Segue articolo: "Una Villa per la Sanità"
L'immobile
viene rogitato il 28 ottobre 2011 al prezzo di 3 milioni di euro, ma
per l'ex assessore regionale Massimo Buscemi valeva “9-10 milioni”. Uno
sconto che sarebbe giustificato dalla nomina, fortemente caldeggiata da
Pierangelo Daccò, di Alessandra Massei ai vertici della sanità pubblica
lombarda
Roberto Formigoni ripete: “Non ho ricevuto un euro da Daccò”. Eppure l’informativa della polizia giudiziaria che Il Fatto Quotidiano ha potuto leggere, elenca puntigliosamente “le utilità a favore del presidente di Regione Lombardia”: 3,7 milioni in yacht, 800 mila euro in vacanze ai Caraibi, 70 mila in spese al Meeting di Rimini, 500 mila in ristoranti da grand gourmet, almeno 600 mila in contributi elettorali.
E circa 4 milioni come generoso sconto per l’acquisto della villa ad
Arzachena, in Sardegna. Non un euro, dunque, ma almeno 9 milioni di euro
sono “le utilità” di cui ha beneficiato il presidente.
La villa
è il pezzo più pregiato del ventaglio di “benefit” elencati
nell’informativa ed è anche quello con la storia “politica” più
interessante. Perché, secondo gli investigatori, ha come “contraccambio”
immediato la nomina ai vertici della sanità pubblica lombarda di una
persona di assoluta fiducia del superfaccendiere Pierangelo Daccò: Alessandra Massei.
Una villa da favola: in cima alla collina del Pevero, non lontano da
Porto Cervo, sette stanze su tre livelli, patio, verande coperte,
terrazzo da cui si contempla Cala di Volpe. Potrebbe essere chiamata
“Villa Formigoni”. Formalmente ad acquistarla, nell’ottobre 2011, è Alberto Perego,
amico e convivente del presidente della Regione Lombardia. Ma gli
investigatori si convincono che sia di fatto di Formigoni, o almeno
“anche” di Formigoni: dopo le “vacanze di gruppo”, ecco una “villa di
gruppo”. Il Celeste, in effetti, il 13 maggio 2011 ci mette del suo: 1
milione di euro. Ma dice che si tratta di un prestito all’amico Perego,
che per motivi di salute aveva bisogno di una “casetta” al mare.
Non la pensa così Massimo Buscemi, genero di Daccò, che parla della villa con Formigoni come se il reale proprietario fosse il presidente.
Subito dopo essere stato cacciato dalla giunta (era assessore alla
cultura), il 10 febbraio 2012 si precipita minaccioso dal presidente per
pretendere in cambio una poltrona altrettanto remunerativa. Quand’è
nell’ufficio del capo, fa partire una telefonata dal suo cellulare,
perfido, facendo così intercettare tutto il colloquio. Che cosa evoca?
Proprio la villa in Sardegna. Dice (mentendo) che i magistrati hanno
chiamato la moglie, Erika Daccò: “Le chiederanno della casa… e come mai
così poco… Tre milioni? Contro 9/10 milioni di valore commerciale! No
guarda, siamo nella merda fino a qua, Roberto”. Commenta la polizia
giudiziaria: “È evidente che Formigoni né ha disconosciuto l’operazione,
né contestato le cifre espresse da Buscemi”, che “non si rivolge a
Perego, parte acquirente negli atti ufficiali, ma ne parla con
Formigoni”. Insomma: “Buscemi ha la cosciente consapevolezza di
interloquire con il reale beneficiario economico dell’operazione o
quantomeno uno dei beneficiari”.
L’operazione va in porto il 28 ottobre 2011: viene firmato il rogito. Per 3 milioni
di euro. Ok il prezzo è giusto? Per Buscemi valeva “9/10 milioni”.
L’immobiliare Brunati l’aveva messa in vendita – e prima delle
sostanziose ristrutturazioni – a 7 milioni. Sulla base delle
dichiarazioni di Piero Cipelli, uomo di fiducia di Daccò, la polizia
giudiziaria rileva che “il prezzo pagato da Formigoni e Perego altro non
è che la mera ‘copertura’ dei costi sostenuti dalla Limes” (società di
Daccò) per il terreno, la costruzione e le modifiche successive. E
Formigoni che c’entra? “L’interesse di Formigoni”, mette a verbale
Cipelli, “era legato al fatto che la villa l’avrebbe occupata insieme
con Perego, almeno così mi disse Perego… Intendo dire che ritengo che la
villa sia stata acquistata da entrambi, anche se formalmente solo da
Perego”.
Nel bel mezzo di questa operazione, entra in scena
Alessandra Massei (oggi indagata per riciclaggio). Ciellina, bocconiana,
in affari di Daccò (“È socia con me nelle operazioni immobiliari in
Argentina con la società Avenida”), è stata direttore generale del
Fatebenefratelli e direttore amministrativo della Fondazione Maugeri.
Daccò la catapulta ai vertici della sanità pubblica lombarda. È il 29
maggio 2011. Annotano gli investigatori: “Relativamente alla vicenda
connessa alla cessione della villa… dopo circa un mese dal preliminare
di vendita” la giunta lombarda nomina Massei dirigente regionale con
competenze cruciali nella sanità. “Appare quindi evidente che, nel
periodo di maggio-giugno 2011, il ‘controllo’ di Daccò sulla sanità
lombarda era in fase di espansione. Le indagini fin qui svolte”, si
legge nell’informativa, “hanno permesso di delineare la ‘figura chiave’
di Alessandra Massei nel contesto criminale che ruota attorno alla
figura del faccendiere. La Massei, infatti, è stato uno degli
‘strumenti’ attraverso cui Daccò avrebbe operato il ‘controllo’ su
alcune strutture sanitarie”. E il suo ruolo in Regione
“avrebbe consentito a Daccò di esercitare un potere di intervento
diretto e immediato sulle strategie politiche e di indirizzo
organizzativo-economico della sanità” in Lombardia.
da Il Fatto Quotidiano del 21 luglio 2012