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La strage ignorata dei Mapuche in Cile

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La lunga giornata della piazza virtuale parte dalla bocciatura della Corte

Sulla Rete i primi fuochi si sono accesi all’ora di pranzo, non appena si è diffusa la notizia della bocciatura dei referendum, ma un’ora più tardi il no della Camera all’arresto di Nicola Cosentino ha fatto divampare un ben più vasto incendio. Proteste, rabbia, insulti. Certo, il mondo del web è sfaccettato e ogni giorno vi si agitano dentro umori e pareri contrapposti, ma in certi frangenti è come se saltassero tutte le paratie e l’ira finisce per concentrarsi su quelli che la massa indica come i “colpevoli”: per tutta la giornata di ieri il fuoco è stato indirizzato verso la Lega (presa di mira dai siti di sinistra, di centro e dagli stessi leghisti), sui Radicali e - un po’ meno ma non tanto - sui politici in generale. Le raffiche più micidiali sono da parte di (ex?) simpatizzanti. Sulla pagina Facebook di “Radio Padania Libera”, Lilli D’Agostino scrive: «Abbiamo votato Lega, ma dopo questa giornata chiediamo scusa all’Italia», mentre il comasco Davide Virga sintetizza così: «Salvare Cosentino è una vergogna, se dovesse succedere qualcosa io sto con Maroni». Idem su Radio Radicale: «Grazie radicali, spero di non rivedervi più in Parlamento nei prossimi cento anni». Ma l’ira spesso soffia verso un unico mucchio, colpisce tutto e tutto. Talora con furore, come nel messaggio di Lorenzo F. sul visitatissimo sito di Beppe Grillo: «La sorpresa sarà quando qualche matto farà saltare la testa del primo di questi farabutti e loro stessi si accorgeranno, dalla gente che festeggia per strada, che qualcosa è definitivamente saltato». Ma sullo stesso sito “arrabbiato” - ecco la sorpresa - Paola Bassi deposita un commento anodino («Certo non si può pretendere di cambiare l’Italia in due mesi») che accende i riflettori sul grande assente tra le proteste: Mario Monti. «E’ vero e questo dato è curiosissimo - nota Mario Adinolfi, uno dei più blogger più noti, reduce dai suoi quotidiani 90 minuti in diretta webcam, ieri con 5.485 contatti - è come se ci fosse una paralisi del sentimento negativo nei confronti di un personaggio che si vuole resti alieno, che non è avvertito come “uno di loro”». Certo, in poche ore dai palazzi del potere costituito sono partiti verso l’opinione pubblica due messaggi molto forti: un parlamentare (davanti alla richiesta di arresto da parte della magistratura) è più “uguale” di un cittadino qualunque; possono non bastare un milione e duecentomila firme raccolte in 25 giorni per ottenere la possibilità di giudicare con un sì o con un no la legge elettorale. Due messaggi letti in modo non uniforme nei social network e nei siti, ma che hanno finito per trasformarsi in un coro. In particolare contro i leghisti c’è una valanga di proteste, quasi ovunque. Curiosamente i commenti più saporiti sono depositati su “Radio Padania libera”, anche se come è scritto sul sito, non si tratta di un profilo ufficiale. Scrive Simone Nacci: «Tosti e duri con gli immigrati, collusi e baciamani con i camorristi». Altri “taroccano” alcuni dei più celebri slogan leghisti: «Camorra ladrona, la Lega oramai perdona». Piero Di Pierro dice di aver votato per il Carroccio, ma di «essere schifato» e dunque: «Scordatevi il mio voto». Diverso il rapporto degli utenti con “Radio Radicale”, da sempre apertissima al dissenso dei tanti critici. E dunque, è difficile distinguere tra nemici e delusi. «Vergogna», scrive un utente. E ancora: «E’ vero che adesso Cosentino vi permetterà di trasmettere stereo in Campania?», «siete disgustosi». I radicali rappresentano il bersaglio preferito sul sito dell’Unità, frequentato da un pubblico genericamente di sinistra. E qui fioccano gli insulti. Come fa Patty: «I radicali, cani che mordono la mano di chi li ha sfamati». Eppure, se leghisti e radicali sono i più “gettonati” nella fiera dell’esecrazione, non si scherza neppure con la “casta” nel suo complesso. Per Biagio, sempre sull’Unità, «il voto di oggi ha sancito in maniera definitiva che il Parlamento è un covo di mafiosi», mentre per Bruno Cinque (Grillo), «la chiamavano democrazia, ma questa è mignottocrazia, usurocrazia». E alla fine, girando tra un sito e l’altro, comincia a rincorrersi una proposta. Sostiene Carmelo Di Stefano: «Beppe, perché non organizzi una manifestazione di massa? Se riuscissi a portare tre milioni in piazza, allora sì che verrebbe abolito il Porcellum tutto di un colpo».

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