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Segue articolo: “Terminator” contro le Nazioni Unite
“Terminator” contro le Nazioni Unite l’ultima guerra che insanguina il Congo
Lo chiamanoTerminator e questo lo ha reso più famoso di tutti gli altri signori della guerra
dell’est della Repubblica democratica del Congo. Eppure il nome di battaglia fa torto al
trentanovenne Bosco Ntaganda, e non perché la fama della sua ferocia risulti immeritata. Bensì
perché, oltre ad essere un comandante spietato, egli si è dimostrato negli anni anche un
abilissimo manovratore, capace di sfruttare a suo vantaggio opportunità e rovesciamenti di
fronte nel caos congolese. Il che spiega come mai, mentre tanti suoi pari sono finiti uccisi, o agli
arresti, o sul banco degli imputati davanti alla Corte penale internazionale dell’Aja, Terminator
sia ancora vivo e vegeto, e ricchissimo, e prosperi nelle sofferenze del Congo orientale, protetto
ora dall’uno ora dall’altro dei grandi protagonisti, il presidente della RdC Joseph Kabila e quello
del Ruanda Paul Kagame, o addirittura da entrambi.
Di questa sua abilità si è avuta una riprova nelle ultime ore. Da marzo Terminator è tornato per
così dire sul piede di guerra lanciando una nuova ribellione armata, denominata M23, che è
consistita in un ammutinamento dalle forze regolari congolesi delle quali Ntaganda era entrato
da qualche anno a far parte. Questo ennesimo
ribaltamento di fronte, e il fatto che la settimana scorsa l’uomo dei cui crimini egli fu per lungo
tempo il più intimo associato, Thomas Lubanga, sia stato condannato a 14 anni dalla Corte
dell’Aia, ha attirato di nuovo l’attenzione internazionale su di lui e sulle sue malefatte. Il
procuratore dell’Aia ha spiccato venerdì un nuovo mandato di cattura — il terzo — per nuovi
capi d’accusa. E gli elicotteri della forza di pace dell’Onu in Congo
hanno attaccato le posizioni di M23 presso Rutsuhuru, nella provincia
del Nord Kivu.
Ebbene, i ribelli hanno risposto rilanciando: minacciano di attaccare il contingente Onu, «le sue
truppe, le infrastrutture e il personale ». Nientemeno che una guerra contro le Nazioni Unite. Lo
hanno fatto nel modo più formale, con una lettera indirizzata al Consiglio di Sicurezza, nella
quale accusano il contingente internazionale di essere diventato «una forza di parte». Questo di
Terminator può essere anche un bluff, ispirato dalla sensazione che il cerchio si stia lentamente
stringendo intorno a lui. Ma ai piani alti del Palazzo di Vetro si sa benissimo quanto grande sia
la debolezza della missione in Congo, pari soltanto alla sua forza numerica (è la più corposa al
mondo,
con circa 20mila soldati): ci manca solo che finisca sotto attacco.
Bosco Ntaganda — un nome di battesimo nel quale si sente la lontana, e vana, influenza dei
missionari salesiani — è un Tutsi ruandese, nato nel 1973 a Kinigi, a ridosso del confine con
l’odierna Repubblica democratica del Congo e con l’Uganda. Ancora bambino dovette scappare
in Congo (all’epoca Zaire) per sfuggire alle persecuzioni dei Tutsi. Nel 1990, diciassettenne, si
unì ai ribelli guidati da Paul Kagame che quattro anni dopo avrebbero vinto la guerra civile e
posto fine al genocidio dei Tutsi. Da allora Ntaganda non ha mai deposto le armi. È tornato
nell’est del Congo e ha combattuto sotto svariate bandiere, arricchendosi con i saccheggi
sistematici e accrescendo la sua fama di capo feroce e spietato. «È uno che uccide facilmente
», ha detto di lui un testimone al processo Lubanga. L’elenco dei suoi crimini è lunghissimo. Ma
la sua forza militare costrinse tre anni fa il presidente Kabila a scendere a patti, facendone un
suo generale. Malgrado il mandato di cattura internazionale, Kabila lo ha protetto temendo che
riprendesse le armi (cosa che è comunque accaduta in marzo) e ci sono prove che Ntaganda
ha continuato ad andare e venire impunemente dal Ruanda. Questo è Terminator:
l’incarnazione degli incubi che da vent’anni tormentano il Congo. (La Repubblica16 Luglio 2012)