo - dice Young - nascondere il passato. Quei tre ragazzi portarono la speranza, e quando li uccisero sentimmo che tutto ci sfuggiva ancora. Eravamo con le spalle al muro, ma ora bisogna guardare avanti». Il centro di Philadelphia è segnalato da uno di quei serbatoi per l’acqua che si vedevano solo nei film di James Dean, e metà delle casette in legno che lo circondano hanno il compensato alle finestre. «La crisi economica - ammette Young - ha colpito anche qui. Siamo sopravvissuti grazie all’agricoltura, l’industria del legname, e i soldi che vengono dal casinò degli indiani Choctaw, abitanti originari di queste terre». Young ha fatto la storia qui. Quando finalmente arrivò un po’ di giustizia, e gli annuari statistici del governo poterono scrivere che l’istruzione a Philadelphia era integrata, la desegregazione in realtà aveva un solo nome: quello di James, primo e unico studente nero della scuola pubblica locale. «I ragazzi bianchi mi insultavano, ma non ho mai subito violenze. Come puoi vedere - dice con un sorriso - sono una taglia piuttosto forte. Ero il più grosso anche a scuola, e questo è servito a risolvere molte cose, almeno sul piano fisico». Preso il diploma Young andò a pulire i pavimenti nell’ospedale di Philadelphia, finché un superiore illuminato gli offrì di fare il corso per infermiere: «Andai a lavorare al pronto soccorso, e là ho costruito la base che nel 2009 mi ha consentito di vincere le elezioni e diventare il primo sindaco nero della città». Punti di sutura, parti, e corse in ambulanza, che gli hanno guadagnato la simpatia di abbastanza bianchi per battere il suo avversario di 46 voti. «Una settimana dopo l’elezione vennero a trovarmi gli agenti dell’Fbi, per sapere se avevo ricevuto minacce. Una sola lettera, dal Kentucky, diceva così: dov’è il Ku Klux Klan, quando serve? Le altre erano tutte positive, perché la mia elezione ha dimostrato la volontà di voltare una pagina della storia». Riuscirci, poi, è un’altra faccenda: «I maestri dell’odio esistono sempre, e il Klan continua ad operare in maniera coperta. Io però non mi lascio intimidire, perché questo è l’obiettivo del razzismo: convincerti che vali di meno, ridurti a cittadino di terza categoria. Se domani qualcuno vuole eliminarmi, sa dove trovarmi: io però rifiuto di abbassare la testa e penso solo a fare il mio lavoro». A Meridian, 35 miglia da qui, vive ancora il fratello di James Chaney, che resta scettico: «Può darsi che qualcosa stia cambiando. La condanna di Killen è stata positiva, ma alcuni degli assassini sono ancora in circolazione. Per me, poi, cosa conta? La mia vita ormai se n’è andata così, tra violenze e soprusi, e nessuno potrà restituirmela». Young invece vuole scrivere un libro sulla sua esistenza, ma lo farà solo dopo aver visto se Obama verrà rieletto: «Adesso molti lo criticano, ma dimenticano che un uomo solo non può cambiare il mondo. Io faccio anche il pastore in una chiesa pentecostale, e il ruolo di Dio lo affido solo a Dio. Obama però ha cambiato le regole del gioco, e se sarà rieletto vorrà dire che la sua vittoria non è stata un caso». Ieri intanto, si è votato per le primarie: «Qui - dice Young - il più popolare è Santorum, un vero conservatore che crede in Dio. Romney è troppo liberal e Gingrich è antipatico». Lo conferma anche Larry Mills, capo del seggio aperto alla Trinity Baptist Church: «Se Romney prende qualche voto, è solo perché il governatore del Mississippi lo ha appoggiato. La gente non crede che uno di Boston possa essere conservatore. Quanto ad Obama, finora qui è venuto un solo elettore registrato con i democratici, e ha votato un candidato repubblicano. Nessuno lo dice apertamente, ma il razzismo resta un fatto». Vicino a Larry annuisce un’anziana scrutatrice di nome Sue, che mentre ascolta fila con i ferri una maglia coloratissima. Azzardo un complimento: sembra un arcobaleno, piacerebbe a mia figlia. Sue non perde un istante, e con la voce cortese del Sud risponde: «E’ tua, prendila. Regalala a tua figlia, e per favore non scrivere che qui siamo tutti cattivi». (La Stampa 14 Marzo 2012)

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