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"Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla"

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Falkland, adesso è il petrolio a dividere Inghilterra e Argentina

Il petrolio. A trent’anni meno cinque mesi dalla guerra tra Inghilterra e Argentina l’hanno trovato anche alle Falkland. Immediatamente Buenos Aires ha detto: «E’ nostro. Come le Malvinas». Perché le isole, gli argentini, le chiamano ancora così. Londra ha risposto: «Non scherzate, la sovranità non è in discussione». Tanto meno la titolarità dei pozzi. La diffidenza si è fatta nuovamente tensione. Tecnicamente le prime estrazioni cominceranno nel 2016. Ci penserà un gruppo che si chiama RockHopper, come i pinguini dell’arcipelago abitato da cinquemila persone. Tremila civili e duemila militari. Qualche decina di cileni, una manciata di argentini. Tutti gli altri sono orgogliosamente inglesi. Vento, mare gelato molto pescoso, ambiente naturale straordinario. Rocce e pochi alberi. Il mondo alla fine del mondo. Un posto al confine tra il nulla e la vita perfetta. Foche, albatros e balene. Panorami mozzafiato, calamari, pecore dalla lana bianchissima, strade sassose e una sofisticata rete wi-fi. Anche la sanità è telematica. Circa cinquantamila i turisti che arrivano con le navi da crociera ogni anno. Diecimila quelli che sbarcano dagli aerei. Turismo in crescita, +17%. Grandi investimenti sulle energie alternative. E, adesso, l’oro nero. Per questo la Kirchner ha rialzato la testa.

La RockHopper ha previsto un investimento da due miliardi di sterline. «Saremo in grado di produrre centoventimila barili al giorno». Una miniera. Illegale, secondo Buenos Aires. Il Brasile si è unito alla protesta. «Le Falkland sono un’invenzione». E’ un’alleanza tra donne. L’ultranazionalista Kristina Fernandez Kirchner, rieletta domenica alla guida del Paese con il 53,7% dei voti, e l’economista socialista di Belo Horizonte Dilma Rousseff, che dal primo gennaio del 2011 ha preso il posto di Luiz Inàcio Lula da Silva. Due combattenti. Apparentemente diversissime. Ma con una tesi comune. «Le Falkland sono la fioca reliquia di un passato coloniale. Nessuno può pensare di fare parte di una nazione a 14 mila miglia di distanza». Gli inglesi possono.

Anche il Regno Unito mette in campo una donna. Si chiama Sukey Cameron ed è il rappresentante del governo britannico per le Isole Falkland. Là è nata e là è cresciuta. A Port Stanley, la capitale. Il suo ufficio è nel cuore di Londra, di fianco a Scoltand Yard, a qualche decina di metri da Regent’s Park. Lei ha 46 anni e si muove con elegante lentezza, come se in testa le risuonasse un tango polveroso da giradischi. «Ovvio che la Kirchner abbia vinto le elezioni. Non c’era opposizione reale. E’ triste che a trent’anni dalla guerra invece di lavorare per stabilire relazioni amichevoli continuino a rivendicare una sovranità che non gli appartiene. Le Falkland non sono una colonia. Sono abitate da cittadini inglesi, che si sono insediati lì nel 1883. Londra è lontana? Anche Saint Martin dalla Francia. Ma che significa?».

L’ultima guerra cominciò il 19 marzo del 1982. Il dittatore Leopoldo Galtieri sfidò Margareth Thatcher. Il regime barcollava. Galtieri sperava di portare il popolo dalla sua parte sventolando la bandiera. Resistette meno di tre mesi. Contò 649 morti contro i 258 britannici. I prigionieri argentini furono oltre undicimila. Quando il sottomarino nucleare "Conqueror" affondò l’incrociatore "Generale Belgrano" fu chiaro che non c’era più storia. Jorge Luis Borges descrisse lo scontro come quello tra «due uomini calvi che lottano per un pettine». La Cameron allora aveva 17 anni e quei tre mesi le sembrarono una notte senza fine. Spessa. Densa. Dolorosa. Disperatamente sprovvista di rifugi e di uscite di sicurezza. Sperava di essersi messa il passato alle spalle. «L’isola è autosufficiente. Da un punto di vista economico e politico. Londra ci garantisce la sicurezza militare. Abbiamo tutto per fare crescere la nostra economia». La Kirchner non le piace. E’ come se più che un leader le sembrasse un’imperatrice da Carnevale. «Con lei non abbiamo rapporti. Sfortunatamente. Ma il suo popolo mi piace. D’altra parte c’è anche un detto che definisce la relazione tra noi e loro: gli argentini sono italiani che parlano spagnolo e sognano di diventare inglesi». Forse. Ma adesso è arrivato il petrolio. Le pietre diventeranno oro. «La Kirchner si comporterebbe allo stesso modo anche se qui ci fossero solo pecore, ma questo non è più il tempo degli scontri». E lo dice con la stessa inquietudine che agita i pinguini prima dell’arrivo del vento gelido dell’Oceano. ( La Stampa 26 ottobre 2011)

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