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Capannoni di sangue




Ad eccezione del giovane Eridano Siro, tutti i figli del Senatur gravitano intorno alla politica 

Anche nel petto di Roberto Libertà arde la sacra fiamma della politica, al contrario di quanto diceva il babbo Umberto: «A quello gli interessa solo l'agricoltura». Il fuoco giovanile è tale che il terzogenito del gran capo leghista lunedì è stato condannato dal giudice di pace di Gavirate per aver risolto la controversia con un collega comunista lanciandogli un gavettone alla candeggina. Non c'è da scandalizzarsi: il ragazzo ha soli 22 anni e quando decise di abbandonare la coltivazione diretta per il pubblico servizio - un posticino nello staff paterno - era così emozionato che ad allacciargli la verde cravatta ci pensò l'affettuoso capogruppo leghista al Senato, Federico Bricolo. La famiglia Bossi si sa com'è, irrequieta, imprevedibile. Lo stesso Umberto fu lasciato dalla prima moglie (Gigliola Guidani, di dodici anni più giovane, commessa di Gallarate conquistata da Umberto al suono del motore di una rossa coupè Alfa) perché la signora scoprì che il marito - quando alla mattina usciva con la borsa da medico, la baciava e le diceva «ciao amore, vado in ospedale» - in realtà andava al bar. Non aveva un lavoro perché non aveva una laurea. Davanti al dolore della madre, Umberto decise infine di guadagnarsi il titolo di dottore, e la mattina della discussione della tesi si portò appresso mamma Bossi, che però dovette attendere nel parcheggio e riportò a casa una testimonianza lacunosa. In ogni caso, Bossi è l'assicurazione vivente che per farsi strada nella vita non è necessario cingersi di alloro accademico. Comunque, da Gigliola ebbe il primo figlio, Riccardo, che oggi ha trentadue anni ed è un pezzo di ragazzo da restare impalati. Un giorno un avventato motociclista osò indovinare nel mestiere più antico del mondo la professione della moglie del giovanotto, che lo ripagò per bene: «Gli ho dato una compilation di schiaffoni». Anche Riccardo ha avuto il suo percorso ideologico culminato nell'assistenza a Francesco Speroni, eurodeputato nella stessa legislatura in cui Franco Bossi (fratello di Umberto) fu assunto come collaboratore da Matteo Salvini. Ma la strada di Riccardo era un'altra, da affrontare in terza-seconda-controsterzo. Umberto nei comizi parla di Riccardo come del pilota ufficiale della Audi Rally (ma era più convincente quando diceva di essere laureato), e la Padania ci fa paginate dal titolo valentinorossistico: «Week end a tutto gas per Riccardo Bossi». Non è un hobby da due lire e Riccardo, che lo sa, del padre dice tutto il bene possibile: «Piace alle donne perché ci ha due ball così». Ecco, questa del volante è una passione di famiglia. Renzo «Trota», soprannominato così da papà che non voleva sentir parlare di delfini, possiede una bellissima Bmw. Renzo Trota è il secondogenito di Umberto e primo figlio di Manuela Marrone, l’altra moglie di Bossi, andata in pensione a 39 anni e oggi titolare della scuola elementare Bosina che riceve un finanziamento statale di 800 mila euro l'anno. Il primario dell’Ospedale di Circolo (Varese), dove Umberto venne ricoverato la notte del malore, ricorda che la signora Marrone arrivò affranta e gli disse: «Dottore, io sono soprattutto una madre di famiglia». Come tutte le mamme, è preoccupata dal futuro dei bimbi e una sera, ai tavolini del bar Belvue di Laveno (Lago Maggiore), rimproverò pubblicamente il marito: «Non hai mai fatto niente per la famiglia». Sarà stato forse lì che il boss leghista ha deciso di darci dentro. Il Trota è diventato il più giovane consigliere regionale lombardo della storia, e nonostante abbia ereditato dai carabinieri e da Francesco Totti il ruolo di obiettivo principale dei barzellettieri. Interi siti Internet sono colmi di facezie attribuite al ragazzo, tipo «Il nome di Darwin è Ciao», ma anche di documenti verità, come il video nel quale il Trota - bocciato tre volte alla maturità scientifica perché pare i professori trovassero indigesta la tesina sul federalista Carlo Cattaneo - sosteneva che i canadesi vivono in Australia. Lui non se ne cura, ha un vita sociale intensa, si contende le fidanzate con Mario Balotelli, va a scorribande col Merolone (al secolo Valerio Merola), indossa magliette assertive con stampato un enorme paterno dito medio, e si accompagna con Monica Rizzi, assessore regionale con un fidanzato dalle notti, diciamo così, burrascose. Difficile stabilire dove finisce la verità e comincia la malizia, ma una cosa è sicura: c'è ancora un ultimo Bossi, Eridano Sirio, diciassette anni. Se ne parla benissimo. (La Stampa 4 Aprile 2012)

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