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Green Hill, la liberazione




Bossi e la caduta del clan-famiglia Oltre al caso Tanzania i pm indagano anche sul trasferimento di fondi in Norvegia 

Migliaia di files, computer, tablet, portatili. Sequestrati, clonati, trasferiti negli uffici della Dia di Reggio Calabria, del Noe dei carabinieri di Napoli, delle Fiamme Gialle di Milano. Ancora qualche giorno, e gli inquirenti dovrebbero cominciare a svelare i misteri della Lega, la sua contabilità parallela, i meccanismi del riciclaggio, dai grandi committenti ai professionisti del lavaggio dei soldi. E i magistrati potrebbero arrivare alla conclusione che le operazioni «pesanti» di Belsito non sono state soltanto quelle del riciclaggio in Tanzania via Cipro (1.200.000 euro e poi altri 4.500.000). Ma anche altre operazioni sporche potrebbero essere state fatte dai professionisti utilizzati da Lega e ‘ndrangheta. Stefano Bonet, l’uomo d’affari veneto, oltre alla Tanzania, via Cipro, ha fatto operazioni di investimento con il cassiere della Lega, con Francesco Belsito, anche in Norvegia. E dietro queste operazioni potrebbe esserci un giro di tangenti. A svelarlo è stato l’ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica, Lorenzo Borgogni. Tra le società con cui Stefano Bonet fa affari, c’è la Siram di Pozzuoli. Con una società del gruppo Siram, la Simav, Borgogni «con il meccanismo della sovraffaturazione o della creazione di fatture false, ha sottoscritto un accordo quadro, al fine di stipulare un contratto, a copertura di una tangente da 1.250.000 euro che poi il Borgogni ha scudato dalla Svizzera all’Italia». Ma nel computer dell’ex tesoriere del Carroccio potrebbero essere conservati i segreti della cassa parallela del Carroccio, quella destinata, per esempio, alle spese della «family» allargata di Umberto Bossi. E potrebbe essere nascosto anche il file della registrazione del colloquio tra l’ex cassiere Francesco Belsito e Umberto Bossi. Ne parla la segretaria Nadia Dagrada nel suo interrogatorio: Belsito voleva "ricordare" al Senatùr le spese di famiglia sostenute dalla Lega. Bisogna, dunque, aspettare il lavoro dei tecnici informatici, per capire se nei computer sequestrati è stato trovato il tesoro, informazioni utili alle indagini. Il lavoro non si è fermato. La prossima settimana, il procuratore antimafia nazionale Piero Grasso potrebbe convocare la riunione di coordinamento tra le tre procure per dividere tra le tre procure i filoni di indagine. Di certo, Milano è interessata al materiale sulla Lega riversato da Napoli e Reggio. Appropriazione indebita e truffa, le ipotesi di reato contestate dai milanesi a Francesco Belsito, Stefano Bonet e Paolo Scala. Un passo indietro nel tempo. Reggio Calabria, Napoli e Milano. Tre inchieste diverse che incrociano i destini di alcuni personaggi comuni. L’onore alle armi, non foss’altro che per l’anzianità della inchiesta, spetta a Reggio Calabria. Che indaga dal 2009 su alcuni prestanome delle cosche De Stefano e Tegano. Questi prestanome hanno portato il pm antimafia Giuseppe Lombardo a individuare alcuni professionisti reggini a loro volta in contatto con lo studio milanese di Lino Guaglianone (un passato di militanza nella destra radicale). E da qui al procacciatore d’affari socio di Guaglianone, Bruno Mafrici. Nel 2011, Reggio Calabria intercetta i «milanesi», i Francesco Belsito, Stefano Bonet, Romolo Girardelli. E quel materiale, unico, Reggio lo riversa a Napoli e Milano. Per la capitale della ‘ndrangheta, le cosche De Stefano e Tegano hanno investito fiumi di denaro a Milano, utilizzando dei professionisti che lavorano anche per la Lega. Ma Milano, a sua volta, stava indagando su un’associazione a delinquere che si occupava di riciclaggio. Ed era spuntato in una intercettazione, Francesco Belsito il tesoriere, che voleva l’aiuto di una società fiduciaria di Lugano per «predisporre strutture societarie attraverso le quali giustificare il trasferimento all’estero di denaro detenuto in Italia». (La Stampa 10 Aprile 2012)

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