Passa ai contenuti principali

Contro-Video: «La mafia non esiste»: parola "d'onore"




Segue articolo: "Nosheen non Voleva sentirsi un Schiava"

La rabbia delle amiche: «Diceva: mi sposo solo per amore» 

Gli occhi di Nosheen sono l’unica cosa che potevi vedere quando andava a scuola salendo le scale con la testa china nella sua veste lunga e il velo bianco sul volto, e sono l’unica cosa che hanno visto domenica pomeriggio quelli come Raif, che sono accorsi in questo straccio d’orto, guardandola stesa sulla terra dove suo padre Khan Butt Ahmad aveva seminato le patate, vicino alla tettoia di lamiera, con il braccio maciullato appena sollevato per chiedere aiuto e la testa coperta dal sangue che si spargeva. «Ma aveva gli occhi vivi», ha detto Raif, occhi di ragazza, neri, dolci e spauriti. E anche sua madre, Begam Shanhaz, riversa un poco più in là, «dove c’è la bombola del gas», sotto le viti dell’uva, accanto alle scale poggiate di sbieco contro il muro di mattoni a vista, anche lei era viva: sarebbe morta dopo, mentre la portavano in ospedale. Madre e figlia sono state massacrate inermi, ferocemente sprangate e lapidate dal padre e da Humair, il fratello più giovane di Nosheen, donne senza difesa e senza giustizia, senza nessuno che urlasse a questo raccapriccio neanche dopo, quando i vicini di casa, pachistani pure loro, accorsi alle grida e all’orrore di quella violenza, allontanavano i curiosi dicendo che «era una cosa che non li riguardava, che era una lite in famiglia», e neanche adesso, alla fine, perché non ci sono femministe, e non ci sono scandali, ma quasi rassegnazione, come quella del sindaco di Novi, Luisa Turci, che dice che «sì, qualche problema era stato evidenziato, ma certo nulla che potesse far presumere una cosa di questo genere». La mamma era andata dai carabinieri due mesi fa perché il marito picchiava. Poi non aveva fatto denuncia. Il suo era stato un matrimonio combinato, come molti nel suo Paese, in Pakistan, e lei continuava a ripeterlo a sua figlia: «Non devi fare come me. Tu ti devi sposare per amore». Nosheen non è Hina e non è Sanah, ma come loro è vittima di un mondo affacciato alle nostre porte, dove la donna è costretta in schiavitù. Nosheen non è una ribelle. E’ musulmana praticante e aiuta la mamma «a preparare le feste religiose», come spiega una delle amiche pachistane, Nochen Lyas, raccontando che era Begam Shanhaz «che aveva il compito di organizzarle. Faceva il giro a chiamare le altre donne, a raccoglierle tutte per la preghiera, e Nosheen l’accompagnava sempre». Una compagna di classe, Giulia, dice che «è una ragazza molto seria. Non avvicinava mai i ragazzi. Portava sempre il velo, anche quando veniva a scuola. Vestiva solo nel modo tradizionale pachistano». Non si confidava con nessuno, era molto chiusa e parlava soltanto con pochissime amiche, «ma una cosa la ripeteva a tutti», aggiunge Giulia, ed era «che lei si sarebbe sposata per amore». E’ stata massacrata per questo, per aver detto al padre che non voleva sposare il cugino che voleva lui, per aver difeso il solo ideale che unisce tutte le donne del mondo. L’unica sua amica italiana che riusciva a frequentare e che adesso la aspetta camminando nervosamente nei corridoi dell’ospedale di Modena - dove Nosheen lotta ancora contro la morte - confessa che «un amore ce l’aveva» ed era un ragazzo italiano. L’aveva conosciuto un giorno per caso e avevano girato un video, un piccolo filmato dove sorridevano appena. Ma Nosheen era troppo timida e ancora così ingenua perché quello non fosse altro che un piccolo, grande amore platonico. Il fatto è che aveva «enorme rispetto per la famiglia» e «terrore del padre», racconta l’amica. Una volta che le stava facendo vedere il filmato con le immagini del suo amore nascosto, «a un certo punto ha spento tutto e buttato via di corsa il video solo perché credeva che fosse arrivato suo papà». Khan Butt Ahmad, 53 anni, da dieci in Italia, operaio saldatore in una ditta di Soliera, è un uomo magro, alto, «con uno sguardo e dei modi persino miti», come ricorda Sergio Pagani, il preside dell’Istituto Vallauri di Carpi dove Nosheen aveva frequentato fino al terzo anno con ottimi risultati: «Lui voleva che lei restasse a casa e non venisse più a studiare. Allora l’ho chiamato e quando l’ho incontrato sono riuscito a convincerlo. M’era sembrato un bravuomo». Le ha fatto finire l’anno scolastico e poi però non l’ha più rimandata. Il problema non è essere buoni o cattivi, ma quello di un mondo che concepisce la donna come una schiava. Nosheen aveva sempre detto di sì al papà, perché così doveva fare. Il giorno che ha detto di no, che non voleva sposare il cugino imposto da lui, il giorno che l’ha urlato, lui ha cominciato a lapidarla, e quando la madre è intervenuta per difenderla l’ha massacrata a pietrate, mentre suo figlio prendeva a sprangate Nosheen, picchiandola in testa con violenza. Adesso Mohammed Arif e Raja e tutti i vicini di casa pachistani ripetono a tutti che «l’Islam non c’entra niente. E’ un brutto episodio, ma non metteteci di mezzo la religione. Non c’è scritto da nessuna parte che la figlia deve sposare chi vuole suo padre». Solo che Lashid, un ragazzino appoggiato al muro, dice che è brutto ma che è così. Se suo padre glielo imponesse, lui direbbe di «sì». Lo mormora a testa bassa, quasi sottovoce, come un amore che si nasconde e non si urla.(La Stampa 5 ottobre 2010)

Post popolari in questo blog

📰 Schermi Riflessi di Armando Lostaglio: NART Arte fra natura e periferie

Roma ha celebrato l’evento NART ossia Natura Arte Roma, ideato e curato dalla storica critica e curatrice d’arte Nicoletta Rossotti. E’ un primo risultato scaturito dall’impegno prodigato con importanti collaboratori, non escluso l’appoggio di cittadini ed istituzioni sensibili a problematiche di integrazione mediante l’arte.

📺 Campomaggiore Eventi 2023: Pro-Loco Campomaggiore, Festival dell'Organetto.

  Campomaggiore, 14 Luglio 2023. Seconda Edizione Festival dell'Organetto.

📺 Rionero Eventi 2024: IRCCS CROB Rionero. Inaugurazione ambulatorio di sessuologia integrata

  Rionero in Vulture, 21 Marzo 2024.  Inaugurato al Crob il nuovo ambulatorio di sessuologia integrata dedicato ai pazienti oncologici. Il nuovo servizio rientra in un progetto finanziato dalla direzione generale per la Salute e le Politiche della Persona della Regione Basilicata al fine di migliorare le condizioni sanitarie nei gruppi vulnerabili.